Con la pandemia va riconsiderata l’impostazione del Recovery Fund

11 febbraio 2021
  • La partita del Recovery Fund è ancora tutta da giocare. Ma…
  • Perché l’Alta Velocità va a Bari e non deve scendere a Reggio Calabria e proseguire verso Palermo?
  • Sbagliato insistere sui giganteschi e irrazionali processi di concentrazione produttiva, finanziaria e demografica
  • Non possiamo escludere che il paradigma economico da seguire sia quello schumpeteriano della creatività distruttiva del capitalismo

di Antonio Piraino

La partita del Recovery Fund è ancora tutta da giocare. Ma…

Sicilia, Sud ed Europa. La parola ai cittadini (organizzato da ECO’ SI’6 febbraio 2021). Innanzitutto un vivo ringraziamento al “Gruppo” del Professor Giovanni Ruvolo per questa tessitura di relazioni che ci permette oggi di affrontare un tema rilevante. E una costatazione: siamo stati fortunati! Infatti poteva essere la nostra una dotta disquisizione a giochi sostanzialmente fatti dal governo Conte. Invece, come è filtrato da più fonti, la partita sul Ricovery Fund è tutta da giocare, tutta da riscrivere, anche se sarà velocissima. E meno male! Perché l’approccio seguito non era assolutamente innovativo. Dietro lo “scudo” di un documento strategico/tecnico si sono – come sempre – definite “linee” di intervento generale apparentemente oggettive ma di fatto cariche di conseguenze politiche concrete e dentro “linee” generali si sono previste scelte specifiche.

Perché l’Alta Velocità va a Bari e non deve scendere a Reggio Calabria e proseguire verso Palermo?

Faccio due esempi: 1) a pag 93 si legge testualmente: “Si estenderà l’Alta Velocità al Sud lungo la direttrice Napoli-Bari, che viene conclusa, e con la massima velocizzazione della Salerno-Reggio Calabria ottimizzando gli interventi. Infine si velocizzerà il collegamento diagonale da Salerno a Taranto e la linea Palermo-Catania-Messina.” Perché l’Alta Velocità va a Bari e non deve scendere a Reggio Calabria e proseguire verso Palermo?
2) a pag 105 si legge testualmente: ”Porti e intermodalità collegati alle grandi linee di comunicazione europea e nazionali e per lo sviluppo dei porti del Sud. Principali priorità: sviluppo dei porti di Genova e di Trieste!
Per non parlare della esclusione senza dibattito del Ponte sullo Stretto. Tutto questo oggi torna in discussione.

Sbagliato insistere sui giganteschi e irrazionali processi di concentrazione produttiva, finanziaria e demografica

Allora vediamo di riassettare il ragionamento/riflessione fuori da schemi dati. In questa prospettiva vanno fatte alcune riflessioni preliminari fuori dal coro. La prima. Il Ricovery Plan non è – non può essere – oggettivamente la madre di tutte le speranze del Paese, lo dicono i numeri. Su 209 miliardi 65,7 miliardi sono per progetti già in essere in parte finanziati. Quindi le risorse aggiuntive saranno 144,3 miliardi, considerato che si dovranno spendere entro il 2026 con 1/2 anni di tolleranza, significa che dobbiamo “spalmarli” in 7 anni! In altri termini si tratta di una spesa aggiuntiva di 20 miliardi annui. Ricordo così per memoria che la perdita di PIL 2020 è stata 157 miliardi (1.787,7 per 8,8%) e che, sempre con riferimento al 2019, la perdita di PIL 2021 sarà, seppure in diminuzione, almeno 100 miliardi. Sempre nel 2020 il debito pubblico è cresciuto di 194 miliardi! Se vogliamo poi rapportare le risorse del Ricovery Plan ai grandi temi sul tappeto come Reddito di Cittadinanza e Quota 100 è significativo osservare che queste singole misure valgono ciascuna più di 10 miliardi annui. Questo per capire che il problema del Paese è più complesso e drammatico e che i nodi prima o poi bisognerà affrontarli! La seconda. Il Ricovery Plan è stato scritto a prescindere da una riflessione seria sulla pandemia, su ciò che essa mette in discussone e soprattutto sulla convinzione che ne saremo fuori presto. Un extraterrestre leggendo il documento non capirebbe assolutamente quello che l’umanità sta vivendo. Proprio per questo, in estrema sintesi, il Ricovery Plan è un classico prodotto di impostazione Keynesiana tradizionale. Ecco, io credo che invece bisogna insistere sulla riflessione intorno alla pandemia e a ciò che mette in discussione. Dal mio punto di vista essa colpisce al cuore il modello economico fondato – in nome dell’efficienza che ha dimenticato l’efficacia – sui giganteschi e irrazionali processi di concentrazione produttiva, finanziaria e demografica, in uno con l’idea dello sviluppo lineare quantitativo al di là delle parole magiche: Digitalizzazione e Transizione Ecologica.

Non possiamo escludere che il paradigma economico da seguire sia quello schumpeteriano della creatività distruttiva del capitalismo

Da qui bisognerebbe ripartire! Per immaginare un’economia circolare e diffusiva che punti a destrutturare il gigantismo economico e finanziario e le paurose concentrazioni demografiche. E’ radicalmente diverso puntare a culture e allevamenti intensivi rispetto a quelli estensivi; a costruire immensi parchi eolici e/o fotovoltaici anch’essi distruttivi di ecosistemi o trasformare le città e le aziende agricole in produttori diffusi di fonti rinnovabili; non basta immaginare il restayling dei borghi minori senza una decisa azione di valorizzazione dello Smart Working. Per aprire una riflessione sul modello economico da seguire in questo preciso momento storico. Detto in una battuta e lo dico da keynesiano puro, se la pandemia dura ancora non possiamo escludere che il paradigma economico da seguire sia quello schumpeteriano della creatività distruttiva del capitalismo da contemperare con provvedimenti di garanzia universale delle condizioni di cittadinanza in uno Stato moderno e non quello keynesiano che ispira la versione in essere del Ricovery Plan. Si riaprirà il dibattito? Ci sarà una riflessione in questo senso pur nei tempi ristretti che abbiamo davanti?
Sono curioso di vedere il Draghi pensiero. In questo scenario possiamo fare 2 cose molto concrete: 1) individuare 7/10 priorità coerenti con un “nuovo futuro” da sottoporre al nascente governo; 2) esigere che ogni singola “componente o azione” del Ricovery Plan quantifichi la quota Mezzogiorno e la quota Sicilia. A leggere il documento si riscontrano decine di riferimenti alla quota Mezzogiorno, ma sfido chiunque a dire che è possibile avere un quadro di insieme e un tempo dettagliato delle risorse destinate al Mezzogiorno. Non parliamo della Sicilia che appare fortemente penalizzata come effetto combinato della composizione del governo Conte e dell’attuale governo regionale di centro-destra.

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