Prosciolti Totò Cuffaro, Toto Cordaro, Alessandro Aricò e altri politici dalle accuse di corruzione elettorale e voto di scambio

18 giugno 2021
  • Erano indagati presso il Tribunale di Termini Imerese
  • Ragionando sulla corruzione elettorale
  • Eliminando la ‘riserva indiana’ del precariato si toglierebbe di mezzo tanta corruzione elettorale 

Erano indagati presso il Tribunale di Termini Imerese

In un film italiano di fine anni ’50 primi anni ’60 del secolo passato c’è una scena che fa sorridere. C’è un comizio elettorale. Prende la parola un tizio che non sembra molto in linea con i tempi. Infatti, arringando la folla dice: “Io vi prometto fame, sete e patimenti…”. Il registra inquadra i volti perplessi dei cittadini accorsi per ascoltare l’oratore. Uno di loro, voltandosi verso i suoi amici, dice: “E quando lo prende il nostro voto questo qui…”. Al che si sente quasi un coro: “Figurati se lo votiamo noi”. Questo dialogo è tornato nei nostri pensieri leggendo la notizia del proscioglimento di tanti esponenti politici coinvolti in un’inchiesta per voto di scambio presso il Tribunale di Termini Imerese. Tra i prosciolti spiccano i nomi dell’ex presidente della regione siciliana, Totò Cuffaro (era indagato per corruzione elettorale), dell’assessore regionale al Territorio e Ambiente in carica, Toto Cordaro, del parlamentare regionale Alessandro Aricò e di altri esponenti politici (se ne volete sapere di più potete leggere questo articolo).

Ragionando sulla corruzione elettorale

Noi vorremmo approfittare di questa notizia per parlare della corruzione elettorale, che esiste, ma che non può essere perseguita con chi promette legittimi posti di lavoro. Il lavoro dei politici – soprattutto nel Sud e in Sicilia dove il peso delle condizioni storiche, gli scippi dello Stato e una pubblica amministrazione da Castello di Kafka che scoraggia le imprese – deve essere anche quello di creare posti di lavoro. Che senso avrebbe una politica che non lavora per creare nuovi posti di lavoro? Diverso è il discorso di come vengono assegnati i posti di lavoro. Partiamo da un caso limite: contestare a un imprenditore privato il fatto di aver assunto una o più persone su segnalazione di un politico ci sembra sbagliato, perché un privato, della propria azienda, fa quello che vuole. Semmai dovrebbe essere contestato un eventuale aiuto improprio da parte del politico all’imprenditore che ha assunto soggetti su segnalazione dello stesso politico. Anche gli aiuti economici ai candidati da parte di cittadini – compresi gli imprenditori – non ci sembra oggetto di possibili contestazioni, là dove le cifre vengono registrate.

Eliminando la ‘riserva indiana’ del precariato si toglierebbe di mezzo tanta corruzione elettorale 

Diverso è il discorso per i posti di lavoro nella pubblica amministrazione. In Sicilia, tranne casi molto rari, dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo passato ad oggi gli accessi nella pubblica amministrazione, a tutti i livelli, sono stati mediati dalla politica e dai sindacati attraverso il ricorso al precariato. Proprio in queste ore diventa ufficiale la notizia che il Governo nazionale ha impugnato la stabilizzazione dei poco meno di 5 mila precari ASU: e a difendere le ragioni di questi precari, oltre che i politici, sono anche i sindacalisti. Cosa vogliamo dire? Che se politici e sindacalisti possono creare dal nulla posti di lavoro pagati con il denaro pubblico, ricorrendo al precariato, non ci si deve poi stupire se questo strumento viene utilizzato in campagna elettorale. Sarebbe molto più semplice applicare la Costituzione italiana, in base alla quale nella pubblica amministrazione si accede per concorsi e non per segnalazioni di politici e sindacalisti. Insomma: nella pubblica amministrazione debbono accedere i più meritevoli, non gli amici e i compari di politici e sindacalisti. Fino a quando politici e sindacalisti (che appoggiano candidati o si candidano direttamente) avranno a disposizione la ‘riversa indiana’ del precariato la corruzione elettorale in cambio di posti di lavoro non potrà essere debellata. Dopo di che siamo felici per l’esito di questa inchiesta, perché bisogna essere sempre contenti quando si dimostra la correttezza di uomini pubblici.

Foto tratta da Il Sito di Sicilia

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