1709: in Europa un’incredibile ondata di freddo distrusse l’agricoltura seminando morte e disperazione

27 novembre 2020

Gli americani hanno un simpatico – e volgare – modo di dire per esprimere il concetto che a volte le cose negative accadano senza un buon motivo: “Shit happens”… Come per esempio l’epidemia Covid, ma anche la straordinaria ed estremamente pesante “Grande Gelata del 1709″ tirata in ballo dal Ministro delle Finanze britannico Rishi Sunak, che paragona la crisi economica del Covid-19 al disastro di circa 300 anni fa

di Nota Diplomatica

Il Cancelliere dello Scacchiere, il “Ministro delle Finanze” britannico Rishi
Sunak, pochi giorni fa ha comunicato al Parlamento la stima del suo Governo secondo cui la depressione economica in arrivo nel Paese a causa dell’epidemia Covid sarà la più grave degli ultimi trecento anni. Il riferimento temporale era alla Great Frost of 1709, un’anomala ondata di freddo tremendo che mise in ginocchio la produzione – perlopiù agricola a quei tempi – di tutta l’Europa.

Per motivi che i meteorologi non sanno ancora spiegare, nella notte
dell’Epifania, tra il 5 e il 6 gennaio 1709, le temperature di larga parte del
Continente europeo – Italia compresa – subirono un repentino calo di 20 °C
circa, restando a livelli estremamente bassi per tre mesi. Il risultato fu la quasi totale distruzione dell’agricoltura europea.

Nella sola Francia Le Grand Hiver – e la carestia che ne conseguì – avrebbe causato la morte per fame di circa 600mila persone entro il 1710.

Non andò molto meglio in Italia, dove le cronache dell’epoca registrarono che – come la Senna e il Rodano francesi – si ghiacciò perfino l’Ofanto, il fiume che scorre tra Basilicata, Campania e Puglia, zone non note per l’estremo freddo. La stessa sorte toccò ad altri specchi d’acqua: il lago di Garda venne attraversato da carri pesanti, come pure la Laguna Veneta; le navi restarono intrappolate dal ghiaccio nel porto di Genova. A Roma tra il 6 e il 24 gennaio nevicò 13 volte.

Per il gran freddo si seccarono gli ulivi e gli altri frutti, come accadde in Emilia-Romagna con gli alberi di melo, susino, noce e ciliegio, piante che normalmente reggono bene le temperature basse. La Pianura Padana fu particolarmente devastata dal freddo estremo. Nei pressi di Faenza si registrò ad un certo punto la temperatura polare di – 36 °C.

A fine mese, dopo il 26 gennaio, vi fu un attimo di sollievo. La Laguna Veneta si liberò dalla piena copertura di ghiaccio il 29 gennaio, anche se ne rimasero dei pezzi galleggianti. Poi, dopo pochi giorni tornò il freddo, che proseguì fino a primavera inoltrata: in Germania furono segnalate gelate
fino a inizio luglio.

Nell’insieme il trimestre invernale avrebbe registrato una temperatura media di – 8,2 °C. Una media stagionale così bassa non si è più vista da trecento anni e, secondo i meteorologi, sarebbe la più bassa raggiunta da cinque secoli.

L’unica parte del Continente che scampò al terribile e perdurante freddo fu la Scandinavia, forse perché c’era già il gelo invernale, o può darsi semplicemente per l’andamento insolito di un anticiclone russo che si ipotizza potesse essere tra le possibili cause del fenomeno.

Il Cancelliere Sunak, forse impegnato anche nell’esercizio – comune ai governi di questi tempi – di terrorizzare la popolazione per ottenere l’obbedienza alle vacillanti norme anti-Covid, ha trascurato di
precisare che il crollo che seguì alla Grande Gelata del 1709 fu sì il più grande disastro produttivo degli ultimi secoli, ma solo tra quelli avvenuti “per causa naturale”, come per esempio un’epidemia. Le guerre,
le grandi ondate speculative, l’avidità e la stupidità umana hanno fatto di peggio.

Foto tratta da IL FORMAT

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