Ad Aosta bloccati 23 tonnellate di pistacchi senza provenienza diretti a Bronte. Complimenti!

2 luglio 2021
  • Sembra una storia scoperta dal vice questore Rocco Schiavone, visto che è stata ‘sgamata’ ad Aosta. Invece il merito va alla Guardia di Finanza e alla Magistratura  
  • 23 tonnellate di pistacchio diretto a Bronte senza indicazione del Paese d’origine 
  • E in Sicilia a che punto sono i controlli? Vattelappesca!

Sembra una storia scoperta dal vice questore Rocco Schiavone, visto che è stata ‘sgamata’ ad Aosta. Invece il merito va alla Guardia di Finanza e alla Magistratura  

Non è una bella storia quella che è andata in scena ad Aosta raccontata dal quotidiano La Sicilia. Non l’ha scoperta Rocco Schiavone, ma qualcuno che gli somiglia. Ebbene, cosa hanno ‘sgamato’ ad Aosta, in piena Estate? Un bel carico di pistacchi – 23 tonnellate, non esattamente bruscolini – partito dal Lussemburgo, destinazione Sicilia, per la precisione Bronte, provincia di Catania, il Comune alla falde dell’Etna dove si produce il rinomato Pistacchio Verde Dop. Ai militari della Guardia di Finanza, in servizio al traforo del Monte Bianco, i conti non sono tornati: un carico di pistacchi, di provenienza ignota, che dal Lussemburgo è diretto in Sicilia, guarda caso a Bronte, dove si produce proprio pistacchio. Possibile? Impossibile non insospettirsi.

23 tonnellate di pistacchio diretto a Bronte senza indicazione del Paese d’origine 

Ma non ci avevano detto che il pistacchio verde si produce solo a Bronte? “Dopo aver esaminato la documentazione – leggiamo su La Sicilia – gli agenti hanno constatato come l’etichettatura apposta sui prodotti fosse priva dell’indicazione del Paese d’origine. Il carico, sigillato nel mezzo, è ora diretto alla sede legale della ditta siciliana destinataria dove, in attesa dell’esito di ulteriori accertamenti, sarà temporaneamente custodito”. Quindi questo ‘meraviglioso’ pistacchio che è stato prodotto chissà dove arriverà comunque in Sicilia, a Bronte. “L’ipotesi di reato – scrive sempre La Sicilia – è quella di vendita di prodotti industriali con segni mendaci. Il sostituto procuratore Manlio D’Ambrosi ha disposto delle indagini «finalizzate a ricostruire l’intera filiera di commercializzazione del prodotto», che a questo punto poteva tranquillamente finire in buste con la dicitura ‘pistacchio di Bronte’ e in prodotti trasformati prodotti a Bronte ma con pistacchio di dubbia provenienza e certamente meno pregiato e costoso di quello siciliano”. Insomma, per fortuna che c’è la Magistratura che vuole vederci chiaro. E la politica siciliana? Latitante, come sempre. Superfluo aggiungere che una storia del genere finisce con danneggiare tutto il territorio di Bronte.

E in Sicilia a che punto sono i controlli? Vattelappesca!

L’olio d’oliva tunisino che arriva in Sicilia – così ci hanno detto – viene esportato nei Paesi esteri, Stati Uniti d’America in testa. Magari anche questo pistacchio avrebbe dovuto essere esportato? Chissà. La verità è che in Sicilia, in materia agroalimentare, la confusione raggiuge livelli indescrivibili. Siamo letteralmente invasi da grano estero, olio d’oliva tunisino, pomodoro cinese e africano (tre anni fa si scoprì che a Pachino, provincia di Siracusa, patria del pomodorino, si commercializzava pomodorino del Camerun!), carciofi egiziani, angurie egiziane, limoni che arrivano da mezzo mondo, frutta estiva che arriva dal Nord Africa (rigorosamente senza sapore)  e chi più ne ha più ne metta. Poi scopriamo che anche qualche siciliano si dà da fare… E i controlli in Sicilia? Vattelappesca!

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