Perché Nello Musumeci e Gaetano Armao debbono andare a casa /MATTINALE 453

29 settembre 2021
  • In questo MATTINALE proveremo a illustrare la genesi del ‘disavanzo fisso’ della Regione siciliana e il perché il presidente Nello Musumeci e l’assessore Gaetano Armao, sulla questione finanziaria, hanno fallito su tutta la linea  
  • Alla fine il problema del Consuntivo 2019 – benché contabilmente rilevante – si può ovviare. Le questioni da affrontare e risolvere sono altre
  • I danni enormi prodotti al Bilancio regionale siciliano dal Governo Renzi e dal Governo Crocetta
  • Il ‘capolavoro’ del renziano toscano Alessandro Baccei che, con un colpo di ‘bacchetta magica’, ha fatto sparire dal Bilancio regionale poco meno di 6 miliardi di euro di crediti che, in buona parte, la Regione vantava nei riguardi dello Stato
  • Nel 2016 si completa il disastro per la Regione siciliana con la riscrittura delle norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto siciliano. Operazione targata PD e avallata da tutte le altre forze politiche
  • In questi quattro anni di Governo Musumeci e Armao, a furia di mediare con Roma, hanno prodotto un ‘disavanzo fisso’ di quasi un miliardo di euro all’anno. Ce n’è abbastanza per mandarli a casa

In questo MATTINALE proveremo a illustrare la genesi del ‘disavanzo fisso’ della Regione siciliana e il perché il presidente Nello Musumeci e l’assessore Gaetano Armao, sulla questione finanziaria, hanno fallito su tutta la linea  

Nello Musumeci, presidente della Regione siciliana, è nato nel 1955. E’ stato presidente della Provincia di Catania (trovò una barca di soldi non spesi dai suoi predecessori e fu la sua fortuna politica), eurodeputato e tre volte candidato alla guida della Sicilia. L’ultima volta – Novembre 2017 – è stato eletto. E’ a capo della Giunta regionale da poco meno di quattro anni e sta letteralmente impazzendo all’idea che lo schieramento del quale fa parte – il centrodestra – non ne vuole sapere di rieleggerlo. I quattro anni da presidente della Regione non sono stati facili. Ha trovato un disastro finanziario provocato dal suo predecessore. Il problema – che ora gli si sta ritorcendo contro – è che lui e le persone che si è scelto (o che gli hanno imposto) per affrontare la questione finanziaria non hanno fatto altro che aggravare la situazione. Ieri sera abbiamo pubblicato un articolo del professore Massimo Costa, che nella vita insegna Economia e Ragioneria all’Università. E’ un addetto ai lavori. Difficile che si sbagli. Non è la prima volta che il professore Costa interviene su I Nuovi Vespri per illustrare i disastri finanziari della Regione. Nell’articolo che abbiamo allegato troviamo altri suoi articoli.

Alla fine il problema del Consuntivo 2019 – benché contabilmente rilevante – si può ovviare. Le questioni da affrontare e risolvere sono altre

In queste ore si enfatizza molto sul Consuntivo del 2019 della Regione ‘parificato’ (cioè approvato) dalla Corte dei Conti e contestato da un altro giudice della Corte dei Conti. Questo è un problema fino a un certo punto. Se il Parlamento siciliano, entro l’8 Ottobre, approverà il Rendiconto, il problema del Consuntivo 2019 verrà temporaneamente ‘sterilizzato’ e rinviato a data da destinarsi. E’ una prerogativa che la Regione può utilizzare. Avrebbe potuto farlo ieri sera. Ma, in queste ore, a Sala d’Ercole, c’è molto nervosismo. Il perché l’abbiamo già detto: Musumeci, a 66 anni, si vorrebbe fare un altro ‘giro’ da presidente della Regione. Gianfranco Miccichè, attuale presidente del Parlamento siciliano, ha un anno in più di Musumeci; anche lui si vorrebbe fare un altro ‘giro’ da presidente dell’Assemblea regionale siciliana. Di dare spazio ai trentenni e ai quarantenni non se ne deve nemmeno parlare. Insomma, una pesante ‘gerontocrazia’ pesa sul futuro della Sicilia e non c’è verso di sbarazzarsene. Speriamo se ne occupino gli elettori siciliani.

I danni enormi prodotti al Bilancio regionale siciliano dal Governo Renzi e dal Governo Crocetta

Proviamo adesso a sintetizzare i danni che questi signori – con l’aggiunta dell’ex presidente della Regione siciliana, Rosario Crocetta, e del PD siciliano – hanno provocato ai conti della Regione facendo pagare il conto ai siciliani tra Comuni ed ex Province lasciate senza risorse finanziarie, boschi abbandonati agli incendi, strade provinciali che cadono a pezzi, tagli ai servizi sociali (insopportabile che gli studenti disabili vangano lasciati senza servizio di trasporto a scuola) e via continuando con altri tagli . Per illustrare lo scenario finanziari regionale – che è complesso – proveremo a utilizzare un linguaggio semplice, anche se alcuni passaggi non sono affatto semplici. Si comincia nella Primavera del 2014. Chi scrive, allora, era in rete con Link Sicilia. La Corte Costituzionale – che dà quasi sempre torto alla Sicilia – in una sentenza su questioni finanziarie dà inaspettatamente ragione alla Sicilia. Inaspettatamente per lo Stato. Pensate un po’: in base a questa sentenza lo Stato avrebbe dovuto riconoscere alla Regione siciliana circa 5 miliardi di euro! Le burocrazie dei Ministeri economici – figlie di Luigi Einaudi, un piemontese che detestava i meridionali – cominciano ad agitarsi. Nel frattempo a Palazzo Chigi è arrivato Matteo Renzi. Ci penserà Renzi a ‘sistemare’ le cose. Il capo del Governo – che allora è anche segretario nazionale del PD – chiama il presidente della Regione siciliana Crocetta e gli fa firmare il primo ‘Patto scellerato’. La Sicilia rinuncia per i primi quattro anni agli effetti positivi (cioè ai soldi!) della sentenza della Corte Costituzionale. E’ una follia totale! Lo stesso presidente Crocetta, esponente del PD come Renzi, capisce di averla fatta grossa e torna a Roma per metterci una pezza. Ma ormai è troppo tardi. Il tutto avallato dai ‘compagni’ del PD siciliano, che nella Primavera del 2014 sono ‘allineati & coperti’ con Renzi (anzi, tranne qualche rara eccezione, fanno a gara per mostrarsi renziani). Tacciono anche gli esponenti del centrodestra siciliano.

Il ‘capolavoro’ del renziano toscano Alessandro Baccei che, con un colpo di ‘bacchetta magica’, ha fatto sparire dal Bilancio regionale poco meno di 6 miliardi di euro di crediti che, in buona parte, la Regione vantava nei riguardi dello Stato

Nel 2015 Renzi ha spedito in Sicilia il toscano come lui Alessandro Baccei che il presidente Crocetta nomina assessore all’Economia. Il più importante assessorato della Regione siciliana finisce nelle mani del toscano mandato da Renzi. E la politica siciliana? A parte qualche grillino (Sergio Tancredi, tra le poche voci fuori dal coro), tace. E stanno zitti i ‘compagni’ del PD siciliano, sempre renziani ‘allneati & coperti’. In quell’anno Baccei compie il ‘capolavoro’. Nel Bilancio della Regione ci sono circa 10 miliardi di crediti ‘addormentati’, soldi che la Regione siciliana non ha mai richiesto. Con la scusa che bisogna applicare la riforma della contabilità pubblica (Decreto legislativo n. 118 del 2011), l’assessore Baccei avvia il controllo di questi crediti che, in maggioranza, sono crediti dello Stato verso la Regione. Con un colpo di ‘bacchetta magica’ questi crediti vantati dalla Regione vengono definiti ‘inesigibili’ e vengono azzerati! In un solo colpo la Regione perde circa 6 miliardi di crediti! (addirittura, all’inizio, erano stati cancellati 10 miliardi di crediti). E’ a questo punto che si crea il disavanzo che, da ‘competenza’, diventa ‘di cassa’. Eh già, perché la riforma della contabilità pubblica ha di fatto eliminato il giochetto tra ‘competenza’ e ‘cassa’ che veniva utilizzato da tante amministrazioni pubbliche per coprire i ‘buchi’. Su questo punto il professore Costa è chiarissimo: la Regione era creditrice di una barca di soldi dallo Stato; non solo i crediti vengono azzerati, ma lo Stato vuole, pretende che il disavanzo che si è creato – cioè che lo Stato ha creato nei conti della Regione – venga ripianato. Quindi la Regione siciliana prende due fregature: ha avuto scippati poco meno di 6 miliardi di crediti e deve ripianare il disavanzo he si è creato pari a circa 2 miliardi di euro. E come viene ripianato tale disavanzo? Con un piano decennale di rientro: 500 milioni all’anno tolti dal Bilancio della Regione per dieci anni! A questo si aggiunge il contributo di solidarietà: un altro miliardo e 300 milioni di euro all’anno tolti dal Bilancio della regione per ripianare i conti dello Stato (in pratica, per pagare le ‘rate’ che lo Stato paga ogni anno per gli interessi sul debito pubblico).

Nel 2016 si completa il disastro per la Regione siciliana con la riscrittura delle norme di attuazione dell’articolo 36 dello Statuto siciliano. Operazione targata PD e avallata da tutte le altre forze politiche

Fine della storia? Ma quando mai! Ricordate la sentenza del 2014 che dà ragione alla Sicilia? Bene, c’è da sistemare la questione dell’articolo 36 dello Statuto. In base a questo articolo la Regione siciliana dovrebbe trattenere il 100% di IRPEF e IVA. Ma questo non è mai successo. Lo Stato, abusivamente, dai primi anni ’60 del secolo passato si tiene una quota delle imposte che spettano alla Regione siciliana. E’, lo ricordiamo, uno scippo abusivo. Cosa si inventano nella Primavera del 2016? Non potendo stravolgere lo Statuto – che in quanto ‘costituzionalizzato’ è protetto dall’articolo 138 della Costituzione – il Governo Renzi e il Governo Crocetta decidono di riscrivere le norme di attuazione dell’articolo 36 (in realtà, o decidono le burocrazie ministeriali che non hanno mai tollerato l’Autonomia siciliana). Lo possono fare? Se hanno la maggioranza a Roma e nel Parlamento siciliano, sì. E in quel momento a Roma governa Renzi con il centrosinistra e in Sicilia governa Crocetta con il centrosinistra. In pratica, è il PD che decide di ‘punire’ la Sicilia, alla quale – questa volta a norma di legge, perché modificano le norme di attuazione – vengono tolte una parte consistente dell’IRPEF e una parte consistente dell’IVA. Quanto avvenuto nel 2016 è un fatto politicamente gravissimo. Se si mettono insieme il taglio truffaldino dei crediti vantati dalla Regione siciliana verso lo Stato e lo scippo di IRPEF e IVA dal Bilancio regionale siciliano, la Regione siciliana, ogni anno, si troverà matematicamente in disavanzo. E così è.

Novembre 2017: arrivano il Gatto (Musumeci) e la Volpe (Armao)

E’ a questo che, nel Novembre del 2012, arrivano alla Regione i due ‘geni’ della politica siciliana: Musumeci presidente della Regione e Armao assessore all’Economia. In intuendo che questi due avrebbero prodotto altri danni cominciamo a invitare, nel nostro piccolo, l’attuale Governo non non avallare l’operato del precedente Governo. Il problema è che, tra il Dicembre 2017 e il gennaio del 2018, il centrodestra è convinto di vincere le elezioni politiche che si svolgeranno nel Marzo del 2018. Con molta probabilità, Musumeci – anche lui convinto che vincerà il centrodestra – non solo non contesta gli accordi finanziari del Governo Crocetta, ma accetta anche il taglio dell’IVA di circa 800 milioni di euro dal Bilancio regionale. Con molta probabilità, sono stati convinti dal terzo ‘genio’ della situazione – Berlusconi – che gli avrà detto: “Tranquilli, appena arriviamo a Palazzo Chigi sistemiamo tutto noi”. Invece centrodestra e centrosinistra perdono le elezioni e arriva il Governo tra grillini e leghisti. E la Regione siciliana – questo il ‘succo’ – sotto il profilo finanziario, si ritrova con il ‘culo a terra’. In tutto questo lo stesso Governo siciliano trova anche il tempo e la voglia di polemizzare sulla Corte dei Conti. Per due anni il Governo Musumeci cerca di mettere ‘pezze’ qua e là fino a quando è costretto – come abbiamo ricordato – ad accettare la presenza del ‘buco’ di 2 miliardi di euro e a ripianarlo con il citato pagamento decennale.

In questi quattro anni di Governo, Musumeci e Armao, a furia di mediare con Roma, hanno prodotto un ‘disavanzo fisso’ di quasi un miliardo di euro all’anno. Ce n’è abbastanza per mandarli a casa

Siamo arrivati ai nostri giorni. Nel consuntivo 2019 – che un giudice della Corte dei Conti contesta, contro il parere dei suoi colleghi – qualche cosa ‘nascosta’ c’è. Il vero problema, però, è che sul 2022 mancano 900 milioni di euro. Non abbiamo capito come il Governo è riuscito a trovare circa 200 milioni di euro (in realtà non è difficile: tagli). E 500 milioni dovrebbero arrivare saltando, nel 2022, la rata del pagamento decennale dei 2 miliardi di ‘buco’ ereditato dal passato. Rimarrebbero 200 milioni di euro che dovrebbero ‘scomparire’ in ‘stile Consuntivo 2019’… Si può amministrare così e poi prendersela con i giudici contabili? Quello che Musumeci e Armao fanno finta di non capire è che la Regione siciliana non può andare avanti attuppannu pirtusi, perché – è noto – ‘a scuagghiata ‘ra nivi i pirtusi ricompaiono. Lo Stato non può continuare a tenersi quote di IRPEF e IVA che spettano alla Regione. E’ assurdo che ciò avvenga. La responsabilità politica di questo scippo ignobile alle finanze regionali è del PD, che nel 2016 ha ‘pilotato’ lo stravolgimento delle norme di attuazione dell’articolo 36. Ma questo non è facile spiegarlo agli elettori siciliani – per fortuna pochi – che continuano a votare PD. Ma Musumeci e Armao non sono migliori del PD siciliano: invece di contestare la Corte dei Conti, che non fa politica ma applica leggi di contabilità pubblica, il presidente della Regione e l’assessore all’Economia avrebbero dovuto ‘armare un bordello totale’ a Roma, a partire dal Dicembre del 2017, contestando le scelte politiche della precedente legislatura. Invece i due si sono messi a mediare, ma tutte le loro mediazioni sono state al ribasso e hanno ridotto la Regione siciliana con un ‘disavanzo fisso’ di poco meno di un miliardo di euro all’anno. E’ questo il vero motivo per il quale Musumeci, Armao e tutto il seguito se ne devono andare a casa di corsa. Alla Sicilia, a partire dalla prossima legislatura, servono un Governo e una nuova Assemblea regionale siciliana di battaglia. Ci vorrebbe un Governo veramente autonomista, sicilianista e, perché no?, indipendentista. Altro che ricandidatura di Musumeci. Ma per favore!

 

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