Ha ragione il professore Costa: per la Sicilia (e per il Sud) non c’è alternativa all’indipendentismo!/ SERALE

23 gennaio 2021
  • Già quest’anno, con il taglio di 60 milioni di euro, in Sicilia ci saranno ‘casini’
  • L’Indipendenza, per la Sicilia, in un’Italia coloniale, non ha alternative
  • Il Recovery farà la fine del Piano Marshal, quasi tutto al Nord e quasi nulla al Sud? Sembra di sì
  • La fonte della foto (sopra) con la ripartizione dei fondi del Piano Marshal è autorevole 
  • Se il Governo Conte andrà a casa ci potrebbe essere la possibilità di sputtanare tutta la vecchia politica italiana ‘nordista’

Già quest’anno, con il taglio di 60 milioni di euro, in Sicilia ci saranno ‘casini’

Su un punto coloro i quali si battono per una Sicilia libera dal colonialismo italiano dovrebbero concordare: non c’è un’alternativa all’Indipendenza della nostra Isola. Noi che siamo un po’ sognatori, ebbene, sogniamo una Sicilia che ricalchi il modello della Catalogna. Impossibile? Diciamo che, in questo momento è prematuro. Ma, come diremo in seguito, le cose possono cambiare. Soprattutto se la rapacità dello Stato italiano comincerà ad erodere i livelli minimi di esistenza: e già a partire da quest’anno, con il taglio dai fondi del Bilancio regionale 2021 di 60 milioni di euro imposti alla Sicilia dal Governo Conte bis – quello che cerca i ‘costruttori’ al Senato per tirare a campare – dovrebbero saltare i primi equilibri precari. Non sappiamo cosa decideranno di tagliare il presidente della Regione, Nello Musumeci, e il suo vice, l’assessore all’Economia, Gaetano Armao. Quello che sappiamo – e sfidiamo qualcuno a smentirci – è che la Regione siciliana non è in grado di reggere un taglio di 120 milioni di euro dal proprio bilancio in due anni: quest’anno e il prossimo anno (a meno che non si inventino qualcosa, come fece nel 1996 l’allora presidente della Regione siciliana, Giuseppe Provenzano).

Il Recovery farà la fine del Piano Marshal, quasi tutto al Nord e quasi nulla al Sud? Sembra di sì

L’obiettivo Indipendenza della Sicilia, per i siciliani he credono nella libertà, non è in discussione. Il problema è come arrivarci. Conviene puntare su una strategia di coinvolgimento di tutti i soggetti autonomisti, sicilianisti e indipendentisti per arrivare a una lista comune alle elezioni regionali del 2022? Massimo Costa, economista, indipendentista storico, non è molto convinto. E lo ha messo per iscritto: “In questi mesi e settimane molte persone vicine a Siciliani Liberi ma non facenti parte del partito indipendentista mi hanno chiesto più volte di tessere rapporti per far sì che una lista sicilianista si presenti in modo unitario alle regionali. Non credo di avere questo potere, ma non è di questo che voglio parlarvi. Voglio dirvi della mia ‘stanchezza’ quando sento dire: ‘Sì, ma non dobbiamo parlare di indipendenza, perché ai Siciliani non piace’. Ora, non lo so cosa ‘piace’ ai Siciliani. E potrei dire che ci sono (secondo me molto più di quello che si pensa) moltissimi indipendentisti, anche di varia estrazione ideologica. E questi molti o pochi che siano hanno diritto a vedere la loro possibilità di rappresentanza senza vedere annacquato il loro messaggio. Sono ‘stanco’ di spiegare le ragioni dell’indipendentismo (naturalmente di un indipendentismo maturo, che parta dalle istituzioni che ci sono, ‘u sacciu, basta!). Chi non le conosce è per un SUO difetto di formazione e di informazione. Non solo non si avvede delle continue angherie, dei continui soprusi fatti a nostro danno, ma non riflette neanche sui tempi lunghi. Qualcuno dice ‘sì, forse sarebbe giusto, ma ce lo possiamo permettere?’ di qua e di là. E allora, gira questa immagine sul web (vedere foto sopra). Vi confesso che non sono riuscito a risalire alla fonte, quindi non vi posso giurare che sia assolutamente vera. Ma è assai verosimile. In sostanza, quando l’Italia ripartì dopo la Guerra, il Piano Marshall venne tutto erogato al Nord, per poi sputarci in faccia. Ora, con tutta la miseria che è, anche il Recovery Fund farà la stessa fine. E anche la spesa sanitaria va calibrata al PIL. Quando una cosa va avanti da più di 100 anni e la musica è sempre questa cosa diavolo vi fa pensare che debba cambiare ‘un bel giorno’? Non cambierà mai! Finché saremo dentro l’Italia ne saremo colonia interna, e non saremo mai cittadini come tutti gli altri. Qualunque difficoltà dobbiamo affrontare uscendo da questa prigione, saremo liberi, torneremo a respirare. Dovranno rubare ad altri, o insultare ad altri. Perderemo tanto il danno quanto la beffa. Fratelli d’Italia? Ma vafanculu va… Basta, se vi sentite italiani, non contate su di me per trovare accordi per le prossime regionali, nel nome di un autonomismo fallito. Prenderemo DUE voti, ma saranno voti liberi e di Siciliani LIBERI!”.

La fonte della foto (sopra) con la ripartizione dei fondi del Piano Marshal è autorevole 

Cominciamo col dire al professore Costa che la fonte della foto che riporta la ripartizione dei fondi del Piano Marshal – prestito erogato all’Italia dagli Stati Uniti d’America all’indomani del secondo conflitto mondiale arriva da una forte autorevole: lo ha pubblicato un bravo collega giornalista – Raffaele Vescera – per rispondere al Ministro Luigi Di Maio, che si è lasciato andare con una dichiarazione confusa sul Recovery: “Il Recovery – ha detto Di Maio – equivale al Piano Marshall del dopoguerra. Dobbiamo sentire, seppur con modestia, quello spirito. Metterci insieme come forze e realtà europeiste per scrivere un Recovery Plan all’altezza della situazione”. Giustamente, Vescera – autorevole esponente del Movimento 25 Agosto di Pino Aprile – ha illustrato al Ministro Di Maio com’è andata con il Piano Marshal: “Queste le parole di chi ignora totalmente che i consistenti aiuti americani del dopoguerra, utili alla ripartenza dell’Italia uscita distrutta dalla follia della II guerra mondiale, furono utilizzati in gran parte al Nord, con una quota minore al Centro e una infima al Mezzogiorno. Un Sud che in quanto a distruzioni belliche pagò il prezzo maggiore e con il suo 34% della popolazione italiana si dovette accontentare delle briciole, come avveniva e avviene dal 1860. Ma il nostro Luigi Di Maio, seppur meridionale, tutto ciò lo ignora. Una volta, da me interrogato sulla questione, rispose candidamente che il M5S era un partito nazionale e quindi non c’era una Questione meridionale. Bontà sua. Farebbe bene a studiare un po’ la faccenda, da Gramsci a Salvemini, da Nitti a Fortunato, da Zitara a Pino Aprile, i testi non mancano, e non gli mancano i soldi per acquistarli. Forse gli manca il tempo, questo sì, ma basterebbe davvero poco per informarsi su quanto l’Italia ha fatto al Sud. O forse finge di ignorare e si sottrae per perfidia poiché negare la Questione meridionale è una condizione per fare carriera da politico nazionale? Se il Recovery andrà per l’88% al Centro Nord e solo per il restante 12% al Sud, come è stato per il Piano Marshall, stiamo proprio a posto”.

Se il Governo Conte andrà a casa ci potrebbe essere la possibilità di sputtanare tutta la vecchia politica italiana ‘nordista’

Sul fatto che i fondi del Recovery Fund andranno quasi tutti al Nord non abbiamo dubbi: si volevano prendere tutti i vaccini anti-Covid, mettendo i terroni in coda, figuriamoci se non si prenderanno non meno dell’80% del 220 miliardi di euro circa del Recovery. Noi non sappiamo se, alle prossime elezioni regionali siciliane del 2022 ci sarà un ‘cartello’ con autonomisti, sicilianisti e indipendentisti o se, come dice il professore Costa, ci sarà una lista indipendentista. Una cosa è certa: se, a Dio piacendo, l’attuale capo del Governo italiano, Conte, non dovesse trovare al Senato i “costruttori” e dovesse andare a casa – cosa che noi auspichiamo vivamente – si formerebbe, per forza di cose, un Governo con tutta la vecchia politica dentro. Questo potrebbe essere un grande vantaggio per la Sicilia e per il Sud, perché sarebbero centrodestra e centrosinistra a consegnare al Nord l’80% e forse più dei fondi del Recovery. Sud e Sicilia, a questo punto, avrebbero la possibilità di sputtanare, in un  colpo solo, tutta la vecchia politica, grillini inclusi. E di pensare, veramente, all’indipendenza del Sud e della Sicilia che – e qui ha ragione il professore Costa – in un’Italia ‘nordista’ non ha alternative!

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