Il sindacato ORSA: per fermare la pioggia di licenziamenti serve uno sciopero generale di tutto il mondo del lavoro

23 luglio 2021
  • Com’era prevedibile, lo sblocco dei licenziamenti voluto da Confindustria e messo in atto dal rovinoso Governo di Mario Draghi sta provocando una paurosa ondata di licenziamenti di massa 
  • Le imprese – a cominciare dalle multinazionali presenti in Italia – licenziano, chiudono e vanno a produrre in altri Paesi dove il costo del lavoro è più basso
  • Il Governo Draghi sta dimostrando di non essere in grado di gestire una crisi economica che si annuncia spaventosa
  • Le imprese disattendono gli accordi firmati con i sindacati. Non saranno le ribellioni a macchia di leopardo annunciate da CGIL, CISL e UIL a fermare la mattanza

dalla Segreteria Generale Confederazione ORSA
riceviamo e pubblichiamo

Com’era prevedibile, lo sblocco dei licenziamenti voluto da Confindustria e messo in atto dal rovinoso Governo di Mario Draghi sta provocando una paurosa ondata di licenziamenti di massa 

Con nota del 29/06/2021 indirizzata al Governo, la scrivente Organizzazione Sindacale aveva preannunciato il disastro occupazionale che avrebbe attivato lo sblocco dei licenziamenti e stigmatizzato le proroghe a macchia di leopardo, solo per determinati settori, che di fatto non hanno risolto il problema generale. Non si tratta di una profezia del sindacato, era di facile intuizione che lasciando mano libera alle imprese dopo le fasi del lock down e delle zone rosse si sarebbe registrata l’esplosione dei licenziamenti di massa. Nella memoria sul Decreto Sostegni bis presentato alla Commissione Bilancio della Camera l’8 giugno, l’Ufficio parlamentare di bilancio (Upb) stimava che lo sblocco dei licenziamenti avrebbe portato nel breve termine alla perdita di 70mila posti di lavoro mentre le previsioni del mondo sindacale annunciano uno tsunami di oltre 600mila licenziamenti. Il Governo non ha attenuanti, non è stato colto di sorpresa, era tutto previsto e prevedibile, il fronte sindacale al gran completo, con voce unanime, ha lanciato per tempo l’allarme ma si ha la sensazione che la politica ha dovuto cedere, senza condizioni, alle pretese di Confindustria e l’ha fatto nel modo peggiore, senza programmazione.

Le imprese – a cominciare dalle multinazionali presenti in Italia – licenziano, chiudono e vanno a produrre in altri Paesi dove il costo del lavoro è più basso

Il problema non è tanto la crisi post pandemia che prima o poi sarebbe arrivata ma l’assenza di una politica su come affrontarla. In vista dello sblocco dei licenziamenti, la sera del 29 giugno a palazzo Chigi era stato condiviso un accordo tra sindacati confederali e Confindustria, firmato anche dal presidente del Consiglio Mario Draghi e dal ministro del Lavoro Andrea Orlando, che impegnava le aziende a esaurire tutti gli ammortizzatori sociali a disposizione prima di procedere alla risoluzione dei rapporti di lavoro. L’accordo è già stato disatteso, perché nelle ultime due settimane, almeno tre multinazionali stanno procedendo con il licenziamento collettivo di centinaia di persone, senza sfruttare gli strumenti noti come ammortizzatori sociali. Siamo di fronte al Flop conclamato della legge anti delocalizzazioni, Gkn e Gianetti Ruote non sono in crisi, licenziano per andare a produrre da un’altra parte e il Governo non si è dotato di strumenti per arginare questa mattanza ampiamente annunciata che le imprese concretizzano impunemente, sfruttando anche le regole del Jobs Act.

Il Governo Draghi sta dimostrando di non essere in grado di gestire una crisi economica che si annuncia spaventosa

Whirlpool ha deciso di rifiutare la proposta del Governo di usufruire di 13 settimane aggiuntive di Cassa integrazione in cambio di un impegno a non licenziare, non si possono accettare licenziamenti quando la nazione che ospita l’impresa prevede ammortizzatori per accompagnare il rilancio del sito, è la dimostrazione provata del libertinaggio cui godono le multinazionali nel nostro Paese, sfruttano ogni opportunità di profitto e poi scappano nei territori che offrono manodopera a basso costo. Sull’esempio di Gkn, Giannetti Ruote e Wirlpool si aggiungono con effetto domino altri siti produttivi pronti a sfruttare la ghiotta opportunità di licenziare e il Governo appare incapace di gestire l’evento dopo aver commesso l’errore di sbloccare i licenziamenti senza aver messo in campo adeguate politiche industriali, vincoli per le imprese e una riforma degli ammortizzatori sociali in grado di affrontare l’annunciata crisi occupazionale.

Le imprese disattendono gli accordi firmati con i sindacati. Non saranno le ribellioni a macchia di leopardo annunciate da CGIL, CISL e UIL a fermare la mattanza

Intanto le imprese disattendono gli accordi sottoscritti con i sindacati confederali e forzano le regole, in Italia i “padroni delle ferriere” sono autorizzati a tutto, anche a mettere sulla strada migliaia di famiglie con un messaggio su WhatsApp. Non saranno le ribellioni a macchia di leopardo annunciate da CGIL, CISL e UIL a fermare la mattanza, il sindacato confederale ha firmato accordi e si è fidato di Confindustria e del Governo Draghi, confidando in un controllo concordato della crisi post- pandemia; la risposta è arrivata immediata ed era ipotizzabile quanto la variante “Delta” del Covid-19; le multinazionali snobbano l’intesa raggiunta in presenza del Governo, licenziano in modo indiscriminato, rifiutano gli ammortizzatori sociali e ridicolizzano il ruolo del sindacato. La protesta per comparti, alla bisogna, non funziona! Isola i lavoratori nella lotta e li rende perdenti contro il fronte organizzato di Confindustria che, ormai è chiaro a tutti, detta la linea e il Governo esegue. Un evento di tali dimensioni non si ferma con proteste separate, di volta in volta, solo nei siti produttivi colpiti dai licenziamenti tattici, equivale a curare il cancro con una tisana. Mentre si discute il bollettino dei licenziati è ogni giorno più drammatico, è giunto il momento di rinviare ogni trattativa e rispondere all’attacco frontale con lo SCIOPERO GENERALE di tutto il mondo del lavoro, dichiarato da tutte le Organizzazioni Sindacali; Confederali, Autonome e di Base.

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