Coronavirus: le Regioni non hanno saputo spendere le risorse o ha perso tempo il Commissario?/ SERALE

16 novembre 2020

Davanti a ritardi incredibili nel fronteggiare il virus, tra errori su errori, l’Italia appare un paese in declino che non sembra in grado di affrontare l’emergenza. Un’analisi impietosa sui guasti antichi e nuovi. E anche alcune cosa da fare in fretta

di Alessio Lattuca

È evidente che sia tempo di individuare di chi sia la “responsabilità” dei gravi ritardi che si registrano: della insufficiente preparazione delle Regioni che non hanno saputo spendere le risorse che il Governo ha messo a loro disposizione, o del Commissario che avrebbe autorizzato le Regioni alla spesa soltanto il 2 di Novembre?

Equivoci che hanno reso maggiormente noto lo stato di confusione tra Governo centrale e le Regioni. Uno scenario che dovrebbe suggerire di mettere ordine in un rapporto che un’esigua percentuale di elettori ha reso possibile con il referendum per la maldestra modifica del titolo V della Costituzione. Una scelta scellerata alla quale occorrerebbe porre riparo.
Ma che, intanto, dovrebbe raccomandare di non assecondare le sciagurate richieste di ulteriore devoluzione di poteri, previsti dalla cosiddetta “autonomia differenziata”.

Non è più tempo, infatti, di ulteriori equivoci, di titubanza e incertezza, perché sono elementi che producono tensione, protesta e la moltiplicazione dei punti di vista individuali. È comprensibile che qualche critica occorra farla per trovare soluzioni, ma il rumore di fondo resta, comunque, lo stesso.

Dopo il periodo iniziale che ha sorpreso e trovato tutti impreparati, occorreva dare seguito agli impegni secondo i quali si sarebbe potenziata l’organizzazione della sanità, la prevenzione, la medicina territoriale (che non esiste più), raddoppiata o triplicata la terapia intensiva e sub intensiva, creati tanti reparti o ospedali dedicati Covid (individuare e riconvertire tanti piccoli e medi ospedali per ogni provincia, dove ricoverare i pazienti con bassa e media densità) e, soprattutto, avere la consapevolezza che l’insidioso virus e molto più rapido dei tempi che in Italia occorrono per assumere decisioni: cosa, questa, che ha reso evidenti le annose colpe che, da oltre trent’anni, affliggono la sanità del nostro Paese ed hanno provocato la sofferenza di tante persone.

Scelte gravide di errori operate da tutti i Governi di diverso colore che si sono alternati e che hanno reso possibile l’attuale disagio. Conseguenza di un comportamento politico scorretto, iniquo e, in quanto tale, inaccettabile, che ha tolto sempre di più alla medicina, nonostante la lievitazione dei costi che ha registrato la triplicazione fino a oltre 130 mld e con un aumento esponenziale di oltre 90 mld, nell’ultimo decennio.

Appunto l’enormità dei costi dovrebbe fare riflettere sulle cause delle disparità. Al riguardo un indicatore è l’esiguo numero dei tamponi effettuati in Sicilia: meno di 7,5 mila rispetto ai 200 mila della Lombardia.

Il virus ha reso evidenti criticità e ritardi del Paese, in particolare nella medicina territoriale, ma anche nell’assenza di un modello scientifico in grado di offrire non diciamo certezze, ma almeno indicazioni sulle iniziative, le regole, i mezzi e gli strumenti (device, internet gratuito, banda larga), da mettere in campo per la riapertura, in sicurezza della scuola,
per evitare, davvero, che la mancanza di un preciso progetto per la riapertura della stessa scuola, unitamente alle note criticità dei trasporti, andasse a danneggiare la salute pubblica e diventasse elemento di diffusione del contagio. E questo vale ancora di più nei territori provati dal disagio sociale e dalla povertà educativa, nei quali la scuola è un indispensabile presidio.

Ma la responsabilità maggiore di tutto quello che sta succedendo sta nel fatto che, data la pesantissima esperienza, maturata nei mesi di Febbraio, Marzo e Aprile, il Paese non si sia attrezzato per la successiva ondata o, meglio, per la convivenza con il virus. Tale comportamento – che sconcerta e preoccupa – manifesta il dato più pericoloso: il valore della competenza nella pubblica amministrazione che, come evidente, fa la differenza. E il perché in politica avvengano due cose: il litigio continuo tra fascisti, comunisti etc e la manifesta incapacità di fare accadere le cose.

Al riguardo è opportuno riflettere sul perché si producano leggi a dismisura ma non si fanno le norme di attuazione; il perché nessuno si occupa della loro realizzazione e di renderle esecutive. È evidente che nella Pubblica amministrazione – prevalentemente composta da legulei o azzeccagarbugli – manchino i tecnici, i manager, gli esperti.

A proposito delle azioni da porre in essere per difendersi dalla pandemia, bastava studiare, seguire, copiate, emulare le esperienze di Tokio, Tywan, Corea per la capacità e la competenza per il tracciamento del virus. Paesi che non hanno applicato il confinamento, ma che hanno posto in essere mezzi, piattaforme con l’obiettivo di individuare e debellare il virus. Allora ci si chiede come mai non sia stato applicato tale metodo. E cercare di comprendere se si tratta di superficialità, di supponenza, di presunzione o di cosa.

D’altro canto, da tempo di assiste a ciò che caratterizza il Paese: un pericolosissimo strabismo che causa proteste e rancore. Il Paese manifesta punti di eccellenza straordinari, insieme a sacche di povertà e arretratezza inquietanti. Il declino cui si assiste impotenti ha portato a dilettantismo, a mancanza di senso del dovere e di competenza, tutte cause che tracimano nella diffusa corruzione che produce ulteriori disuguaglianze e ingiustizie.

Il Coronavirus, purtroppo, si è incaricato di fare vedere ciò a cui sono sottoposti da tempo, gli ignari cittadini. Soprattutto quelli del Sud che subiscono una sciagurata ingiustizia, una disparità insopportabile, una vera frattura, che occorre, tempestivamente, riparare. Il diritto alla tutela della salute è stato trattato con indifferenza, pesantemente trascurato o sottodimensionato in un vasto territorio: nel Sud privo di infrastrutture fisiche e immateriali, nel quale la spesa sanitaria pro capite è inferiore di 185 euro rispetto a quella del Nord.

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