Terremoto nella Sicilia orientale: nel mare, da quelle parti, sono in corso trivellazioni petrolifere?

23 dicembre 2020

Ce lo chiediamo perché la scienza ha ormai accertato che esiste una correlazione tra i terremoti e le ricerche in mare di idrocarburi, là dove si fa ricorso alla tecnica del fracking. Qual è la situazione in Sicilia?  

Da un po’ di tempo in Italia registriamo terremoti. L’ultimo, in queste ore, nella Sicilia orientale, area notoriamente a rischio sismico. Ci chiediamo e chiediamo: non è che sono in corso trivellazioni nel mare antistante le zone della nostra Isola dove si sono verificate le scosse di terremoto?

Il nostro non è “complottismo”, come si usa catalogare oggi chiunque pone qualche domanda che non piace all’attuale potere economico. Al riguardo citiamo un articolo pubblicato nell’Agosto del 2012 da Adnkronos:

“Terremoti e fracking: potrebbe esserci un collegamento tra sisma e attività di trivellazione, e se è vero che non è detto che ogni pozzo porta con sé un terremoto, si tratta di una possibilità da non escludere a priori, come dimostra la letteratura scientifica internazionale che in Italia, però, manca. Lo spiega all’Adnkronos Maria Rita D’Orsogna, ricercatrice della California State University che da anni segue, tra gli Usa e l’Italia, la questione delle trivellazioni cercando di diffondere il più possibile le ricerche condotte all’estero sul tema”.

“Si tratta di evidenze scientifiche – prosegue l’articolo di Adnkronos – fatti studiati in tutto il mondo come dimostra l’articolo pubblicato recentemente da ‘Scientific American’ per il quale i terremoti possono essere causati da fracking e trivellazioni di petrolio e gas”, spiega la ricercatrice, citando una serie di casi eclatanti, accertati in tutto il mondo, dall’ex Unione Sovietica alla California, dove negli anni ’80 a Coalinga, le attività petrolifere sono state collegate a movimenti tellurici attorno al sesto grado della scala Richter”.

“Negli Usa – leggiamo sempre nell’articolo – ci sono state diverse regioni colpite da sciami sismici in zone in cui si fa fracking (Arkansas, Ohio, Oklahoma, Texas) e così pure in Inghilterra, a Blackpool. Il fracking viene eseguito dopo una trivellazione entro una formazione di roccia contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o dello shale gas contenuti nel giacimento e incrementarne il tasso di recupero. Più spesso, la sismicità indotta si aggira attorno ai 3-4 gradi Richter, come accaduto nel 2006 a Basilea, dove un pozzo per attività geotermica ha scatenato uno sciame sismico di 30 terremoti con grado massimo 3,4”.

Per la cronaca, per fracking o fratturazione idraulica o fracking  in geotecnica s’intende, scrive Wikipedia, “lo sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso nel sottosuolo. La fratturazione (detta in inglese frack job o frac job), viene eseguita dopo una perforazione dentro una formazione di roccia contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o del gas da argille contenuti nel giacimento e incrementarne il tasso di recupero”.

“Ripeto – dice sempre Maria Rita D’Orsogna ad Adnkronos – non è detto che ad ogni trivellazione segua un terremoto, ma visto che non si può escludere questa possibilità, in un Paese come l’Italia, fragile sotto molti punti di vista, è meglio andare cauti con un’opera di trivellazione selvaggia”.

A creare problemi, prosegue l’articolo di Adnkronos, “non sono solo le trivellazioni in sé, ma anche i pozzi di reiniezione, pozzi per lo più dismessi che vengono utilizzati per reiniettare ad alta pressione, nel sottosuolo, sostanze di scarico delle trivellazione andando ad interferire con gli equilibri sotterranei – aggiunge -. Sarebbe opportuno che la geologia si interrogasse sulla questione, per amore della conoscenza, visto che in Italia, a differenza di altri Paesi, non ci sono molti studi sulla sismicità indotta”.

“Molta più informazione – scrive sempre Adnkronos – si fa, invece, negli altri Paesi dove gli studi sull’argomento sono iniziati addirittura negli anni ’60. E continuano anche oggi: un esempio arriva da Royal Netherlands Meteorological Institute (Knmi) che ha da poco pubblicato un catalogo di ‘terremoti indotti’ causati dalla produzione di gas nel nord dell’Olanda, registrando ben 688 eventi dal 1986 al 2011, di magnitudine massima 3.5 Richter, concentrati nella zona di Groningen, dove esiste un campo di gas attivo. Terremoti di magnitudine medio-bassa, che hanno causato danni minori ma grandi preoccupazioni alle popolazioni locali, in seguito ai quali dal 2003 il governo olandese ha iniziato a richiedere studi di compatibilità e di rischio sismico per le aree interessate da ulteriori azioni trivellative.
Il Knmi ha anche presentato uno studio sulla possiblità di incremento di terremoti nella zona Bergermeer collegato allo stoccaggio di gas, con il quale ci sarà un 2% di rischio di terremoti di intensità di magnitudine 3,9 Richer, e di probabilità maggiore per terremoti di grado minore”.

Interessante anche un articolo del 2016 del giornale on line Secolo Trentino che giunge alle seguenti conclusioni:

“… già nell’aprile del 2014, anche il giornalista scientifico Edwin Cartlidge pubblicava sulla rivista americana Science, il rapporto che la stessa commissione aveva diramato e secondo cui ‘il comitato internazionale di geologi ha concluso, in un rapporto ancora inedito, che un paio dei terremoti mortali che hanno colpito la regione italiana dell’Emilia-Romagna nel 2012 potrebbe essere stato innescato dall’estrazione del petrolio in un giacimento petrolifero locale’. Sono trascorsi due anni da quel rapporto e ancora numerosi sono i dubbi che permangono. Una cosa ora è certa: il fracking provoca i terremoti. Ancora una volta gli americani ci avevano visto lungo”.

Sempre per la cronaca, nel 2015 uno studio dell’United States Geological Survey (USGS) ha dimostrato per la prima volta in modo preciso un rapporto fra il fracking e l’aumento dei fenomeni sismici in 17 territori degli Stati Uniti.

Alla luce di queste fatti oggettivi torniamo a chiedere: nel mare antistante le zone della Sicilia dove sono state avvertite le scosse di terremoto sono in corso trivellazioni per la ricerca di idrocarburi? Tali ricerche – ammesso che siano in corso – vengono effettuate con il ricorso al fracking?

QUI L’ARTICOLO DI ADNKRONOS

Foto tratta da Impakter

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