Da Erri De Luca il ritratto di Miriàm/Maria, giovane ragazza ebrea, donna per dono di Dio

15 dicembre 2020

Il romanzo della scrittore Erri De Luca s’intitola: “In nome della madre” (Feltrinelli editore)

di Sara D’Angelo

In un romanzo breve – In nome della madre (Feltrinelli editore) – lo scrittore Erri De Luca dipinge il ritratto di Miriàm/Maria, una giovane ragazza ebrea, donna per dono di Dio.

Il momento dell’Annunciazione è contenuto nella prima stanza, una delle quattro in cui è suddiviso il santo e umano cammino. Miriàm riceve da “un colpo d’aria, una polvere celeste” l’annuncio che sta per diventare madre.

“Shalom Miriàm”, l’angelo sconosciuto all’improvviso sospende il tempo
della giovane.

Nascerà da lei il figlio di Dio, venuto a salvare il mondo. Miriàm è
però ancora sposa promessa. Iosef, l’uomo che diventerà suo marito, si
rifiuta di consegnarla al popolo affinché proceda alla lapidazione. È
questo che dice la legge. Spetterà a lui, al promesso sposo tradito la
brutale precedenza di scagliarle addosso il primo sasso.

La verità confessata di Miriàm costringe Iosef a inventare un progetto
di menzogne per salvarla dalla morte certa. Crederle è un atto d’amore,
la fiducia nella sua verità è un dono che rafforza l’amore di Miriàm per
il suo sposo.

La seconda stanza accoglie il tempo della gestazione. La condizione di
Miriàm offre scandalo al popolo dell’intero villaggio. Le nozze fissate
da tempo vengono celebrate a fine estate sotto una tenda. Il matrimonio
è disertato dagli invitati, il villaggio è ferito dall’offesa morale che
ha generato tanta vergogna. I due sposi trascorrono la prima notte mano
nella mano, Iosef è un uomo saggio, obbedisce alla volontà della sua
coscienza che gli suggerisce di aspettare la nascita prima di unirsi a
lei.

“Miriàm, sai cos’è la grazia? Non è un’andatura attraente, non è il
portamento elevato di certe nostre donne bene in mostra. È la forza
sovrumana di affrontare il mondo da soli senza sforzo, sfidarlo a duello
tutto intero senza neanche spettinarsi. Non è femminile, è dote di
profeti. È un dono e tu l’hai avuto. Chi lo possiede è affrancato da
ogni timore. L’ho visto su di te la sera dell’incontro e da allora l’hai
addosso. Tu sei piena di grazia. Intorno a te c’è una barriera di
grazia, una fortezza. Tu la spargi, Miriàm: pure su di me.”

Iosef è costretto a subire sguardi severi, ad ogni passo è oggetto di
derisione, viene insultato e schernito, allontanato con disgusto dalla
folla. Miriàm non se ne cura ma Iosef è costretto a cercare un lavoro
che lo tenga al riparo da ogni contatto esterno. Lapidato da crudeli
parole, Iosef viene quotidianamente insultato per aver preso Miriàm come
moglie. Una moglie vergine. E incinta.

Quando i Romani obbligano il censimento la notizia è fonte di
liberazione per Miriàm e Iosef. Andranno lontano, a Betlemme, li
accompagnerà una stella cometa da poco tempo apparsa sulle colline di
Nazaret. Presagio di buona sorte o di sventure?

Il figlio nascerà lontano da presenze traboccanti di sentimenti
meschini.

La terza stanza assiste il lungo pellegrinare verso Betlemme. Il
viaggio è un ripetuto incontro con viandanti, uomini e donne
s’intrattengono a parlare sulle ragioni del censimento indetto dai
Romani.

“È sgradito al Dio di Israele che ha voluto il nostro popolo numeroso
come le stelle della notte e come la sabbia del mare”.

Lo chiameremo “Ieshu, figlio di Miriàm e Iosef” dice Iosef alla sua
sposa. Una notte un angelo mi venne in sogno e mi consegnò il nome del
figlio nato orfano di un seme.

Arrivati a Betlemme vengono accolti da una pallida coperta di neve, li
accompagnerà nell’oscurità della terra straniera, non c’è alloggio che
dia loro la sembianza di un calore di casa, l’unico riparo è un tetto di
cielo che si offre a tutti gli uomini, ciascuno di loro perduto nella
sua notte. La luce della stella cometa attraversa il cielo d’Israele, fa
da guida ai passi incerti di ogni uomo disorientato, è direzione
disegnata da Dio per non disperdere i suoi figli.

La quarta e ultima stanza completa il dipinto celeste con una
suggestiva cornice che raffigura la nascita di Ieshu e la
rappresentazione dell’illuminato evento. Nel buio di un’angusta capanna,
Miriàm dà alla luce suo figlio. È un maschio.

“Tu sei pasta cresciuta in me senza lievito d’uomo”.

Iosef è un uomo e come tale la legge del tempo gli impone di non poter
assistere alla nascita, così aspetta paziente davanti alla porta. Miriàm
è costretta a fare tutto da sola. La sostiene la forza di una nuova
madre che sta nascere insieme a suo figlio.

In nome della madre è testimone a distanza di una giovane ragazza di
Galilea che ha vissuto le ansie e le paure in nome di tutte le madri. La
forza umana di Miriàm è la sacralità di Maria. La maternità è il
miracolo dell’Amore, Erri De Luca scandaglia con prestazione certosina
le mille sfaccettature dei pensieri che affollano il tempo dell’attesa.

Miriàm sa di essere solo un recipiente del figlio come Maria lo è del
Signore. Madre che prepara alla luce un figlio, madre che consegna al
mondo il Salvatore.

Il romanzo non è per mani di fedeli soltanto, è bandiera di un
ventaglio di sentimenti, primo fra tutti la forza di una madre in
attesa di diventarlo.

Erri De Luca affida la sua penna profonda a Miriàm perché possa
scrivere in prima persona il travaglio interiore che scuote e commuove
il suo grembo, custode di una nuova vita. Chi meglio di una madre può
firmare le felicità e i turbamenti che precedono l’annuncio del suo dono
al mondo?

Una scrupolosa analisi della psicologia femminile è al centro di questo
ritratto di donna, di due donne, Miriàm e Maria, la cornice è rifinita
con un marcato simbolismo che accompagna l’attesa tra parole e silenzi
per tutto il viaggio verso la LUCE. Sono pagine di carta, eppure averle
tra le mani è un fremito provocato come da un carezzevole velluto.

È poesia l’Annuncio, una tela impalpabile ricca di sfumature è la dolcezza
dell’Attesa. La magia della tenerezza si spande con la forza che solo
una risoluta volontà è capace di dare. In un tempo in cui la donna era
materia senza valore, la sapienza dello scrittore provvede con il suo
dono di pagine a omaggiarla della dignità che merita. Miriàm faro della
vita, Maria madre benedetta tra tutte le donne, Maria principio
dell’Immenso.

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