A proposito della diciottenne morta per trombosi dopo essere stata vaccinata

10 giugno 2021
  • Si fermeranno a riflettere i giovani che “si vaccinano al ritmo di danza”?
  • Perché chi nega in forma preventiva ogni possibile correlazione causale tra la vaccinazione e la morte successiva non viene catalogato come negazionista?

di Diego Fusaro

Si fermeranno a riflettere i giovani che “si vaccinano al ritmo di danza”?

Chissà, magari ora i giovani che “si vaccinano al ritmo di danza” si fermeranno un attimo per riflettere… si prenderanno una piccola ma doverosa pausa di riflessione le nuove generazioni che, pur di partire libere per le vacanze, si dicevano con tono spavaldo pronte a vaccinarsi a occhi chiusi, poco importa con quale siero… si prenderanno una piccola pausa di riflessione, per poter ragionare seriamente, se ancora la serietà rientra in qualche modo tra le prerogative delle nuove generazioni, intorno alla vicenda con esito tragico della diciottenne di Genova: la quale, dopo una lenta agonia, è infine morta dopo aver ricevuto il vaccino anticovid. Un vero e proprio Calvario, che dovrebbe risvegliare molti dal sonno dogmatico in cui tuttora sono colpevolmente sospesi. Si tratta di una vicenda incresciosa, che difficilmente sarà oggetto di una riflessione seria, peraltro non soltanto presso le nuove generazioni: con ogni probabilità (ma mai porre limiti alla Divina Provvidenza), i monopolisti del discorso daranno, se proprio costretti, la notizia, per poi passare celermente a quella successiva, senza affrontare come pure sarebbe necessario la questione. La tratteranno insomma come una fastidiosa notizia, di cui non si può fare a meno di dare testimonianza: una notizia che mette drammaticamente in crisi il paradigma narrativo egemonico fino a oggi.

Perché chi nega in forma preventiva ogni possibile correlazione causale tra la vaccinazione e la morte successiva non viene catalogato come negazionista?

Curioso davvero il fatto che chiunque osi negare la correlazione tra la contrazione del virus e la successiva morte sia stigmatizzato dai padroni dell’informazione come “negazionista”; mentre mai l’infame categoria di “negazionista” venga applicata ai tanti che negano quotidianamente e in forma preventiva ogni possibile correlazione causale tra la vaccinazione e la morte successiva. Sicuramente non ogni morto dopo il vaccino è un morto a causa del vaccino, sia chiaro: ma siamo davvero così sicuri, come pure vorrebbe farci credere l’ordine del discorso dominante, che nessun caso possa essere letto come morte a causa del vaccino? E ancora: siamo così sicuri che il martellante teorema secondo cui “i benefici del vaccino sono sempre superiori alle sue presunte conseguenze” valga sempre incondizionatamente? Chi andrà a spiegarlo ai genitori della ragazza di Genova, ad esempio? Sono domande che, mi rendo conto, non verranno nemmeno prese in considerazione dagli autoproclamati professionisti dell’informazione: del resto, la megamacchina non può incepparsi e, men che meno, concedere spazi di riflessione critica e di dubbio meditato. Si bastoneranno more solito come complottisti quanti vorranno ugualmente fare domande e sollevare critiche, e poi tutto procederà come prima, come se mai nulla fosse accaduto. Siamo o non siamo, del resto, nel tempo della post-verità? I giovani riprenderanno subito a vaccinarsi a ritmo di danza, posto che mai abbiano smesso anche in queste ore così buie. In conclusione, mi permetto di riprendere le notevoli riflessioni sul tema svolte da Giorgio Agamben: “perché, anche se la falsità viene documentata, si continua a prestarvi fede? Si direbbe che la menzogna viene tenuta per vera proprio perché, come la pubblicità, non si preoccupa di nascondere la sua falsità”.

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