Nobili e prepotenti nel 1860: “Ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri…”

9 novembre 2020

Due magistrali citazioni tratte dal grande romanzo di Federico De Roberto, “I Viceré”. Una domanda sorge spontanea: a parte l’Italia “fatta” (o quasi), cos’è cambiato dal 1860 ad oggi?

“A dargli retta, i beni tolti alla Chiesa dovevano permettere di alleggerir le tasse, e far divenire tutti proprietarii. Invece, le gravezze pubbliche crescevano sempre più, e chi aveva ottenuto quei beni? Il duca d’Oragua, le gente più ricca, i capitalisti, tutti coloro che erano dalla parte del mestolo!…
L’opposizione al deputato si confondeva così, a poco a poco, nel generale malcontento, nel disinganno succeduto alle speranze riposte nella mutazione politica. Prima, se le cose andavano male, se il commercio languiva, se i quattrini scarseggiavano, la colpa era tutta di Ferdinando II: bisognava mandar via i Borboni, far l’Italia una, perché di botto tutti nuotassero nell’oro. Adesso, dopo dieci anni di libertà, la gente non sapeva più come tirare avanti. Avevano promesso il regno della giustizia e della moralità; e le parzialità, le birbonate, le ladrerie continuavano come prima: i potenti e i prepotenti d’un tempo erano tuttavia al loro posto! Chi batteva la solfa, sotto l’antico governo? Gli Uzeda, i ricchi e i nobili loro pari, con tutte le relative clientele: quelli stessi che la battevano adesso!”

“Ora che l’Italia è fatta, dobbiamo fare gli affari nostri…”

Tratta da I Viceré di Federico De Roberto

Foto tratta da Wikimedia Commons

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