Nel Nord Italia non sanno più cosa inventarsi per giustificare gli scippi finanziari al Sud e alla Sicilia!

6 ottobre 2020

Il Nord Italia non scippa soldi al Sud e anzi lo mantiene? Ma come si può, nel 2020, affermare una bugia simile? In questo articolo Massimo Costa – che oltre ad essere una delle figure più rappresentative dell’Indipendentismo siciliano è anche docente di discipline economiche all’università di Palermo – smonta, una per una, le tesi di chi cerca di dimostrare ciò che non è vero!

di Massimo Costa

L’Italia è una trappola. Per il Sud e per la Sicilia. Non solo perché è una macchina infernale progettata perché a Mezzogiorno nessuno (come diceva l’indimenticabile Bombrini, fondatore della Banca Nazionale) “possa più intraprendere”. È una trappola perché oltre al danno del colonialismo interno, il Sud e le Isole sono costretti a subire la beffa dell’ideologia di regime, volta a difendere l’indifendibile, volta a dimostrare che no, non è vero che il Sud riceve meno del Nord dallo Stato, anzi semmai è il contrario…

Scopo del presente articolo è smontare una bufala, apparsa su la Repubblica il 26 settembre 2020, secondo cui tali Galli e Gottardo, dell’Osservatorio CPI sostengono che la spesa pubblica al Mezzogiorno è più alta che nel Centro-Nord.

Vediamo di che si tratta.

Intanto la Ricerca si fonda su dati diversi da quelli che vengono contestati! Scopriamo dall’articolo che i dati dei Conti Pubblici Territoriali “non sono attendibili”, evidentemente perché non sono favorevoli al teorema da dimostrare. La fonte sarebbe non meglio specificata che “Istat e Banca d’Italia”. Ci permettiamo di dubitare della bontà della base di dati di partenza. I Conti pubblici usano, con qualche distorsione che abbiamo denunciato in passato, dati VERI, contabili. L’Istat usa, con tutto il rispetto, dati stimati. Chi avrà ragione? Prendiamo atto che in Italia non ci sono dati univoci e attendibili, e questo basterebbe a chiudere il discorso.

Ma, nonostante tutto, seppure con una forbice più bassa, anche i dati “alternativi”, danno invariabilmente una spesa pro capite più alta al Centro-Nord.

Per gli autori il dato “non è statisticamente significativo”, perché sarebbe colpa delle Regioni a statuto speciale (del Centro-Nord, ma questo non ce lo dicono) se c’è una “leggera” differenza a favore del Nord. Intanto la differenza è leggera solo perché hanno cambiato i dati, e questo va detto. E poi, a difesa della Sicilia, va detto che se è vero che le tre Regioni alpine hanno un qualche privilegio in termini di spesa pro capite, dalle nostre parti funziona al contrario: LA SICILIA HA UNA SPESA PRO CAPITE PIÙ BASSA DI QUELLA DELLE REGIONI DEL MEZZOGIORNO A STATUTO ORDINARIO. Anche con i dati “cambiati”, con qualunque dato si utilizzi, ma questo i ricercatori CPI si guardano bene dal dirlo. Nel calderone delle “Regioni privilegiate” la Sicilia finisce insieme alla Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen.

Comunque, punto e a capo. C’è comunque una differenza a favore del Nord, nonostante tutto. E allora cosa fanno i prodi ricercatori? Cercano un modo per ribaltarla ed andarsi a coricare tranquilli per questa sera.

Intanto depurano i conti dello Stato dal settore pubblico allargato. Le imprese pubbliche…NON CONTANO. Perché, di grazia? Perché, sebbene pubbliche, sono … imprese (questa storia della privatizzazione a convenienza) e quindi seguono logiche di mercato e non sociali. Bugia. Grande come una casa. L’Enel o le Poste hanno il dovere, come strumento della politica statale, di contribuire a compensare il gap economico, reddituale e infrastrutturale, non ad ampliarlo! “È inevitabile che la spesa sia maggiore nelle Regioni più ricche”. Ecco, signori ricercatori, in questa frase voi state affermando né più né meno che una sorta di “suprematismo settentrionale”: è “inevitabile” che le Regioni del Nord siano più ricche? E dove c’è scritto? Sono più ricche perché lo Stato italiano, DA QUANDO È NATO, investe di più dalle vostre parti. Se, con le sue imprese pubbliche, continua sempre a fare così, le differenze non possono che andare ad aumentare.

Oggi noi paghiamo Terna per usare le infrastrutture elettriche in Sicilia. Poi questi fondi l’Enel li spende “al Nord” perché qua c’è … il mercato? Ebbene, se fossimo INDIPENDENTI questo travaso di risorse ci sarebbe? La risposta è NO! I nostri pensionati depositano i loro soldi alla Posta, ma poi la Cassa Depositi e Prestiti usa questi fondi per investirli altrove, e magari li presta a interesse alla stessa Regione strangolata dalla slealtà dello Stato. Se la Sicilia fosse indipendente a chi andrebbe questo risparmio?

Le imprese pubbliche, esattamente al contrario di quello che dicono i ricercatori, sono uno strumento di politica economica, anzi sono LO strumento che consente di drenare risorse (come avviene nei due esempi che abbiamo detto) nelle colonie e, con il pretesto del “mercato”, reinvestirle laddove batte il cuore dello Stato italiano.

Depurare dal settore pubblico allargato l’intervento statale è un non senso. Comunque, a scanso di equivoci, tutti gli studi che ho sempre condotto a partire dai Conti Pubblici Territoriali, hanno sempre considerato solo le Pubbliche Amministrazioni, e non anche il Settore Pubblico Allargato. Quando diciamo che l’Italia deruba la Sicilia di circa 10,5 miliardi l’anno ci riferiamo solo alla P.A. Probabilmente, con il settore pubblico allargato, il conto della rapina aumenterebbe, di molto.

Altra cosa: depurare il conto dalle pensioni. Giusto, le pensioni sono un discorso a parte. Ma qua non si sta dicendo che è sbagliato pagare le pensioni a chi ne ha più diritto perché ha versato maggiori contributi. Qua non siamo su un piano giuridico ma macroeconomico. E quindi l’errore dei ricercatori è gravissimo da un punto di vista metodologico. Se, a causa del maggior pregresso sviluppo economico, l’INPS è una macchina che versa più risorse al Nord, lo Stato ha il dovere di trovare un meccanismo compensativo che, SOTTO ALTRA FORMA, ridia al Sud e alla Sicilia quel potere d’acquisto che è stato negato per le politiche colonialiste interne.

Se il pensionato meridionale guadagna meno, perché lo Stato ha consentito nel tempo illegalità, lavoro nero, sottooccupazione, etc. lo Stato ha il DOVERE di compensare queste vergogne con altre provvidenze, giacché la domanda aggregata è indifferente al fatto che i redditi vengano da pensioni, o da stipendi o da commesse pubbliche. Da dove viene viene, il reddito produce benessere, e se, per un “capriccio del destino”, i redditi da pensioni sono più bassi, per ottenere effetti perequativi, lo Stato ha il DOVERE di compensare sotto altra forma.

In pratica sotto il profilo delle pensioni si ripercorre lo stesso errore di cui al precedente punto: se siamo più ricchi che è colpa nostra? Peggio per voi che siete poveri! Siete poveri? Spendiamo di meno da voi, è tutto regolare. E se, così facendo, diventerete ancora più poveri? Pazienza… Dal lato delle pensioni o da quello delle imprese pubbliche è il medesimo ottuso ragionamento dei due ricercatori (e di chi sta loro dietro naturalmente).

Ma fin qui è solo bieco egoismo, che non riesce a ribaltare, se non in maniera minima, il dato incontrovertibile della sperequazione ai danni del Mezzogiorno. Il vero falso deve ancora venire.

Il “FALSO”, infatti, si ottiene con una manipolazione incredibile dei dati, che ancora “non dicono le cose come si vorrebbe”. Come si fa? Ci si inventa di sana pianta un “potere d’acquisto” che al Sud sarebbe più basso. E come lo si determina? Con la % della popolazione in condizione di povertà (?!). Un metodo che non ha né capo né coda. C’è un paniere di beni e servizi che determina il potere d’acquisto? Se lo si fa si scopre una verità terribile: che le Isole, in particolare, pagano un costo smisurato per l’insularità di cui non tiene conto nessuno. Ne ho parlato recentemente a proposito di Zone Franche Montane…

Vogliamo contare quante volte un Siciliano o un Sardo, per ragioni di vita o di salute deve prendere l’aereo? Vogliamo calcolare il maggior costo dei trasporti? Facciamolo questo conto, ma facciamolo bene! E si scopre che diventiamo ultimi. Nel costo della vita mettiamo anche che la sanità a Mezzogiorno è scomparsa, a forza di tagli “nordisti” ed è tutta a pagamento. Nel costo della vita mettiamo anche i costi di trasporti per una rete stradale e ferroviaria fatiscente (e inesistente in Sicilia). Facciamolo bene questo conto!

Dati falsi = Risultati ultrafalsi.

Ma di che stiamo parlando?!

Sorvoliamo, per non tediare il lettore, sugli svarioni sui cd. residui fiscali, sulle conclusioni orientate a trattenere ancora maggiori risorse di quelle attuali al Nord, sull’insofferenza a sentire parlare di Livelli essenziali di prestazioni, e sulla sempiterna accusa che “i soldi ve li diamo ma non li sapete spendere” (accusa ideologica molto conveniente a certe latitudini).

Sorvoliamo sul fatto che, se fosse vero che lo Stato spende più al Sud che al Nord, non sarebbe una “iniquità”, ma sarebbe un dato assolutamente necessario alla perequazione.

La cosa più sorprendente è che… dopo tutti i trucchi e tutte la manipolazioni, la Sicilia resta al 12mo posto per spesa pubblica pro capite su 21 tra Regioni e Province autonome! (e Campania e Puglia ancora dietro).

Senza volerlo i baldi ricercatori ci hanno dimostrato quello che sapevamo da sempre: e cioè che la Sicilia non è neanche semplice Sud, ma la colonia d’oltremare per eccellenza, oggetto di un violento regime di saccheggio coloniale che non ha pari al mondo.

Un dato per tutti, incontrovertibile: la spesa pro capite per investimenti (fonti CPT), quella che accorcia il gap infrastrutturale e crea le condizioni per avere un avvenire.

Italia = 705

Regioni Centro-Nord =768

Mezzogiorno = 583

Sicilia = 483

E questo è tutto gente.

Poi dice che uno diventa indipendentista….

P.s.

Non guardate i ricercatori, guardate il giornale che pubblica le loro ricerche, e il partito che sta dietro al giornale… Chi lo ha detto che i razzisti del Nord sono solo dentro la Lega?

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