Formazione: una battaglia di civiltà contro chi, dalla Sicilia a Roma, discrimina e opprime i lavoratori disoccupati

1 febbraio 2021
  • Intanto stamattina comincia a Palermo il presidio di lavoratori disoccupati della Formazione che durerà tre giorni
  • Una discriminazione senza fine che in Sicilia ha penalizzato centinaia di famiglie, precludendo a tanti giovani di dare vita a nuove famiglie 
  • Interdetti anche dalle graduatorie ATA: così ha stabilito il MIUR
  • La parità di trattamento negata
  • La divisione in privilegiati ed oppressi
  • Ieri ricorrenza di San Giovanni Bosco, padre fondatore degli istituti di Formazione 

da Margherita Cucinella
coordinatrice regionale Sifus Confali Formazione professionale Sicilia
riceviamo e pubblichiamo

Intanto stamattina comincia a Palermo il presidio di lavoratori disoccupati della Formazione che durerà tre giorni

Come è noto ormai a tanti, ogni 3 anni il MIUR pubblica un bando di concorso finalizzato all’inserimento di personale ATA (Amministrativo, Tecnico, Ausiliario) in terza fascia nelle graduatorie scolastiche a sostituzione delle precedenti. La terza fascia, dunque, rappresenta il primo, indispensabile ingresso per passare successivamente alla seconda fascia, poi alla prima, fino a raggiungere il ruolo nel profilo di interesse. Una grande opportunità quindi, per chi è alla ricerca di un lavoro e che, avendo i requisiti, può contare su un triennio lavorativo che potrebbe garantirgli la stabilità. Stabilità che oggi appare una chimera che mette a rischio il futuro di tanti disoccupati, ma ciò che merita di essere discusso nella sua più ampia importanza, riguarda soprattutto il concetto di uguaglianza.

Discriminazione che ha penalizzato centinaia di famiglie, precludendo a tanti giovani di dare vita a nuove famiglie 

Quell’uguaglianza di cui molto spesso non hanno beneficiato i lavoratori della Formazione professionale siciliana, una platea di lavoratori licenziati illegittimamente e ripetutamente ignorati da chi ci amministra e da chi dovrebbe tutelarli. Madri e padri a cui è stato impedito di mantenere la propria famiglia, ma anche uomini e donne a cui è stata preclusa la possibilità di crearsi una famiglia, perché hanno avuto la sola colpa d’aver lavorato in un settore che favorisce gli illeciti e punisce irrimediabilmente gli onesti lavoratori, esclusi da ogni forma di sostegno economico persino in piena emergenza pandemica.

Interdetti anche dalle graduatorie ATA: così ha stabilito il MIUR

Ordunque, comprendo benissimo che il concetto di uguaglianza è un concetto mutevole che evolve di pari passo con l’evoluzione della società e dei costumi, trovando un proprio peculiare ubi consistam nella diversità del contesto sociale in cui opera, ma stavolta faccio davvero fatica a trovare un giustificato motivo per cui non sia ritenuto applicabile allo stesso modo ai lavoratori della Formazione professionale, esclusi costantemente da ogni progetto di ricollocazione e adesso interdetti anche dalle graduatorie ATA. A parer mio è inconcepibile che si separi il binomio istruzione/formazione attraverso l’esclusione degli operatori della Formazione professionale dal loro stesso settore. Sarebbe come escludere gli operatori sanitari dagli ospedali, o gli operai da una fabbrica, è una evidente e paradossale stortura! E poi, sinceramente, mi chiedo se le competenze del personale amministrativo, tecnico, ausiliario della Formazione professionale non siano le stesse di quelle svolte dal personale in servizio nelle scuole statali. A questo punto sarebbe opportuno capire meglio i criteri adottati dal MIUR che stabilisce una discriminante differenza tra una segretaria della scuola statale ed una segretaria della Formazione professionale. Entrambe svolgono le stesse mansioni e si adeguano a lavorare su qualsiasi piattaforma. O, ancora, un ausiliare della Formazione professionale pensate che utilizzerebbe un metodo diverso per maneggiare scopa e paletta per garantire l’igiene dei locali scolastici, rispetto ad un ausiliare della scuola statale, o che addirittura per accedervi dovrebbe possedere almeno il diploma di qualifica triennale? Perché stando così le cose, tutti quei lavoratori che hanno prestato servizio con la licenza media, giusto perché al momento della loro assunzione la legge lo consentiva come requisito di accesso, adesso si ritroverebbero interdetti da qualsiasi mansione. C’è da complimentarsi vivamente con chi predispone le regole in materia di occupazione ed impiego!

La parità di trattamento negata

Siamo nel XXI secolo e non si riesce ad assicurare ad ogni persona la parità di trattamento e protezione efficace contro determinate discriminazioni, si accentuano le differenze, si creano fasce deboli destinate all’estinzione, precludendogli l’accompagnamento al pensionamento e privandoli di ogni sostegno economico. Qualcuno ha mai pensato che questo è il modo più disumano di trattare i lavoratori e come si possa continuare a vivere in questo modo? Tutto questo sa dell’incredibile, ma purtroppo corrisponde alla triste realtà e la dimostrazione della netta disparità di trattamento ci è pervenuta lo scorso Giugno, proprio dal capo dipartimento del MIUR, Marco Bruschi, rispondendo ad una richiesta di chiarimento dell’assessore Roberto Lagalla relativamente alla valutazione dei titoli di servizio prestati nella Formazione professionale. Avere appreso che non vi è alcuna disposizione, da parte del MIUR, che consenta di procedere all’equiparazione tra la modalità organizzativa delle scuole statali e paritarie, con quella dei centri di Formazione operanti in regime di convenzione ha accentuato quell’inspiegabile differenza tra i lavoratori provenienti dal medesimo settore ed ha generato molti dubbi su alcuni Dirigenti Scolastici che, arbitrariamente, hanno scelto di riconoscere il punteggio svolto nella Formazione professionale soltanto ad alcuni lavoratori. È chiaro che il mio obiettivo non è quello di mettere sotto accusa i magnanimi D.S. per aver ignorato le direttive ministeriali, ma piuttosto chiedere a tutti di uniformarsi ed invitarli ad un comportamento antidiscriminatorio, perché la loro scelta, pur passata in silenzio, si rivela un compendio di principi e direttive discriminatorie che non lasciano indifferenti i lavoratori rimasti fuori da una graduatoria in cui intravedevano l’uscita dal tunnel.

La divisione in privilegiati ed oppressi

I D.S. non possono trasformare l’inserimento nella graduatoria in una vera e propria lotteria, piuttosto bisogna definire meglio le caratteristiche di inserimento ed eliminare quelle che rappresentano l’evidente discriminazione. Intanto la nostra organizzazione sindacale, la scorsa settimana, si è attivata tramite video conferenza per chiedere al Sottosegretario al Lavoro ed alle Politiche Sociali, on. Steni Di Piazza, e al parlamentare regionale Nuccio Di Paola di perorare la nostra causa, perché l’attenzione di chi interpreta le norme adesso dovrà spostarsi verso l’interpretazione conforme, quale meta-principio di uguaglianza e di non discriminazione. Questa sarà una sfida centrale non solo per me ed il sindacato che rappresento, ma anche per l’interpretazione giurisdizionale a cui si dovrà ricorrere, perché l’uguaglianza non dovrà essere competenza dei più caritatevoli, ma un principio generale che taglia trasversalmente la discriminazione. E se chi ci amministra e chi dovrebbe tutelare i lavoratori si arroga il diritto di dividere il mondo in lavoratori privilegiati e lavoratori oppressi, io allora reclamo il diritto di dividere il mondo in privilegiatori da un lato ed oppressori dall’altro.

Ieri ricorrenza di San Giovanni Bosco, padre fondatore degli istituti di Formazione 

Non tener conto di ciò che stanno subendo i lavoratori, per me significherebbe lasciare pieno gioco ai rapporti di forza e gli operatori della Formazione professionale sono ormai stremati dai ripetuti soprusi e dalle gravi omissioni da parte delle istituzioni. Proprio ieri è stata la ricorrenza di San Giovanni Bosco, padre fondatore degli istituti di Formazione che un tempo avevano di certo più nobili finalità, dobbiamo forse rivolgere a lui le nostre preghiere? Perché diciamolo, quale operatore della Formazione accetterebbe di affidare alla sorte il proprio futuro lavorativo, quando ormai è evidente che di buona sorte questi lavoratori non ne hanno avuta sin dal giorno in cui hanno varcato la soglia di un centro di Formazione professionale!

 

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