Con il Covid aumento disoccupati e lavori più pesanti. Rischi elevati di malattie e morti tra i marittimi. La nota dell’ORSA

19 maggio 2021
  • Tremendi i dati che il sindacato ORSA marittimi ha inviato al Governo nazionale. Spaventoso lo sfruttamento dei lavoratori che operano sulle navi. Dove sono i sindacati classici e la sinistra?
  • “Perché per questa massa di lavoratori la loro vita deve essere appesa ad un filo?”
  • OMS: Lavorare più di 55 ore a settimana aumenta il rischio di morte per malattie cardiache e ictus
  • La pandemia ha creato disoccupazione e un maggiore sfruttamento dei lavoratori

Tremendi i dati che il sindacato ORSA marittimi ha inviato al Governo nazionale. Spaventoso lo sfruttamento dei lavoratori che operano sulle navi. Dove sono i sindacati classici e la sinistra?

La segreteria generale del sindacato ORSA marittimi ha scritto una lettera al Ministero dei Trasporti, al Comando Generale delle Capitanerie di Porto di Roma, al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, al Ministero della Salute. Tema: “Troppo lavoro fa male, più alto il rischio di morire”. Troppo il lavoro e lo stress a cui vengono sottoposti i lavoratori che operano sulle navi. “Cinquantacinque ore a settimana – scrive l’organizzazione sindacale – aumentano il rischio di morte per malattie cardiache e ictus, ciò emerge dai dati di uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS)”. E ancora: “Il lavoro marittimo supera 98 ore a settimana da come prevede la normativa d.l.g .108. sulle navi ro.or.pax., mezzi veloci aliscafi e Catamarani, queste le ore che si sanno! Di norma gli armatori pretendono che i marittimi superino illegalmente questi orari senza neanche retribuire i lavoratori, ricattandoli con i licenziamenti. Però purtroppo questo sistema ingarbugliato sanno che nessuno lo può accertare. Certo è che gli enti preposti avrebbero l’obbligo di controllare, ma sembra che gli viene difficile effettuare dei controlli chissà, oppure dichiarano che tutto è in ordine”.

“Perché per questa massa di lavoratori la loro vita deve essere appesa ad un filo?”

A questo punto arrivano le accuse: “Perché per questa massa di lavoratori la loro vita deve essere appesa ad un filo? Per il gioco sporco di un pugno di furfanti che sono tutti collusi tra di loro? Intanto se l’ OMS fa un controllo mirato nella cassa malattia dei lavoratori marittimi ex Ipsema, scopre che il marittimo è colpito da ictus o malattie cardiache, da amianto e varie malattia cancerogene, malattie reumatiche e anche neurologiche per la vita che conduce sulle navi”. L’ORSA segnala stress da lavoro, disagi per dormire, alimenti scadenti, stress da condizioni meteo avverse. E lo Stato? Per lo Stato non si tratta nemmeno di un lavoro usurante. “Le commissioni presiedute da esperti che tutto sanno, tranne cos’è il lavoro marittimo – scrive l’organizzazione sindacale – commettono dei gravi errori non riconoscendo questa categoria. In effetti questa categoria ha un alto tasso di patologie dichiarate dall’OMS. Quindi fatevi una buona lettura del documento dell’OMS e qualcuno ci deve dare delle spiegazioni. Lo diciamo ai dottori, agli enti preposti, al Ministero della Sanità, al Ministero del Lavoro, al Ministero dei Trasporti, al Comando Generale delle Capitanerie di Porto Ispettorato del Lavoro, ai Sindacati, agli  Armatori e alle loro Associazioni che stipulano accordi al contrario della legge. Sappiate che tutto il male arrecato a questa categoria prima o poi si paga”.

OMS: Lavorare più di 55 ore a settimana aumenta il rischio di morte per malattie cardiache e ictus

Nella lettera si riporta la dichiarazione dell’OMS: “Lavorare più di 55 ore a settimana aumenta il rischio di morte per malattie cardiache e ictus – scrive l’ORSA -. Tanto che solo in un anno, sono stati 745.000 decessi per questo motivo, con un aumento del 29% rispetto al 2000. E la pandemia Covid-19 sta rafforzando in modo preoccupante la tendenza a lavorare troppe ore. A quantificare il danno è uno studio dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, pubblicato sulla rivista Environment International. Gli autori dello studio hanno sintetizzato i dati di dozzine di studi precedenti all’emergenza Covid, che hanno coinvolto centinaia di migliaia di partecipanti. I risultati mostrano che lavorare 55 ore o più a settimana è associato a un aumento del 35% del rischio di ictus e del 17% del rischio di morte per cardiopatia ischemica rispetto al lavorare per le normali 35-40 ore settimanali. Nello specifico, solo nel 2016, ad esempio, OMS e Organizzazione Internazionale del Lavoro stimano che 398.000 persone siano morte per
ictus e 347.000 per malattie cardiache dopo aver lavorato almeno 55 ore a settimana. Un trend in peggioramento negli ultimi anni, tanto che tra il 2000 e il 2016 il numero di decessi per malattie cardiache legate a orari di lavoro prolungati è aumentato del 42%, mentre la percentuale si attesta al 19% per gli ictus. Questo carico di malattie legate al lavoro è particolarmente significativo negli uomini (il 72% dei
decessi si è verificato tra i maschi), nelle persone che vivono nelle regioni del Pacifico occidentale e del Sud-est asiatico, mentre l’impatto è minore in Europa Occidentale. La maggior parte dei decessi hanno riguardato persone morte tra 60 e 79 anni, che avevano lavorato
per 55 ore o più a settimana quando avevano tra 45 e 74 anni. Angola, Libano, Corea ed Egitto sono tra i Paesi più colpiti. I motivi per cui ciò accade, suggeriscono le evidenze scientifiche, sono due: il primo è che lavorare a lungo attiva continuamente gli ormoni di risposta allo stress e ciò innesca reazioni nel sistema cardiovascolare, portando a ipertensione e arteriosclerosi. Il secondo sono le risposte
comportamentali allo stress, che includono un maggior uso di tabacco, alcol, dieta malsana e inattività fisica, tutti fattori di rischio stabiliti per la cardiopatia ischemica e l’ictus”.

La pandemia ha creato disoccupazione e un maggiore sfruttamento dei lavoratori 

“La pandemia ha peggiorato la situazione – prosegue la nota del sindacato ORSA -. Uno studio del National Bureau of Economic Research
in 15 Paesi ha mostrato, infatti, che il numero di ore di lavoro è aumentato di circa il 10% durante i lockdown. Il telelavoro, infatti, rende più difficile disconnettere i lavoratori. Inoltre la pandemia ha aumentato la precarietà del lavoro che, in tempi di crisi, tende a spingere chi ha mantenuto il proprio a lavorare di più”. E ancora: “La pandemia Covid19 ha cambiato in modo significativo il modo in cui molte persone lavorano”, ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’OMS. Inoltre, molte aziende sono state costrette a ridimensionare il personale per risparmiare denaro e le persone che sono ancora sul libro paga finiscono per lavorare più a lungo”. Per ridurre questi rischi, concludono OMS e Organizzazione Internazionale del Lavoro, i governi possono introdurre leggi e politiche che
vietano lo straordinario obbligatorio e garantiscono limiti massimi all’orario di lavoro”.

Foto tratta da THESI CONSULTING

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