Resuttano si ribella a Garibaldi e ai mafiosi. E resiste quattro giorni con le armi in pugno. Ennesima pagina oscura dei Mille in Sicilia

8 luglio 2021
  • Gli abitanti di Resuttano scesero in piazza contro gli invasori Garibaldini e contro i picciotti di mafia, grandi alleati di Garibaldi
  • La battaglia dura quattro giorni. I garibaldini hanno la meglio perché sostenuti dai mercenari ungheresi 
  • Le bugie di Cesare Abba

Gli abitanti di Resuttano scesero in piazza contro gli invasori Garibaldini e contro i picciotti di mafia, grandi alleati di Garibaldi

Tra le pagine oscure dell’impresa dei Mille in Sicilia c’è la rivolta di Resuttano. Gli abitanti di questa cittadina, che oggi fa parte della provincia di Caltanissetta, tra la fine di Giugno e i primi giorni di Luglio del 1860 si ribellarono. Ma non scesero in piazza in armi per inneggiare a Garibaldi: si ribellarono contro Garibaldi, contro i garibaldini, contro i mercenari al servizio di Garibaldi e, soprattutto, contro i picciotti di mafia che si accompagnavano con Garibaldi. Ovviamente, questa storia non è venuta fuori. Era, quello, il tempo in cui gli “scrittori salariati” raccontavano un sacco di minchiate sulla popolazione siciliana in armi che inneggiava a Garibaldi contro il Borbone. La battaglia durò quattro giorni e i garibaldini, i mercenari ungheresi e i mafiosi ebbero la meglio solo perché erano numericamente superiori e meglio armati. La storia è stata nascosta. Ne parla il solito Cesare Abba per dare una versione dei fatti inventata di sana pianta, naturalmente in favore della retorica garibaldina. Ne parla Giuseppe Scianò dando una diversa versione dei fatti.

La battaglia dura quattro giorni. I garibaldini hanno la meglio perché sostenuti dai mercenari ungheresi 

“Torniamo a parlare dell’avanzata dei Garibaldini. Tutto procede bene. Ma ad un certo punto il paese di Resuttano si è ribellato alla colonna dei Garibaldini lì pervenuta. La notizia arriva come un fulmine a ciel sereno a Santa Caterina, dove è accampata la colonna del Colonnello ungherese Eber. Scatta l’allarme rosso. Si organizza una spedizione punitiva comandata dal maggiore Angelo Bassini, il quale si mette in marcia immediatamente alla volta di Resuttano. La popolazione si mostra coraggiosa: affronta il battaglione del Bassini con le armi in pugno. Si combatte con energia dall’una e dall’altra parte. I Garibaldini hanno, a fatica, la meglio. A questo punto il Bassini avrebbe ordinato la decimazione dei ribelli. Il condizionale è d’obbligo. Non abbiamo prove certe in proposito, ma solo indizi interessanti e seri. L’Abba, da parte sua, ci racconta qualche singolo fatto di sangue e di morte. Non già per informarci compiutamente su come le cose siano andate realmente, ma piuttosto per minimizzare la gravità della rivolta. E, probabilmente, per disinformarci. Dobbiamo, quindi, estrapolare dal suo stesso testo quelle poche ammissioni sincere ed accertabili che l’autore, per affermare o per negare quanto gli interessa dire, in un modo o nell’altro si è lasciato sfuggire. Solo così riusciremo a sapere qualche altra notizia. Avviene, infatti, che lo scrittore ligure affermi che il Bassini avrebbe messo le mani su «undici scellerati», per di più «rei di Mille prepotenze e di sangue.»
Dice anche che il Maggiore Garibaldino, pur essendo «uomo da dar dentro a baionetta calata», avrebbe usato degli accorgimenti. Non ci spiega tuttavia quali, ma pensiamo che gli accorgimenti siano stati più micidiali delle baionette, sempre chiamate in causa, ma poco usate. Dulcis in fundo: l’Abba conclude dicendo che un Siciliano, come un demonio, avrebbe cacciato, raggiunto ed ucciso uno degli undici malcapitati, che era riuscito a fuggire. Non precisa, però, che fine abbiano fatto gli altri dieci ed, inoltre, attribuendo la colpa di una (sola) esecuzione ad un Siciliano fa credere agli ingenui lettori che tutto sia finito lì. E per giunta… fra Siciliani. Per compiere quest’azione, tuttavia, il Bassani ed il suo battaglione, del quale non sappiamo quanti Garibaldini facessero parte (l’Abba si guarda bene dal dirlo), avrebbero impiegato addirittura «quattro giorni di marcia»”.

Le bugie di Cesare Abba

“Francamente ci sembrano troppi, considerato il chilometraggio che un soldato in quell’epoca compiva, a piedi, in un solo giorno. Sarà stata, piuttosto, una lotta lunga e sanguinosa quella ingaggiata fra i Garibaldini e l’eroica popolazione di Resuttano? Non abbiamo risposta, ci affidiamo (soltanto in questo caso però) pure noi alla logica ed alle ipotesi. Tanto più che l’Abba non parla espressamente dell’intera popolazione che si sarebbe ribellata (come peraltro a quella data già avveniva in alcune zone della Sicilia). Pensiamo che sia lecito dedurre che si sia trattato di una vera e propria lotta di resistenza popolare, lunga e sanguinosa, durata almeno quattro giorni, molto più importante di quanto l’Abba non voglia farci comprendere. Una resistenza che fa onore alla popolazione di Resuttano. Anche perché quattro giorni sono quattro giorni! Abba non ci dice neppure se alla spedizione contro Resuttano siano stati aggregati pochi o molti mercenari Ungheresi, di quelli cioè particolarmente bravi in azioni di repressione e di rappresaglia. Ma ha iniziato la narrazione dei fatti con una frase che sa di commiserazione e che racchiude tutto il senso della vicenda: «il povero maggiore Bassini l’hanno pigliato pel giustiziere». Non occorre aggiungere altro. Sappiamo bene cosa sappiano fare e faranno ovunque nell’ex Regno delle Due Sicilie i giustizieri Piemontesi in Sicilia e nel Sud-Italia, con o senza il supporto dei mercenari stranieri. E sappiamo pure come l’Abba parlerà in termini riduttivi dell’operato di Nino Bixio a Bronte… appunto per non farci sapere quanto brutta è la verità”.
Giuseppe Scianò E nel mese di Maggio del 1986 la Sicilia diventò colonia!

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