1866/La Rivolta del Sette e mezzo: quando tutti i siciliani presero a calci nel sedere e a fucilate gli invasori piemontesi

11 novembre 2020

Non è vero che i siciliani non sanno ribellarsi. Per farlo debbono averne abbastanza (e ci siamo di nuovo vicini, come nel 1282, nel 1866 e come ai tempi di Antonio Canepa). Qui, in poche righe, si coglie in pieno il senso di una grande e corale rivolta popolare: la Rivolta del Sette e mezzo di Palermo e della Sicilia 

Borbonici e mazziniani, nobili e clero, destra e sinistra si trovarono tutti concordi, al di là delle loro contrastanti visioni politiche, nel voler porre fine al governo sabaudo in Sicilia. E le autorità cosiddette “piemontesi”, prese di sorpresa, si rifugiarono inizialmente a Palazzo Reale, in municipio e persino in arcivescovado.

La massa urlante, in genere artigiani e braccianti in cerca di un pezzo di pane, innalzava stendardi di D. Rosalia e del Sacro Cuore di Gesù, quasi a volere sfidare i governanti e gli amministratori massoni , agnostici ed anticlericali imposti da Crispi e dal governo di Bettino Ricasoli.

Venne attaccato il municipio di piazza Pretoria e il sindaco Antonio Starrabba di Rudinì dovette difendersi a fucilate per non uscire morto dal palazzo e potere rifugiarsi, subito dopo, nel più sicuro Palazzo Reale.

Fu occupato anche il Tribunale e, al grido di “Viva Palermo!” e “Viva Santa Rosalia!”, gli insorti si impadronirono presto della città. Alla rivolta parteciparono anche alcuni ex-garibaldini, pentiti di avere appoggiato la spedizione piemontese per le gravi conseguenze che da essa erano derivate alla Sicilia.

Michele Antonio Crociata  Sicilia nella storia – La Sicilia e i Siciliani dalla dominazione saracena alla fine della lotta separatista (827 – 1950) – Dario Flaccovio Editore, pag. 119,120.

Articolo tratto da Regno delle Due Sicilie.eu

Foto tratta da Sicilia Fan

La ‘Rivolta del Sette e mezzo’ di Palermo e della Sicilia

 

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