Dopo il 1860 in Sicilia i piemontesi bruciavano vivi i familiari dei giovani renitenti alla leva

2 ottobre 2020

Sette anni di servizio militare nell’esercito dei Savoia che aveva invaso il Sud e la Sicilia. Bisognava regalare sette anni della propria vita ai bastardi che, grazie agli inglesi, avevano conquistato e rapinato il Regno delle Due Sicilie. Tanti giovani si rifiutavano e si davano alla macchia. Per ritorsione i piemontesi scannavano e bruciavano vivi i familiari di questi ragazzi. Così nasceva l’Italia…   

“Vennero chiusi in carcere madri, mogli, padri, sorelle e parenti dei renitenti di leva e sottoposti alle più feroci torture. Furono uccisi giovinetti a colpi di frusta e di baionetta, fatte morire donne gravide. A Trapani, Girgenti, Sciacca, Favara, Bagheria, Calatafimi, Marsala (dove fu distrutta anche la produzione vinicola), toccò la stessa sorte di Licata. E che dire della criminale Barbarie di Petralia, dove, in una misera capanna di contadini circondata dai regi, fu arsa viva una intera famiglia che si era rifiutata di aprire la porta? E delle atroci torture inflitte, a Palermo, al povero sordomuto Cappello, perché ritenuto dagli ufficiali medici si fingesse tale per eludere il servizio di leva? Queste cose vi rappresento in nome dei diritti, della giustizia e dell’umanità così orrendamente violate”.

Da un discorso del deputato Vito D’Ondes Reggio alla Camera

Tratto da Regno delle Sue Sicilie.eu

Foto tratta da Sicilia Network

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