Perché tutto questo astio per le ‘vampe di San Giuseppe di Palermo?/ SERALE

21 marzo 2021
  • Si tratta di una tradizione antica e dovrebbe essere motivo di gioia il fatto che la pandemia non l’abbia fermata! 
  • I ricordi di Silvano Riggio 
  • “Ovviamente non si facevano le vampe in via Libertà”. In compenso presto avranno il Tram…
  • I ricordi di Pino Apprendi

Si tratta di una tradizione antica e dovrebbe essere motivo di gioia il fatto che la pandemia non l’abbia fermata! 

Perché tanto astio per le ‘Vampe di San Giuseppe’ a Palermo? Si tratta di una tradizione che risale alla notte dei tempi e dovrebbe essere una gioia sapere che la pandemia non ha fermato un’usanza che non ha mai fatto male a nessuno. A distanza di qualche giorno abbiamo raccolto su Facebook le testimonianze di due palermitano ‘Doc’: quella del docente universitario Silvano Riggio e quella di Pino Apprendi, figura storica della sinistra del capoluogo siciliano. Sappiamo che ai palermitani ‘stoccami in quattro’ queste manifestazioni popolari non piacciono: e appunto per questo piacciono, invece, a noi che mangiamo la frittola menz’a strata chi manu, ‘u caldume e il vero pani ca meusa, senza ricotta e formaggio, ma con mezzo limone spremuto. E naturalmente ‘u sfinciuni ru Capu. Viva le tradizioni popolari!

I ricordi di Silvano Riggio 

“Ricordo un scambio molto vivace di opinioni sulle vampe di San Giuseppe – ricorda Riggio su Facebook – che ebbi un paio di anni fa con chi sosteneva la necessità della repressione feroce di un costume panormita giudicato barbarico se non addirittura criminale (come se in questa città non ci fossero usanze molto più barbariche, ad es. con la persecuzione di cani e gatti, di alberi, cittadini inermi ecc.!) e che io invece difendevo come manifestazione superstite di una festa popolare antica quanto la civiltà umana… La vampa di primavera dei panormiti è tradizione antichissima, presumibilmente databile all’età della pietra quando le tribù di cavernicoli dell’Addàura dovevano tenere lontano le bestie feroci. Il fatto che la tradizione sia viva ancor oggi è significativo del suo valore taumaturgico che sconfigge l’oblio dell’urbanesimo forzato e della domesticazione dell’animale uomo. Io ho visto tante vampe durante la mia adolescenza, quando non accorrevano i pompieri, e le ricordo come una vera festa popolare con intima partecipazione e scoppio di entusiasmo di ogni borgataro”.

“Ovviamente non si facevano le vampe in via Libertà”. In compenso presto avranno il Tram…

“Ovviamente – prosegue il professore Riggio – non si facevano vampe in via Libertà, ma se ne facevano bellissime nella vicina piazza del Borgo Vecchio, ben visibili da via Libertà attraverso gli scorci di via Archimede e di via Quintino Sella. E non se ne facevano nei quartieri nuovi del Sacco di Palermo. Nella mia memoria storica la vampa di S. Giuseppe si accompagna all’immagine di una città che non c’è più, che magari era povera e stracciona, ma piena di verde e di amore per la vita. Quell’amore che il 50ennio trascorso ha del tutto cancellato e affogato sotto la coltre di cemento che continua a soffocarla negli anni 2000. Per questo mio ricordo nostalgico ho polemizzato con le signore e con qualche signore rispettabilissimo che ne invocavano la messa al bando. Avevo anche timidamente proposto la regolarizzazione delle vampe più illustri nei pochi quartieri del centro storico e della periferia, sotto il controllo dei cittadini responsabili e della Protezione Civile. La Pandemia ha presumibilmente cancellato del tutto la tradizione, aiutata dalla pioggia eccezionale, mandata forse da S. Giuseppe che non è più quello di una volta, ma un arcigno mentore della catastrofe epocale che è appena alle porte”.

I ricordi di Pino Apprendi

Molto bello anche il ricordo – sempre su Facebook – di Pino Apprendi: “SAN GIUSEPPE Cominciavamo a fare la colletta per affittare un carrettino da Mommino a piazza Busacca, per raccogliere la legna per la ‘vampa’ (falò) di San Giuseppe. Non era facile arrivare a 50 lire per l’affitto e 100 lire di cauzione per eventuali danni. Si organizzavano le squadre fra mattina e pomeriggio, a secondo dell’orario scolastico.
Si girava per le strade e si bussava nei condomini: ‘Signora ‘nnavi ligna pi San Giuseppi’? Spesso la signora diceva:”Turnati dima


ni ca sbarazzu”. Solitamente cominciavamo fine febbraio e si accumulavano nello slargo,nei pressi di Via Arrigo Boito. Facevamo la guardia alla legna perché era capitato che la rubassero o la bruciassero. C’erano pure i turni notturni di guardia. Infine la gara che si faceva con gli altri quartieri era chi accendeva la vampa per ultimo al grido di ‘VIVA SAN GIUSEPPI’ VIVA!”.

Foto tratta da Blog Sicilia

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