Esperienze di pre-morte/ Il racconto di Daniel Ardita: a Pachino è volato dalla moto nell’Aldilà e poi è tornato

10 febbraio 2021
  • “Noi siamo polvere di stelle e dentro di noi raccogliamo tutte le specie presenti sulla Terra”
  • Da Madrid in vacanza in Sicilia, a Pachino. Al tramonto, sulla moto a 120 Km l’ora… 
  • ” … improvvisamente apparve una luce impressionante, tutto era bianco: il suolo, il cielo, davanti a me tutto era di un bianco intenso…”
  • “… come fa lei a sapere che a guidare l’ambulanza è mio marito?” 
  • “… in quel momento apparve un’immagine come di un tubo con una bolla nel centro…”
  • “… e quando le descrissi il signore che stava fermo dietro mi disse: “Mi stai descrivendo mio padre e mio nonno…”
  • “… ti hanno salvato da lassù, eri morto e sei tornato!”

“Noi siamo polvere di stelle e dentro di noi raccogliamo tutte le specie presenti sulla Terra”

Antonella Barone (nella foto) vive a Torre Salsa, il tratto di costa che corre tra Eraclea Minoa e Montallegro, in provincia di Agrigento. Abita in una casa bellissima – la ‘Dimora del vento’ – dove natura e arte si fondono. Antonella è un’artista. La sua casa è meta di scrittori, pittori, scultori che arrivano da tutto il mondo. Nell’anima di Antonella si intravede una luce che non è facile osservare e capire. La ragione non basta. E’ una luce interiore. “Perché l’arte – ci dice – come la scienza studia l’invisibile”. Arte e natura. Il carrubo e i cristalli… “I cristalli – aggiunge Antonella – sono suono e movimento” (QUI IL VIDEO CON I CRISTALLI). Ad Antonella, donna affascinante e misteriosa, dobbiamo la testimonianza di pre-morte di Daniel Ardita. Sulla pagina Facebook di Antonella abbiamo ascoltato le parole di Daniel (qui il video di Daniel con Antonella che lo intervista). La sua casa è anche luogo di condivisione di esperienze di pre-morte. Così abbiamo chiesto a Daniel di raccontare per i nostri lettori la sua storia, da Madrid – dove viveva prima che “cominciasse tutto” – alla Sicilia. Eccola.  

di Daniel Ardita

Da Madrid in vacanza in Sicilia, a Pachino. Al tramonto, sulla moto a 120 Km l’ora… 

Mi chiamo Daniel Ardita, sono nato e cresciuto in Argentina, ho 49 anni e oggi mi dedico alla bio edilizia e alla permacultura. Racconto questa storia accaduta quando avevo 35 anni. In quel momento vivevo a Madrid e lavoravo nel mio studio come avvocato specializzato in diritto internazionale. Vivevo una vita “normale”, dove era importante vivere bene, fare soldi e raggiungere i miei obiettivi personali. La morte era per me uno stato della materia, non credevo nell’Aldilà, tanto meno nella reincarnazione e in nessun tipo di religione, anche se cresciuto secondi i dogmi della religione cattolica. Una delle mie passioni che più seguivo era viaggiare in moto. Nel momento dell’incidente ero all’apice della mia vita, navigavo col vento in poppa, avevo raggiunto il successo professionale, insegnavo all’università autonoma di Madrid, economicamente stavo bene e godevo della libertà di essere single, fino a quando improvvisamente la vita mi diede uno schiaffo per svegliarmi. Stavo conducendo la moto in una piccola strada che da Pachino va a Pozzallo, la famosa SP44. Sorpassando una macchina, a 120km/h, non mi resi conto che dopo la curva stava arrivando un’auto. Cercai di schivarla ma fu inutile. Andavo senza casco, in costume, appena salito dal mare, indossavo solo gli occhiali da sole. Stavo godendo dell’aria fresca del tramonto. Il parabrezza della macchina impattò il mio petto rompendomi lo sterno e tre costole, mentre la testa colpì il tetto dell’auto. Il secondo impatto fu contro il lato sinistro del veicolo, infilandomi l’antenna della radio nell’arteria femorale. Terminai bruciandomi la schiena contro l’asfalto. Era la Domenica del 20 Agosto 2006. E qui è dove comincia il vero viaggio, il viaggio verso ‘dentro’.

” … improvvisamente apparve una luce impressionante, tutto era bianco: il suolo, il cielo, davanti a me tutto era di un bianco intenso…”

Mentre qualcuno sta scrivendo per me, mi sorprende il momento, visto che è la prima volta nella mia vita che sto mettendo in parole, per iscritto, quello che mi successe in questa isola 14 anni fa. A poco a poco il mormorio della gente intorno a me si spegneva. Il silenzio cominciava a farsi sempre più profondo. Un piccolo suono acuto fu l’ultima cosa che sentii in questo mondo. Improvvisamente apparve una luce impressionante, tutto era bianco: il suolo, il cielo, davanti a me tutto era di un bianco intenso, e sentì una pace, una tranquillità indescrivibile. In quell’istante improvvisamente iniziarono a passarmi immagini della mia vita: da quando ero piccolo fino agli ultimi istanti… Una successione di immagini e un suono di fondo simile a quello di una cassetta quando si manda avanti velocemente. Non potevo capire una parola, però mi arrivò la comprensione di quello che credevo significasse essere vivo. In quel momento fu come un dialogo, dove mi resi conto che la cosa più importante l’avevo sempre data per scontata. Ho pensato: “Sono morto, sto morendo” e mi prese un’ansietà e la prima cosa che mi venne in mente furono i miei figli. E quando mi chiesi: “Sono morto?”, ho sentito chiaramente una presenza che non aveva corpo ma che potevo percepire come se lo stessi guardando negli occhi. E la risposta fu: dipende da te. E io dissi: “Voglio tornate, voglio tornare!”. E istantaneamente, come cadendo con un paracadute dal cielo, vidi la scena di me con attorno tutte le persone, e improvvisamente caddi e vidi il cielo. Poco a poco iniziai a sentire i rumori intorno a me, il corpo era come spento, potevo solo vedere e sentire. Una voce mi parla e io non potevo sentire cosa mi stava dicendo. La prima cosa che feci fu sentire le mie mani. Portai le mani agli occhi e vidi che le potevo muovere. E iniziai a sentire tutto il corpo, e cercai di muovermi. Sentivo un buco enorme nel petto, come se fosse esploso, e c’era un’infermiera che mi stava mettendo una benda in testa, la guardai e le chiesi: mi posso toccare?

“… come fa lei a sapere che a guidare l’ambulanza è mio marito?” 

E mi toccai il petto. Quando mi toccai corse come una corrente elettrica in tutto il petto. Tornai a guardare le mani e non vidi sangue. Chiesi all’infermiera come si chiamava e lei disse Angela, e le chiesi come si chiamava suo marito, che guidava l’ambulanza, e lei mi rispose: ma tu come sai che è mio marito? Fabio, si chiama Fabio. In quel momento mi caricarono sull’ambulanza e l’infermiera mi disse che era successo un miracolo, che ero morto ed ero tornato, e che stava arrivando un’altra ambulanza, con il sistema RCP e che in maniera improvvisa avevo aperto gli occhi. Io rimasi in silenzio, sentendo il dolore delle costole e il movimento dell’ambulanza. Fino all’arrivo all’ospedale di Modica. Erano le 19.30. Arrivò una dottoressa e la prima cosa che chiesi fu: tu come ti chiami? E lei rispose: io sono Salvazione. In quel momento quei tre nomi mi stavo dando dei messaggi, e io non sapevo che mi era successo, se il colpo alla testa era stato tanto forte da avermi fatto vedere cose della mia vita, se la luce era per la forza dell’impatto, se il f atto di sapere che il marito guidava l’ambulanza lo avevo sentito in un qualche momento. Il mio livello di confusione era tanto grande che solo volevo sapere come stavo dentro. Mi fecero una tac al cervello e un’ecografia al petto e all’addome. Mi portarono nel reparto di terapia intensiva, mi iniettarono un calmante, e non fu prima delle 23 che mi svegliai. Sentivo come se fosse stato un incubo, sentire il dolore nel petto, nelle costole, però mi sentivo bene, così mi misi in piedi e cercai di uscire dalla camera. Passò un’infermiera e mi disse: ma cosa fai? Non ti puoi alzare, sei in terapia intensiva! E io dissi: ma voglio andare a fumare una sigaretta! E lei: ma non ti rendi conto che il tuo petto si è schiantato contro un’auto e che sei vivo per miracolo? Vatti a sdraiare che non è il momento. Tra un attimo ritorno e ti porto al balcone con una sedia a rotelle, aspettiamo però che i medici se ne vadano così non avrò problemi. Ancora continuo con questo vizio, che mi mostra come l’essere umano può inciampare sulla stessa pietra più volte, e lo stesso non imparare. Lo dico come un atto di umiltà, visto che quel momento quasi non esisteva nel mio concetto della vita, quanto l’arroganza e l’ego di un giovane avvocato la coprivano tutta.

“… in quel momento apparve un’immagine come di un tubo con una bolla nel centro…”

Però ora arriva la parte che più mi ha aiutato a cercare risposte. Alle 00.30 tornò l’infermiera con la sedia a rotella e come mi aveva promesso mi portò al balcone. Pensavo che avrei visto il mare, pensavo che avrei respirato l’aria salmastra, invece si vedevano solo le luci di una piccola città, grigia e silenziosa. Al primo tiro della sigaretta, senza sapere cosa era successo in quel momento, mi trasportarono nel bianco, tutto bianco assoluto. Però questa volta mi insegnarono a guarirmi. Un’altra voce queste voci, come di una cassetta velocizzata, mi dicevano che l’essere umano ha il potere di parlare con ogni cellula del suo corpo. In quel momento apparve un’immagine come di un tubo con una bolla nel centro. E mi dicevano che dovevo aumentare il ritmo cardiaco, la temperatura del corpo, e visualizzare che questa bolla diminuiva, come il sangue che passava ai bordi si sfaldava poco a poco fino a sparire. Dopo di che mi mostravano le costole e che dovevo visualizzare un raggio bianco dorato e vedere come si doveva ricostruire l’osso. Mi sveglia il giorno successivo con la voce dell’infermiera che mi parlava in spagnolo perché veniva dal Venezuela. Mi diceva: appena hai dato il primo tiro alla sigaretta ti è venuta una convulsione, sei diventato bianco, non respiravi più e ti abbiamo portato velocemente dentro e ho chiamato i medici che hanno provato a rianimarti. Pensavano che fossi in coma. Senza dubbio per me era stato un sogno. Quella mattina io non sapevo cosa fosse successo, non capivo niente. Non sapevo se quel momento era immaginazione, se realmente erano voci che mi parlavano o se stavo impazzendo per il colpo alla testa. Dopo mezz’ora arrivò un infermiere con il camice e mi disse che dovevano farmi altri esami, mi portarono giù e mi fecero un’altra tac e un’altra ecografia. Verso le 9.30 della mattina mi alzai e inizia a parlare con i parenti delle altre persone ricoverate. Mi sentivo bene, volevo andarmene dall’ospedale. Allora arrivarono 3 medici che chiedevano di me. Io arrivai da dietro trascinando la flebo e dissi: sono qua, voglio sapere come sto! Nessuno mi ha detto niente. Il medico più anziano mi chiese per favore di sedermi. Mi disse: ieri sei entrato all’ospedale con un trauma cranico severo e nella tac se vedeva una bolla, un coagulo formato con l’impatto. Nella tac di questa mattina il coagulo è sparito. Non ci possiamo credere è un miracolo. Lo chiamiamo un caso di guarigione spontanea. Mi dissero che dovevo stare internato per 3 giorni in osservazione, mentre io volevo andarmene perché mi sentivo bene solo mi facevano male le costole. Dopo aver insistito mi lasciarono andare un giorno prima, presi un volo e tornai a Madrid.

“… e quando le descrissi il signore che stava fermo dietro mi disse: “Mi stai descrivendo mio padre e mio nonno…”

Arrivato a Madrid andai dal mio medico di base con lo studio che mi fecero in Sicilia. Mi fece una radiografia del torace e mi disse: Daniel, è davvero incredibile, hai le costole già quasi guarite. Dopo aver parlato col medico non sapevo ancora cosa mi era successo e volevo risposte, se veramente era un messaggio, un’altra forma di comprensione della vita. Il mio pensiero strutturato, fortemente scettico, abituato alla logica razionale, cercava prove dell’esistenza di un miracolo, voleva capire con la ragione, cosa che imparai col tempo. La sorpresa venne durante la settimana del mio ritorno. Mi sentivo bene e degli amici mi invitarono ad una festa dove conobbi una ragazza e finimmo la notte nel suo appartamento in centro. Dopo aver fatto l’amore, erano le 5 della mattina, tutta l’abitazione era buia, e improvvisamente mi svegliai. C’era un signore che mi stava afferrando l’alluce, e mi diceva che non voleva che stessimo facendo sesso nella stanza di sua figlia. Dallo spavento che presi diedi una gomitata alla ragazza che stava dormendo e le dissi di accendere la luce. Lei, appena accesa la luce, mi chiese che stava succedendo. L’avevo spaventata. In quel momento la guardai e pensai che, se le avessi detto quello che avevo appena visto, mi avrebbe preso per pazzo. La prima notte che mi conosce e le dico quello che ho visto. No, pensavo. Ma alla fine glielo dissi. Ed effettivamente mi disse che ero pazzo e che vedevo i morti. Erano due fantasmi? “Dimmi allora come erano questi fantasmi?”, mi chiese. Allora io gli dissi come era questo signore: un vecchio con i capelli bianchi indietro, una giacchetta blu, con due tasche davanti. La ragazza iniziò a cambiar espressione del volto, aveva paura. E quando le descrissi il signore che stava fermo dietro mi disse: “Mi stai descrivendo mio padre e mio nonno. Per favore, domani devi parlare con mia mamma”. E io le dissi che non ci pensavo assolutamente! E insistette tanto che parlassi con sua madre, che credeva negli spiriti, e allora lo feci.

“… ti hanno salvato da lassù, eri morto e sei tornato!”

Il giorno successivo andammo da sua madre che viveva nella porta accanto. La signora, tutta tirata, mi guardava dall’alto in basso, ma non mi parlava. Diceva a sua figlia: “Guarda, io non so chi è questo signore, ma effettivamente questo appartamento era gigantesco e quando ci siamo sposati con tuo padre abbiamo diviso questo appartamento e dove tu stai adesso era la mia stanza”. Quando uscimmo dall’appartamento avevo la certezza che quel fantasma era lì e che mi avevo dato informazioni che era impossibile che io potessi conoscere. Questa fu la prima di varie esperienze paranormali che accelerarono il mio processo di ricerca, fino a comprendere che dovevo incontrare qualcuno che mi aiutasse. Stavo tenendo tutta questa storia segreta per quasi un anno, durante il quale stavo soffrendo di convulsioni improvvise e ogni volta mi arrivavano nuove informazioni. Andai all’ospedale neurologico di Madrid e mi sottomisi ad ogni tipo di prove, mi attaccavo elettrodi alla testa e mi tenevano sveglio giorno e notte con tutti i tipi di luce contro gli occhi. Tutti gli studi dicevano solo che avevo un’alterazione elettromagnetica al cervello. Le risposte dei medici non erano sufficienti, fin quando un giorno raccontai la mia storia ad un’amica che, dopo avermi ascoltato, mi suggerì di visitare una guida spirituale che aveva molto potere. Io risposi che sì volevo andare, subito, senza chiamare per un appuntamento, per evitare che la persona potesse avere qualunque informazione prima del mio arrivo. Ci presentammo e dopo di aver aspettato cinque ore mi ricevette. Chiuse gli occhi e cominciò a fare simboli con le mani e mi disse: hai una lesione alla 5 vertebra lombare da quando sei giovane, ed effettivamente così era. Successivamente mi disse: ti sei rotto 3 costole e lo sterno, in un incidente da poco successo e improvvisamente aprì gli occhi e mi disse: ti hanno salvato da lassù, eri morto e sei tornato!

“…la cosa più difficile è essere testimoni della nostra mente…”

Durante quell’anno, oltre ai morti, quando conoscevo persone mi arrivavano immagini che non potevo capire e questa persona mi spiegò che erano facoltà che alcune persone avevano e per qualche motivo si erano svegliate durante l’incidente. Dopo tre anni lasciai tutto, l’avvocatura, lo studio, la mia seconda moglie, e iniziai a lasciarmi guidare dai messaggi che mi arrivano nei sogni. La sincronia che iniziai ad osservare e a seguire si univano una con l’altra magicamente. L’illusione di quello che credevo fosse la vita mi portò a ritirarmi dal mondo e andai a vivere come un eremita sulla cima di una montagna in Bolivia. Iniziai a relazionarmi con la natura, con il vento, col sole, con gli uccelli. Persi il contatto con quasi tutto il mondo. Appresi il sapere della terra, della costruzione naturale, della coltivazione, dei cicli degli alberi. E mi resi conto che vivere in una maniera semplice, con il minimo, era quello che più mi piaceva. E ora sono di nuovo in questa isola che mi ha visto nascere per la seconda volta, convertito in un’altra persona. Non ho paura della morte, la morte mi accompagna ogni giorno. Non ho piani a lungo termine, ringrazio ogni volta che il sole sorge e tramonta. Grazie. Spero che questa testimonianza possa servire per la crescita delle persone. Ognuno ha il suo proprio cammino e la cosa più difficile è essere testimoni della nostra mente, per capire che la cosa più importante è essere presente, qui ed ora, senza alcuna aspettativa.

 

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