Agricoltura/ Il mancato accordo sulla Brexit ‘bastona’ il Nord così come il Nord ‘bastona’ il Sud e la Sicilia dal 1860…

6 dicembre 2020

Ovviamente, nel Centro Nord Italia la buttano sulla tutela del Made in Italy, marchio che funziona, però, a senso unico, ovvero quando si debbono difendere i prodotti del Nord. Mentre se – come avviene da sempre – si danneggiano agrumi, grano duro, olio d’oliva e magari latte ovino tutto va bene. Ma stavolta le ‘bastonate’ arriveranno anche al Nord. Come diceva il professore Bellavista, “si è sempre meridionali di qualcuno” 

Gli agricoltori del Sud Italia e della Sicilia possono essere massacrati dalla globalizzazione dell’economia voluta dall’Unione europea, dal CETA voluto dall’Unione europea e dai prodotti del Nord Africa voluto dall’Unione europea. Ma se l’accordo sulla Brexit tra Italia e Gran Bretagna se ne va a mare, penalizzando l’agricoltura del Centro Nord Italia, beh, no, la cosa non si può fare. Fino a quanto si penalizzano Sud e Sicilia, tutto va bene, ma se si toccano gli interessi dell’agricoltura e dell’industria del Centro Nord Italia legata all’agricoltura, allora le cose non vanno più bene!

Conviene alla Gran Bretagna trovare un accorso sulla Brexit? Bella domanda! In punta di economia, se proprio la dobbiamo dire tutta, non gli conviene proprio. Perché l’eventuale accordo, alla fine, dovrebbe far venire meno i rapporti commerciali tra Gran Bretagna e Stati Uniti d’America per favorire la Ue. E perché, poi? Per tutelare l’agricoltura francese, spagnole e le agro-industrie del Centro Centro Nord Italia a scapito dei prodotti americani? E perché inglesi e americani dovrebbero essere così stupidi?

In Italia – anzi per essere precisi, nel Centro Nord Italia – si stracciano le vesti perché negli Stati Uniti imitano il cosiddetto Made in Italy che, però, funziona a convenienza. Se, infatti, sono gli statunitensi a produrre certi prodotti italiani, magari spacciandoli proprio per prodotti del Belpaese (del Centro Nord Italia, ovviamente), la cosa è brutta e non si deve fare.

Poi, però, se in Italia arrivano navi cariche di grano estero – canadese in testa – e fiumi di olio d’oliva da chissà dove e lo fanno diventare ‘italiano’, allora bisogna stare zitti. Tanto chi è che ne paga le conseguenze? I produttori di grano duro del Sud Italia e le tre Regioni italiane del Mezzogiorno – Puglia, Calabria e Sicilia – dove si produce il 90% dell’olio extra vergine di oliva, prodotto che, dal 2016, viene ‘ammazzato’ dall’olio che arriva dalla Tunisia!

Pensate un po’: questo è un nostro articolo di quattro anni e mezzo fa nel quale raccontiamo come il Parlamento europeo, con i voti degli europarlamentari di centrodestra e di centrosinistra, ha massacrato l’olio extra vergine do oliva del Sud Italia!

Ecco cosa succedeva quattro anni e mezzo fa nelle parole di Ettore Pottino, presidente di Confagricoltura Sicilia:

“In questi ultimi anni di delocalizzazione dell’agricoltura imprenditori siciliani, italiani, tedeschi, spagnoli ed europei in generale hanno spostato i propri interessi dove il denaro viene remunerato di più. Hanno fatto incetta di seminativi in Romania per beneficiare dei contributi della PAC, di agrumeti in Marocco per importare arance facendole passare per spagnole e, manco a dirlo, hanno comprato tutti gli oliveti tunisini usufruendo dello sgravio fiscale totale per dieci anni. Qui hanno investito rendendo innovativi gli impianti e, grazie alla manodopera a costo bassissimo e alla possibilità di impiegare fitofarmaci proibiti in Europa, invadono i nostri mercati di olio a 2-3  euro al chilo”.

Noi gli aggiungiamo anche il latte ovino rumeno che sta massacrando i pastori sardi.

Ma con la Brexit il gioco sta cambiando. E se fino ad oggi penalizzare l’agricoltura del Sud e della Sicilia è stata la regola, tra grano duro, arance, olio d’oliva e, in generale, con quella truffa legalizzata chiamata CETA che penalizza l’agricoltura del Sud e della Sicilia, adesso Gran Bretagna e Stati Uniti si fanno – diciamo noi giustamente – i propri affari.

Ma la cosa non piace al Centro Nord Italia che, questa volta, si trova ad essere quello che le agricolture del Sud Italia e della Sicilia sono state per l’Italia. Posizione un po’ scomoda per i nostri amici ‘polentoni’…

P.s.

La pasta prodotta in Italia con il “grano non-Ue” fa parte del made in Italy? 

 

 

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