“Io, Costantino Guzzo, condannato perché ho cercato di difendere i miei diritti e il mio pane”

11 marzo 2021
  • Il senso della lotta di una vita per la verità
  • Un semestre di messa alla prova
  • “Vi racconto perché sono finito in Tribunale”
  • “Ai miei censori dico: provate a mettervi al mio posto”

di Riccardo Longo

Il senso della lotta di una vita per la verità

Ho voluto incontrare Costantino Guzzo e capire il perché della sua lotta per la legalità come sindacalista, oggi del Sifus. Passeggiando con lui mi è sembrato di sentire la voce di Danilo Dolci o Capitini echeggiare nel racconto della sua storia; idealità proprie della terra palermitana, di un passato austero ma generoso di emozioni e passioni. Mi son sentito superfluo con le mie domande, col mio parlare troppo misurato: allora ho preferito lasciare a lui che rispondesse spontaneamente sul senso della sua personale lotta. Così lui me la presenta, nella chiarezza e nella semplicità di chi sa di essere ancora in mezzo al guado, di non aver finito.

Un semestre di messa alla prova

“Avevo 21 anni quell’estate, quando i balconi di Palermo si riempirono delle lenzuola bianche stese all’aria: ‘Le loro idee camminano sulle nostre gambe”, dicevano! Ricordo di aver respirato quelle idee con la forza di un sub alle prime armi che impara a respirare dalla bombola di ossigeno. Avevo davvero pensato che la terra di Sicilia stesse per aprirsi ad una stagione di vita e abbandonato, una volta per tutte, la sua mafiosità, non solo quella organizzata e territoriale ma, soprattutto, quella culturale e clientelare dei ‘Palazzi’ di governo. Non avrei mai immaginato che, 29 anni dopo, io stesso fossi vittima di quella illegalità fatta sistema e che, addirittura io, lavoratore senza colletto, lavoratore di bassa forza, fossi da questo Stato giudicato e ritenuto capace di nuocere alla mia Palermo, alla mia Sicilia, alla mia Italia, al punto che il Tribunale panormitano mi condannasse ad un semestre di ‘messa alla prova’. Oggi, sono affidato ad uno psicologo e ad una assistente sociale che devono osservare la mia capacità di stare nel mondo vincendo la mia rabbia e rapportandomi con misura agli altri”.

“Vi racconto perché sono finito in Tribunale”

“Perché sono finito in Tribunale? vi state chiedendo. Ho fatto la brutta esperienza della giustizia italiana e sono stato punito perché un giorno ho deciso di togliere il morso alla mia bocca e di chiedere il rispetto dei miei diritti di lavoratore. Ero un dipendente dello IAL CISL, da mesi e mesi non venivo retribuito e reclamavo le mie retribuzioni; tante altre cose chiedevo. Soprattutto chiedevo che gli uffici dell’Assessorato si interessassero alla cosa: ispezionassero, verificassero, facessero qualcosa, visto che i soldi del finanziamento proprio da quegli stessi uffici arrivavano allo IAL CISL. Occupai gli uffici dell’Assessorato; con Marco Cucuzza (e con un’altra decina di ex lavoratori), siamo stati protagonisti di un momento di tensione con la gente lì presente: dateci il nostro, fate giustizia, controllate gli Enti, questo gridavamo! Ci è costato questo: messa alla prova per 6 mesi, alla faccia dell’intero sistema degli Enti di formazione professionale con tutta la sua storia scandalosa, putrescente, più volte risaltata sulle prime pagine dei giornali. Io, lavoratore non retribuito e padre di famiglia, messo alla prova e i miei carnefici paciosamente a riposo sulle poltrone di quell’Ente che oggi risulta ‘fallito’, pur avendo avuta una personalità giuridica senza scopo di lucro”.

“Ai miei censori dico: provate a mettervi al mio posto”

“Ma va bene così, io posso guardarmi allo specchio la mattina e vedervi dignità e coraggio; soprattutto posso guardare la foto di Falcone e Borsellino potendo dire ‘nel mio piccolo ho fatto il mio dovere’. Lunedì 22 Marzo inizierò la mia messa alla prova presso l’Associazione Culturale ‘San Giovanni Apostolo’ qui a Palermo, lo farò con generosità e così, ancora una volta, cercherò di portare il mio responsabile contributo alla mia comunità. Questa storia mi è costata tanto, davvero tanto, soprattutto in salute: il mio diabete, l’asma, le difficoltà respiratorie, la insonnia brutta compagna delle mie notti. Io inizio la mia messa alla prova ma mi piacerebbe tanto che venissero messi alla prova i miei giudici e i miei censori: una speciale messa alla prova. Provate voi a pagare la bolletta del gas senza aver ricevuto il misero (non per voi chiaramente) stipendio! Messi alla prova voi, miei censori, su come pagare affitto o mutuo senza percepire ciò che per contratto vi è dovuto! Messi alla prova voi, cari amici, su come riempire il  frigorifero o rifornire la dispensa di cibo, senza quattrini nelle tasche perché qualcuno tentenna o temporeggia per mesi nel pagamento delle stipendialita’. Con buona pace di Falcone e Borsellino, e me ne scusino loro, oggi nelle mie orecchie di cittadino perbene ma condannato risuonano piuttosto le parole del grande Antonino Caponnetto: ‘Tutto è finito’! La tensione morale seguita alla morte di Falcone e Borsellino, aggiungo io, è finita. Come vittima di ingiustizia, vittima tuttavia punita, con il maestro del film di Gian Paolo Cugno del 2006, dico: Salvatore, questa è la vita!”.

Il mio incontro con Costantino finisce così, lui deve correre perché lo hanno chiamato e io non voglio banalizzare la chiusura del suo racconto con qualcosa di mio che sento superfluo. Ho capito, mi ha fatto capire, mi ha fatto riflettere: in fin dei conti siamo tutti al giudizio della nostra coscienza.

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