La donna uccisa a Palermo dal marito. Perché tante donne uccise dagli uomini?

7 febbraio 2021
  • “… e tu invece cos’ha fatto? Sei stato tanto migliore?”
  • Un’altra donna uccisa a pochi giorni dall’omicidio della diciassettenne, Roberta Siragusa
  • Michela Murgia: “… l’esatta misura di come debba essere una donna in questo Paese la vuol decidere sempre qualcun altro, metro alla mano” 

“… e tu invece cos’ha fatto? Sei stato tanto migliore?”

Uccisa una donna a Palermo. La vittima si chiamava Piera Napoli. Aveva 32 anni. Cantava. Era una cantante melodica piuttosto conosciuta nell’ambiente. Ad ucciderla sarebbe stato il marito, Salvatore Baglione, 37 anni. Tre bambini sono rimasti senza mamma. I due – così riferiscono le cronache – negli ultimi tempi litigavano spesso. Era pensabile un finale così tragico? Siamo rimasti molto colpiti dal finale dell’articolo del quotidiano La Sicilia: “… una donna, amica della vittima, scrive rivolgendosi al presunto omicida: «Eravate una coppia bellissima da fare invidia per quanto vi amavate, avevamo un rapporto veramente da veri fratelli quando sentivamo che un marito aveva ucciso sua moglie o un ragazzo la sua ragazza tu dicevi “sorè ma come fanno, indegni non si fanno queste cose” e invece tu cosa hai fatto? Sei stato tanto migliore? Hai ucciso tua moglie, una moglie davvero meravigliosa tutta per i suoi figli e per te non ci posso ancora credere»”.

Un’altra donna uccisa a pochi giorni dall’omicidio della diciassettenne, Roberta Siragusa

Nel Novembre dell’anno scorso ricordiamo di aver letto il seguente articolo: “Il 2020 è stato l’anno peggiore per i femminicidi“. Cerchiamo di interrogarci. Ma non sempre troviamo risposte. Nei giorni scorsi l’uccisione di una ragazzi di 17 anni, Roberta Siragusa. Ad ammazzarla, secondo gli inquirenti, sarebbe stato il fidanzato. Raccapriccianti i particolari del delitto. Molto amara la spiegazione dell’uccisione della diciassettenne da parte della criminologa: “Il passaggio della testa rasata – se confermato dalle indagini – è indicativo della personalità malata dell’assassino, che non si è soltanto limitato ad uccidere la giovane, ma ha voluto anche umiliarla distruggendo la sua bellezza, cancellando tutto ciò che in qualche modo poteva renderla appetibile ed attraente agli occhi degli altri. L’ha voluta in sostanza annientare sotto ogni punto di vista. Ha voluto privarla di ogni valore aggiunto, fino ad eliminarne l’identità”.

Michela Murgia: “… l’esatta misura di come debba essere una donna in questo Paese la vuol decidere sempre qualcun altro, metro alla mano” 

Cinque anni fa la scrittrice sarda Michela Murgia, commentando l’uccisione di una donna ha scritto: “Non occorre cercare tanto: lo sappiamo da anni che le cause sono culturali… è il frutto del processo sociale, di una cultura, che costruisce e alimenta in tutti e in tutte noi l’idea che una donna sia una cosa (“sei mia/sono sua”) o una funzione (“la moglie/fidanzata/figlia/sorella/madre”), ma mai una persona dotata di autonomia. Quella cultura è fatta di tante cose. La prima è il rifiuto di molti ad accettare che il maschilismo esista e faccia ogni anno decine di morti. Negare che esista è un modo per continuare a pensare che quelle morti sono tutti raptus, tutti gesti inconsulti, tutte eccezioni… Poi c’è la resistenza ai programmi scolastici di educazione contro gli stereotipi di genere: a dire uomo, donna, amore e addio si impara, ma in Europa i soli paesi che non lo insegnano sono l’Italia e la Grecia. Disastrosa è anche la leggenda che esista una ‘Famiglia Naturale’ con ruoli maschili e femminili immutabili, e quindi guai a chi sottrae. Infine, ma non certo per importanza, c’è il vergognoso taglio dei fondi ai centri antiviolenza, gli unici dove le donne trovano consiglio e rifugio”. Michele Murgia, in questo suo articolo del 2016, commenta l’uccisione di Sara Di Pietrantonio, bruciata dall’ex fidanzato: “Allo stesso modo mettere la foto dell’assassino e della vittima insieme abbracciati realizza i sogni dell’omicida: ricomporre nella morte la storia d’amore che non c’era più. Accanto alla notizia dell’omicidio di Sara, ieri su un quotidiano on line c’era un boxino con la foto di una concorrente di Miss Italia misurata col metro da un compiaciuto uomo-giudice. Era la migliore metafora del fatto che l’esatta misura di come debba essere una donna in questo Paese la vuol decidere sempre qualcun altro, metro alla mano. Se permetti che a definire quanto vali sia un altro, quel metro può assumere tutte le forme che vuole, persino quella di una tanica d’alcool”.

Foto tratta da La Voce di Venezia

 

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