Il bombardamento di Messina del 1848: sicuri che il responsabile sia stato Ferdinando II di Borbone?

23 agosto 2021
  • Ogni tanto è opportuno leggere le testimonianze che contraddico certe ‘verità storiche’ affermate, specie se queste ultime sono di parte
  • Giuseppe La Farina, il siciliano di Messina che aveva abbracciato la causa di Cavour: la sua verità sul bombardamento di Messina ribalta la versione ufficiale

Ogni tanto è opportuno leggere le testimonianze che contraddico certe ‘verità storiche’ affermate, specie se queste ultime sono di parte

“Continuando l’excursus di testimonianze relative al periodo post unitario che difficilmente possono essere soggette a ‘interpretazioni’ o ‘valutazioni’ diverse da ciò che effettivamente sono e denunciano, ecco altre testimonianze circa il cosiddetto ‘Bombardamento di Messina’ del 1848, vigliaccamente attribuito a Ferdinando II che, da allora, venne soprannominato ingiustamente ‘Il Re Bomba’”. Così scrive Giovanni Maduli, protagonista del giornale di approfondimento on line, Regno delle Due Sicilie.it. Vero è che, con la rivoluzione siciliana del 1848, Ferdinando II di Borbone era molto arrabbiato con i Siciliani che volevano l’indipendenza, ma è anche vero che, quando le acque si calmarono e tutto tornò come prima, lo stesso Ferdinando diede disposizione non solo di non calcare la mano con i siciliani, ma di lasciargli campo largo. Cosa, questa, che riconosce anche il professore Massimo Costa nella sua Storia della Sicilia che stiamo pubblicando a puntate: “La Sicilia otteneva una devoluzione integrale, dal punto di vista fiscale ed amministrativo, persino con polizia propria. In pratica, a parte la perdita del Parlamento, Napoli e Sicilia tornavano nei fatti due stati distinti e confederati. Persino la banca centrale pubblica, che i rivoluzionari avevano creato con il nome di ‘Banco Nazionale di Sicilia’ con la fusione delle Reali Casse di Corte di Palermo e Messina, sopravviveva, consentendo alla Sicilia di avere almeno la propria moneta cartacea, attraverso i cosiddetti titoli apodissari, al pari del Banco delle Due Sicilie (il futuro Banco di Napoli), sotto il nome quasi impronunciabile di ‘Banco dei Regi Dominii al di là del Faro’. Fu soppressa la competenza della Consulta delle Due Sicilie sulla Sicilia e fu istituita una ‘Consulta di Sicilia’, che prendeva il posto di quella semplicemente consultiva istituita nel 1831 dal luogotenente Leopoldo Borbone”.

Giuseppe La Farina, il siciliano di Messina che aveva abbracciato la causa di Cavour: la sua verità sul bombardamento di Messina ribalta la versione ufficiale 

Se l’atteggiamento verso la Sicilia di Ferdinando II di Borbone era questo, perché si sarebbe dovuto accanire contro Messina? E, in effetti, qualche testimonianza che racconta un’altra storia sul bombardamento di Messina esiste. Il riferimento è al messinese Giuseppe La Farina, un siciliano convertito all’Italia sabauda. Per la cronaca, durante la sceneggiata dei Mille in Sicilia, La Farina era stato spedito nella nostra Isola da Cavour – per il quale lavorava – per controllare l’operato di Giuseppe Garibaldi e Francesco Crispi. Scrive di lui Alessandro Fumia in Messina, la capitale dimenticata (Magenes Edizioni): “Il furioso Giuseppe La Farina, orgoglioso delirando affermerà ai suoi astanti, che era necessario l’estremo sacrifico per una buona causa: bruciando la pubblica biblioteca, i ricchissimi depositi del suo Porto Franco, rovinando con le proprie mani tutti quegli edifici che potessero servire ai borbonici. Con pochi colpi di pennello, Giuseppe La Farina stava raffigurando ai rivoluzionari veneti la strategia messa in opera su Messina dalle forze fraterne. Altro che livore napoletano, altro che stragi invereconde commesse dai Borbone, i veri assassini di Messina furono le bande armate siciliane e una parte avvelenata dei suoi stessi figli. Così accadde che i liberali siciliani incendiarono le case, sventrando i palazzi, profanando le chiese se questo faceva comodo ai loro progetti; egli lo afferma con la sua bocca e lo pone a paragone, in rapporto alle azioni commesse dai suoi amici, presso il campo di battaglia trovato dentro le strade di Messina. Per una causa giusta, tutto era sacrificabile persino la vita di quelli con cui condivideva i natali”.

Foto tratta da Ars Bellica

 

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