Il ‘Coronavirus’ (leggere Tristeza) che ha colpito l’arancia rossa di Sicilia: cos’è stato fatto per combattere tale patologia/ SERALE

26 settembre 2020

Un convegno organizzato nei giorni scorsi a Caltagirone ha fatto il punto della situazione su una tremenda malattia virale che, ormai da alcuni anni, colpisce le piante di arance rosse della Sicilia. Cos’è stato fatto fino ad oggi e cosa si deve ancora fare

L’arancia rossa siciliana, gloria e vanto dell’agricoltura della nostra Isola, alle prese con una sorta di ‘Coronavirus’: una malattia per l’appunto virale – il virus della Tristeza o Citrus Tristeza Virus (CTV) – arrivata nel 2002 che ormai da qualche anno sta facendo tribolare gli agrumicoltori della Piana di Catania, zona d’elezione dell’arancia rossa.

Dell’infezione virale che sta creando problemi alle coltivazioni di arance rosse della Sicilia orientale ci siamo occupati tre anni fa. In un convegno organizzato nei giorni scorsi a Caltagirone è stato fatto il punto della situazione. “Innovazioni su scelte varietali e portainnesti: Nuovi scenari per l’agrumicoltura siciliana”, organizzato nell’ambito del Programma Operativo 2020/2024 – Misura 1 – Pianificazione Della Produzione”: questo il titolo (in verità un po’ lungo) del convegno organizzato dall’OP Rossa di Sicilia, con la collaborazione del CREA- OFA di Acireale.

“Oggi la nuova agrumicoltura siciliana si trova d fronte ad uno scenario nuovo di grande trasformazione strutturale e varietale ed è impensabile che i produttori possano giocarsi la sfida dell’innovazione andando da soli”, ha detto Giuseppe Di Silvestro, che dovrebbe essere il presidente del Consorzio di tutela dell’arancia rossa di Sicilia Igp (Indicazione geografica protetta).

“Produzione e ricerca vanno di pari passo – ha aggiunto Di Silvestro -. Quello agrumicolo è un settore che, da un lato, deve fare i conti con un processo lento e costoso di riconversione, reso necessario dalla devastante diffusione del virus Tristeza, ma che dall’altro presenta la grande opportunità di cavalcare un trend in forte crescita per quanto riguarda la domanda di mercato dell’arancia rossa di Sicilia”.

Che la domanda di arancia rossa sia in forte crescita ce ne siamo accorti anche noi che viviamo nella Sicilia occidentale: da decenni, infatti, non si vedono più le varietà Moro, mentre la Tarocco e le Sanguinello, da due anni a questa parte, sono diventate una rarità.

Per la cronaca – anche per informare i nostri lettori – l’arancia rossa si coltiva nelle province di Catania e di Siracusa e, precisamente, nei seguenti Comuni: Adrano, Augusta, Belpasso, Biancavilla, Buccheri, Caltagirone, Carlentini, Catania, Catenanuova, Castel di Iudica, Centuripe, Floridia, Francofonte, Grammichele, Lentini, Licodia Eubea, Mazzarrone, Melilli, Militello in Val di Catania, Mineo, Misterbianco, Motta Sant’Anastasia, Noto, Palagonia, Paternò, Priolo Gargallo, Ramacca, Regalbuto, Santa Maria di Licodia, Scordia, Siracusa, Solarino, Sortino.

Con molta probabilità, è l’Etna che conferisce alle arance rosse siciliane un sapore che è unico al mondo.

“Noi siamo stati dei pionieri e dei visionari quando il mercato ci suggeriva di mollare la produzione di arancia rossa perché il mondo voleva le bionde – ha ricordato sempre Di Silvestro -. Solo oggi possiamo dire che avevano visto bene e lontano, ma adesso è il momento di accelerare il passo”.

Dal comunicato che i è arrivato (noi non abbiamo partecipato al convegno) leggiamo che, oltre a Di Silvestro, sono intervenuti l’agronomo Carmelo Asero e i ricercatori Giuseppe Russo, Marco Caruso e Guido Sorrentino del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’analisi dell’Economia Agraria (CREA) di Acireale.

Ha detto l’agronomo Asero:

“Il processo di riconversione degli agrumeti se da un punto di vista economico è stato di impatto certamente devastante, tuttavia offre delle opportunità interessanti sotto il profilo dell’ammodernamento delle aziende agrumicole e di un comparto storicamente pigro prima che venisse colpito pesantemente dal virus della Tristeza, che ha costretto a piantare migliaia di nuovi arbusti. L’agricoltore, dunque, deve compiere scelte determinanti che incidono sull’investimento”.

Per combattere questo virus, come dice Asero, è stata messa in atto una riconversione.

“Il ruolo dei centri di ricerca (CREA, Università, assistenze tecniche regionali) – ha sottolineato il ricercatore Marco Caruso – è quello di ottenere nuovi portinnesti, mantenere solide relazioni con i centri di ricerca esteri per favorire l’importazione di nuovo materiale promettente, e di condurre prove su un numero limitato di piante”.

Siamo arrivati al cuore delle pratiche agronomiche messe in atto per combattere il virus della Tristeza:

“Negli ultimi 15 anni, la coltivazione degli agrumi ha subito una rapida evoluzione – ha ricordato il ricercatore Guido Sorrentino – legata al cambio del tradizionale portinnesto, costituito dal diffusissimo arancio amaro, non più utilizzabile in conseguenza della diffusione del Citrus Tristeza Virus (CTV), alle cui infezioni sono sensibili molte specie di agrumi nelle combinazioni di innesto su arancio amaro. Le perdite di produzione oggi stimate dalla USDA nel 2018 ammontano a oltre 800 mila tonnellate annue”.

Insomma, per combattere questo virus bisogna eliminare il portinnesto arancio amaro, sensibile a questa patologia. Se avessimo preso parte al convegno avremmo posto una domanda: il cambio di portinnesto influirà sulla qualità delle arance rosse di Sicilia? Magari chiederemo un parere agli esperti.

Il comunicato ci ricorda che “non c’è solo il virus Tristeza tra i principali ‘nemici’ degli agrumi: gravissimi sono anche gli attacchi della Psorosi, Foglia bollosa, Dry Root Rot, Mal Secco del Limone; Citrus leaf blotch virus (CLBV), Xylella fastidiosa per citarne sono alcuni presenti in Italia”.

“Il movimento delle merci in un mondo globalizzato è molto più rapido di qualche anno fa e a volte è anche effettuato in modo non lecito purtroppo – ha detto ancora Sorrentino -. L’unica via da intraprendere per il futuro è un rigoroso rispetto delle norme fitosanitarie, l’utilizzo di materiale vegetale sicuro e certificato e un’attenzione particolare a quelle cattive abitudini del passato che hanno complicato molto la vita degli agrumicoltori, utilizzo di materiale proveniente da fuori confine e non controllato, vivaismo «fai da te» o peggio. Evitiamo di fare entrare altri patogeni fino a che è possibile”.

Come per il COVID-19 che sta facendo penare tutto il mondo, anche il virus della Tristeza è arrivato da fuori (a quanto pare sarebbe un virus originario del Sud est asiatico): da qui il corretto invito a non importare piante senza controlli.

“Attualmente – leggiamo sempre nel comunicato – – sono in corso gli interventi di riconversione varietale 2020 che si concluderanno fra Ottobre e Novembre prossimi che mirano a raggiungere l’obiettivo della Misura 1 – Pianificazione Della Produzione, con la messa a dimora di nuovi impianti, la sostituzione di quelli esistenti che consentano di introdurre nuove cultivar con migliori caratteristiche intrinseche ed estrinseche e di omogeneizzare l’offerta attraverso una programmazione varietale e colturale”.

“Dal 2017 il CREA di Acireale – ha ricordato infine Giuseppe Russo – ha definito una nuova procedura di rilascio e valorizzazione delle nuove varietà di agrumi e il 19 Febbraio scorso è stato pubblicato un nuovo avviso aperto fino al prossimo 30 Novembre per coinvolgere altre OP e proporre 3 nuove selezioni, oltre le 8 previste nei precedenti bandi”.

Detto questo, noi ci auguriamo che le arance rosse tornino nella Sicilia occidentale, magari facendo arrivare anche le Moro!

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