Autocritica: non è che sulle Cantine sociali della Sicilia ci siamo sbagliati?

21 ottobre 2020

Lo scriviamo perché, anche quest’anno – come negli anni passati – registriamo prezzi dell’uva da vino bassi, se non bassissimi. Assolutamente ingiustificati dalla riduzione della produzione. Chi è che manovra queste speculazioni al ribasso sui prezzi che servono ad affamare i piccoli produttori di uva da vino della Sicilia?

Non è che, in questi anni, scrivendo delle Cantine sociali della Sicilia abbiamo praticamente sbagliato tutto? Ce lo chiediamo osservando quello che sta succedendo in queste settimane. La vendemmia ormai è finita. E le cose, per i piccoli e medi coltivatori di uva da vino della nostra Isola non vanno affatto bene.

Intanto abbiamo raccontato e commentato una notizia che, alla fine, non è negativa per la Sicilia. Si tratta della truffa sul Sassicaia, uno dei vini toscani più noti al mondo. Al posto del Sassicaia vendevano, soprattutto ai Paesi esteri, un vino siciliano. La truffa è stata scoperta. A portarla avanti erano personaggi del Nord Italia. La Sicilia, anzi, il vino siciliano è stato strumentalizzato. Questo ci porta a due considerazioni.

La prima considerazione è che il vino siciliano sfuso è di ottima qualità e si può vendere bene. Se gli abitanti facoltosi di Russia, Cina e Corea lo hanno bevuto trovandolo buono (addirittura nella convinzione di bere il Sassicaia), perché non proporglielo?

Ma forse già questo avviene. E questa è la seconda considerazione: a noi dicono che il vino sfuso delle Cantine siciliane rimane invenduto. C’è da crederci? Noi cominciamo a non crederci.

E qui arriviamo alla notizia di questi giorni che ci lascia perplessi. Quest’anno la produzione di uva da vino, in Sicilia, è stata più bassa. Ed è anche logico: il prezzo dell’uva da vino pagato dalle Cantine sociali (ma anche da altri produttori privati) è basso e ci sono agricoltori – soprattutto piccoli agricoltori – che non coltivano più uva da vino, per non parlare di chi ha venduto i diritti di reimpianto o gli stessi terreni.

Quando la produzione si riduce, di solito, il prezzo di un prodotto dovrebbe aumentare. Nel caso dell’uva da vino siciliana, invece, il prezzo è rimasto ‘magicamente’ basso.

Il dubbio è che ci sia un cartello che impedisca al prezzo dell’uva da vino di crescere.

Alcuni nostri amici agricoltori ci hanno spiegato che, con l’attuale prezzo dell’uva da vino – 25 centesimi al Kg base 20 (20 è un numero che indica la presenza di zucchero nell’uva) – è impossibile guadagnare. Solo chi ha tanti ettari di vigneto, economizzando sui costi (ricorrendo, ad esempio, alla vendemmia meccanica), riesce a guadagnare qualcosa.

Invece i piccoli produttori di uva da vino vengono letteralmente ‘strangolati’.

A noi hanno sempre raccontato che le Cantine sociali della nostra Isola sono costrette a comportarsi così perché non hanno a chi vendere il prodotto.

Ora, a parte che non è affamando i piccoli agricoltori che si risolve il problema, noi cominciamo a pensare che, forse, le cose non stanno come ce le hanno sempre raccontate. Noi, per esempio – e questa è storia vecchia, che risale agli anni di Francesco Crispi, quando il vino siciliano veniva utilizzato per ‘tagliare’ gli ‘altisonanti’ vini francesi – sappiamo che il vino siciliano sfuso, in parte, finisce nel Centro Nord Italia dove, a parte il Veneto e qualche area dell’Emilia Romagna e del Piemonte, non ci risultano distese di ettari ed ettari di vigneti.

Cosa vogliamo dire? Che quando la pandemia di Coronavirus ci darà un po’ di tregua, il Governo regionale dovrebbe intervenire a tutela dei piccoli produttori di uva da vino: a tutela non soltanto dei loro redditi, ma anche del paesaggio agrario. Anche per evitare la svendita dei diritti di reimpianto e altre forme di colonizzazione varia. Cominciando, anche, a fare chiarezza sulle Cantine sociali ‘sempre in crisi’ della Sicilia sulle quali iniziamo a nutrire dubbi.

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