Che succederà ora che i DPCM di Conte sono da annullare?/ MATTINALE 456

27 dicembre 2020

Il Tribunale civile di Roma – pronunciandosi su una causa sollevata da un commerciante sfrattato per morosità – ha stabilito che gli ormai ‘celebri’ DPCM del Presidente del Consiglio dei Ministri Giuseppe Conte sono illegittimi e incostituzionali. Adesso che succederà? Chi ha subito questi provvedimenti che farà?

I DPCM firmati dal Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, da quando è iniziata la pandemia ad oggi sono illegittimi e incostituzionali. Questa volta ad affermarlo non sono gli esponenti politici di opposizione, ma il Tribunale di Roma. I Giudici della capitale sono intervenuti con una sentenza in una vicenda che riguarda un contenzioso sollevato dal titolare di un esercizio commerciale che è stato sfrattato per morosità. Questo imprenditore non ha potuto pagare gli affitti a causa della chiusura imposta dai divieti legati all’emergenza Covid-19.

Nel mirino sono finiti i DPCM (Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri). Il Giudice è arrivato alla conclusione che i DPCM “siano viziati da violazioni per difetto di motivazione” e “da molteplici profili di illegittimità”. Di conseguenza risultano essere “caducabili”. In parole più semplici, non producono effetti reali e concreti dal punto di vista giurisprudenziale e sono da annullare.

I DPCM con i quali l’attuale Governo ha gestito la pandemia, limitando le libertà personali, non sono “di natura normativa” ma hanno “natura amministrativa”. Che significa questo? Che dovrebbero fare riferimento a una legge già esistente.

“Il Tribunale civile di Roma – leggiamo in un articolo su Il Giornale – cita ‘tutti i Presidenti Emeriti della Corte Costituzionale, Baldassarre, Marini, Cassese’. Inoltre viene spiegato che non vi è alcuna legge ordinaria ‘che attribuisce il potere al Consiglio dei ministri di dichiarare lo stato di emergenza per rischio sanitario’. Dunque i DPCM sono incostituzionali? Si legge che ‘hanno imposto una rinnovazione della limitazione dei diritti di libertà’. Invece avrebbero richiesto ‘un ulteriore passaggio in Parlamento diverso’ rispetto a quello che si è avuto per la conversione del decreto Io resto a casa e del Cura Italia. ‘Si tratta pertanto di provvedimenti contrastanti con gli articoli che vanno dal 13 al 22 della Costituzione e con la disciplina dell’art 77 Cost., come rilevato da autorevole dottrina costituzionale'”.

Il Giornale segnala un altro aspetto centrale:

“Per essere validi i DPCM, come atti amministrativi, devono essere motivati ai sensi dell’articolo 3 della legge 241/1990. Alla base di ogni decisione è sempre stato citato il Comitato tecnico-scientifico, le cui analisi – spiega il giudice – sono state riservate per diverso tempo e sono state rese pubbliche solamente a ridosso delle scadenze dei DPCM stessi: ‘Ritardo tale da non consentire l’attivazione di una tutela giurisdizionale'”.

Insomma, rispetto ai DPCM i cittadini non hanno avuto a disposizione lo strumento per attivare la “tutela giurisdizionale”.

Nell’articolo de Il Giornale si cita il quotidiano Italia Oggi. Citazione corretta, perché è stato proprio questo giornale, in alcuni articoli pubblicato la scorsa Primavera, a mettere in dubbio la legittimità dei DPCM. Noi, in particolare, ne ricordiamo uno del 25 Aprile a firma di Domenico Cacopardo:

“Ha impressionato molto – si legge in questo articolo – la cosiddetta «enormità» dell’asserzione che, essendo i vari decreti del presidente del consiglio viziati da incompetenza, i vertici delle varie amministrazioni avrebbero dovuto non applicarli. In realtà, questo non l’ho scritto da nessuna parte. Ho affermato, invece, supportando il concetto con un’ampia citazione di testi legislativi, che i vertici delle amministrazioni, prima di dare applicazione alle norme avrebbero dovuto segnalare alla Presidenza del Consiglio l’illegittimità dello strumento e, comunque, della procedura adottata. Questo avrebbe comportato due effetti: o il premier riaffermava (con provvedimento motivato) quanto statuito e in questo caso i DPCM non essendo illeciti, ma solo illegittimi, avrebbero avuto attuazione, o riconsiderava procedura e strumento e sostituiva i DPCM con dei Decreti-legge”.

Nell’articolo di Italia Oggi del 25 Aprile si cita la legge 24 Febbraio 1992, n. 225, che ha istituito la Protezione Civile. Citazione non causale che, leggiamo sempre nell’articolo, “tende a dimostrare e dimostra, come nemmeno nella legge fondativa della Protezione civile è affidato al Presidente del Consiglio il compito di regolatore della vita civile ed economica delle aree colpite” dal Covid-19.

“Il criterio della scelta dello strumento è di difficile lettura – leggiamo sempre nell’articolo di Italia Oggi del 25 Aprile – giacché molte decisioni di rango legislativo sono state veicolate da Decreti del presidente del consiglio. Tra i Decreti-legge va fatta attenzione a quello del 25 Marzo, che, di fatto, è una specie di apertura di credito per alcuni successivi DPCM. Una procedura insolita e di certo anticostituzionale, visto che con un decreto d’urgenza il Consiglio dei Ministri conferisce al suo Presidente poteri straordinari esercitati poi in modo tale da investire i diritti costituzionali dei cittadini. In definitiva, le perplessità che ho manifestato negli articoli del 17 Aprile e in quello di ieri non possono che essere confermate, insieme alla constatazione che l’Amministrazione pubblica non ha esercitato quel minimo di autonoma valutazione dei provvedimenti amministrativi del Presidente del consiglio che le avrebbe imposto di rilevarne l’illegittimità“.

Noi non siamo giuristi. Da giornalisti ci limitiamo a registrare quello che succede. E, sempre da giornalisti, ci chiediamo: se i DPCM sono “caducabili” chi – come il titolare dell’esercizio commerciale che ha sollevato il caso presso il Tribunale civile di Roma – ha subito dai danni economici che cosa farà? Si terrà i danni economici che ha subito e basta?

 

 

 

 

 

 

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