Elezioni siciliane del 2022/ Musumeci e Miccichè finiranno in un possibile listone per Draghi targato centrosinistra?/ MATTINALE 471

24 agosto 2021
  • Con molta probabilità, alle elezioni regionali siciliane del prossimo anno il centrosinistra darà vita a un listone per Draghi dove potrebbero confluire anche l’attuale presidente della Regione e l’attuale presidente del Parlamento siciliano
  • L’attendismo della Lega di Salvini e la scelta anti-Draghi obbligata di Giuseppe Conte
  • Gli errori del Governo Musumeci su Bilancio e gestione finanziaria
  • Il ‘siluramento’ dell’ex assessore Alberto Pierobon da parte del Governo Musumeci è stato un errore gravissimo
  • La probabile spaccatura dei grillini e la spaccatura in tre parti del mondo ex democristiano
  • L’incognita dell’elezione del nuovo capo dello Stato

Con molta probabilità, alle elezioni regionali siciliane del prossimo anno il centrosinistra darà vita a un listone Per Draghi dove potrebbero confluire anche l’attuale presidente della Regione e l’attuale presidente del Parlamento siciliano

Quando nei giorni scorsi abbiamo dedicato il Mattinale al possibile passaggio del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci, e del presidente dell’Assemblea regionale siciliana, Gianfranco Miccichè, dal centrodestra al centrosinistra siamo stati presi per matti. Per noi non è un problema. Quando, nel Luglio del 2019, abbiamo scritto che il Movimento 5 Stelle di Giuseppe Conte e di Luigi Di Maio avrebbero fatto la fine del Nuovo centrodestra dell’ex Ministro Angelino Alfano (partito politico che allora era già scomparso) in tanti, soprattutto in ambito grillino, hanno detto che avevamo le traveggole: i fatti, però, ci stanno dando ragione, se è vero che i grillini sono in grandissimo affanno. Oggi torniamo sull’argomento Musumeci-Miccichè, provando a illustrare che questi due personaggi non fanno più parte del centrodestra e, seguendo Mario Draghi, il banchiere disinvolto promosso ‘statista’ sul campo, sono già parte integrante del centrosinistra, di fatto sulla stessa posizione politica del PD che, lo ricordiamo, è, in Italia, la forza politica di riferimento dell’Unione europea dell’euro. Che, non a caso, ha voluto l’europeista Enrico Letta alla segretaria di questo partito.

L’attendismo della Lega di Salvini e la scelta anti-Draghi obbligata di Giuseppe Conte

Partiamo dallo scenario politico nazionale. Il Governo Draghi è un’imposizione dell’Unione europea. Draghi presidente del Consiglio è la garanzia per la Ue e per l’Italia, trattandosi di un personaggio che si è distinto nelle grandi opere ‘europeiste’, dalla gestione della crisi greca alla presidenza della Banca Centrale Europea (BCE), la Banca privata che controlla le politiche creditizie degli Stati della Ue. Il Governo Draghi è sorretto da una pluralità di forze politiche. Ma è chiaro che né la Lega di Salvini, né il Movimento 5 Stelle nuova gestione Giuseppe Conte sono in sintonia con il capo del Governo. La Lega di Salvini rimane dentro il Governo perché deve provare a condizionare fin dove può l’esecutivo (in verità con scarso successo); i grillini versione Conte si trovano in una posizione difficilissima: la sopravvivenza di questo Movimento, infatti, dipende dal recupero del ‘movimentismo’: più Conte resterà ancorato al Governo Draghi, meno voti riuscirà a conservare. In parole più semplici, se Conte vuole rilanciare il Movimento deve a tutti i costi – e costi quel che costi – dissociarsi dal Governo Draghi; restando nel Governo il suo tentativo di rilancio del Movimento è destinato al fallimento.

Gli errori del Governo Musumeci su Bilancio e gestione finanziaria

In questo scenario si inseriscono Musumeci e Miccichè. Il primo – il presidente della Regione siciliana – non è gradito all’asse politico che ormai in Sicilia è maggioritario: l’alleanza tra la Lega e gli Autonomisti di Roberto Di Mauro oggi in ascesa. Attenzione: non sono i leghisti e gli autonomisti ad essere irresistibili:  è il Governo Musumeci che – soprattutto nell’ultimo anno – è fallimentare su tutta la linea. Come scriviamo spesso, Musumeci, alla fine, di buono ha fatto solo una cosa: ha fatto in modo di far restare in Sicilia i fondi europei e nazionali per la tutela dell’ambiente. Tolto questo obiettivo, la sua gestione della Regione è stata inadeguata. L’assessore all’Economia e vice presidente della Regione, Gaetano Armao, ha sbagliato nella gestione del Bilancio, se è vero che è riuscito in un’impresa in cui mai nessuno era riuscito: ovvero a far irrigidire la Corte dei Conti. Quando si sbagliano le politiche finanziarie e di Bilancio recuperare è difficile. Così, per il 2022, la Regione siciliana si ritrova con un ‘buco’ di quasi un miliardo di euro, di fatto al traino del Governo Draghi, dal quale dipende la sopravvivenza del Governo Musumeci. Questo a prescindere dai rilievi della Corte dei Conti su altre questioni. Un fallimento politico totale.

Il ‘siluramento’ dell’ex assessore Alberto Pierobon da parte del Governo Musumeci è stato un errore gravissimo

Non c’è bisogno di ricordare cos’ha combinato il Governo Musumeci con la gestione dei boschi: parlano gli incendi che hanno incenerito il verde di mezza Sicilia. Incendi significa anche gestione dell’ambiente: e anche in questo caso il fallimento è stato totale: basti pensare all’immondizia non raccolta che giace nelle strade delle città siciliane. O ai depuratori che non funzionano. O all’assalto dei ‘Signori dell’energia fotovoltaica’ ai terreni agricoli della Sicilia. Certo, la responsabilità della gestione dei rifiuti urbani è in capo ai Comuni, ma il Governo regionale di Musumeci, ‘silurando’ l’ex assessore Alberto Pierobon, ha di fatto aperto le porte ai soliti scenari: i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Non parliamo dell’agricoltura, dove i due assessori che si sono succeduti in quattro anni non hanno affrontato nemmeno uno dei problemi strutturali di questo settore. Per carità, il caldo e gli incendi di quest’anno sono stati terribili: ma se al caldo non si può ovviare, sugli incendi si poteva fare di più e meglio, mentre il Governo Musumeci, penalizzando gli operai della Forestale, si è solo dato la zappa sui piedi. Disastrosa, poi, la gestione dell’acqua in agricoltura, con la questione dei Consorzi di Bonifica sempre irrisolta. Insomma, anche in agricoltura fallimento totale. Non parliamo dei trasporti marittimi tra la Sicilia e i propri arcipelaghi detti impropriamente Isole Minori: altro disastro totale. L’elenco continua con la gestione degli enti locali, con le attività produttive, con i lavori pubblici (nessuna novità sulle disastrose strade attuali, solo gradi appalti futuri). C’è un po’ di movimento nella gestione dei beni culturali: ma sono fuochi fatui, niente di strutturale. Ci fermiamo qui per carità di patria.

La probabile spaccatura dei grillini e la spaccatura in tre parti del mondo ex democristiano

Tutta l’esperienza del Governo Musumeci è costellata di errori. Compresa la sanità, dove il Governo Musumeci è ormai adagiato, se non ‘schiacciato’, sul Governo Draghi. Nemmeno un dubbio sulle vaccinazioni anti-Covid, nemmeno un dubbio sul green pass, provvedimento scientificamente inconsistente. Di fatto, sul Covid la linea del Governo Musumeci è la stessa del Governo Draghi e del PD. Da qui una domanda semplicissima: per quale motivo il centrodestra siciliano dovrebbe ricandidare Musumeci alla guida della Sicilia? Sarebbe un clamoroso autogol! Logico che il resto del centrodestra si sia dissociato da un Governo siciliano fallimentare. E poiché Musumeci è pur sempre il presidente della Regione che ha comunque nelle mani Governo e sottogoverno della nostra Isola, va da sé che vorrà ricandidarsi: ma non sarebbe il candidato di tutto il centrodestra siciliano. E allora? E allora non c’è da aspettarsi un semplice passaggio di Musumeci nel centrosinistra, ma un’operazione politica trasformista dove Musumeci potrebbe collocarsi: per esempio, una sorta di listone siciliano per Draghi dove entrerebbe una parte dei partiti che oggi sostengono l’attuale Governo nazionale. E lì troverebbe posto anche Gianfranco Miccichè, altro personaggio che nel centrodestra siciliano non ha ormai molto spazio. Il listone siciliano per Draghi non sarebbe un’operazione indolore. I grillini, ad esempio, si spaccherebbero. Mentre il mondo ex democristiano – che in Sicilia è ancora presente – potrebbe addirittura dividersi in tre parti: c’è chi andrebbe nel listone per Draghi (pensiamo agli assessori ex democristiani della Giunta Musumeci), c’è chi andrebbe nel centrodestra e ci sarebbero anche – soprattutto tra gli lettori – coloro i quali proverebbero a sostenere il ritorno della Dc di Totò Cuffaro.

L’incognita dell’elezione del nuovo capo dello Stato

Lo scenario che abbiamo provato a descrivere presuppone che Mario Draghi resti a capo del Governo. Ciò significherebbe che, a Gennaio, bisognerebbe trovare un nuovo presidente della Repubblica interlocutorio, perché la Ue, che ormai da tempo controlla l’Italia, vuole Draghi al Quirinale. Però, su questo passaggio, noi siamo un po’ più cauti, perché non è detto che la Ue riesca anche a controllare anche il voto del Parlamento. Sull’elezione del nuovo capo dello Stato si può escludere qualche sorpresa, anche grossa.

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