Prima del 1860 gli svizzeri erano di casa a Napoli e in tutto il Regno delle Due Sicilie

23 settembre 2020

Prima delle disgraziata quanto ‘presunta’ unificazione italiana gli svizzeri emigravano nel Regno delle Due Sicilie dove investivano in varie attività imprenditoriali. Gli svizzeri portarono grande benessere in tutto il Sud Italia. Una storia non molto conosciuta che andrebbe approfondita

“Nel secolo precedente, il Meridione d’Italia rappresentò un vero e proprio eden per tanti svizzeri, che vi emigrarono, spinti soprattutto da ragioni economiche, oltre che dalla bellezza dei luoghi e della qualità della vita. Luogo di principale attrazione Napoli, verso cui, ad ondate, tanti svizzeri, soprattutto svizzeri tedeschi di tutte le estrazioni sociali, emigrarono, con diversi obiettivi personali. Verso la metà dell’Ottocento, nella capitale del Regno delle Due Sicilie quella svizzera era tra le più numerose comunità estere”.

Così scrive Claude Duvoisin, console della Svizzera.

La storia degli svizzeri nel Regno delle Due Sicilie è molto interessante.

Leggiamo alcuni passi di un articolo su pamelagrazia. L’articolo si intitola “Da Napoli a Palermo”:

“Non solo prima di Garibaldi nelle Nostre Terre, il Reame delle Due Sicilie, non c’era emigrazione, ma c’era anche un flusso ben ordinato di immigrazione di alta professionalità… Nel ‘700 e per tutta la prima metà dell’800 il Meridione d’Italia, e in particolare Napoli, rappresenta un vero e proprio richiamo economico per tanti svizzeri.

Ginevra, Neuchâtel, Zurigo e Friburgo alimentano il flusso migratorio verso il Mezzogiorno:

“Mercanti, negozianti, banchieri, tessitori, funzionari, impiegati, domestici si aggiunsero a quelli che vi erano già. La colonia elvetica in divenne la più numerosa. E la più gradita. Gli svizzeri emigrano mossi dal richiamo di buone prospettive per chi investiva in attività produttive (facilitazione nell’acquisire la cittadinanza, premi per merito da parte dei sovrani) ; prospettive incoraggianti offerte altresì dalla dinamicità dei traffici marittimi della realtà partenopea. Emigrano numerosi, a tal punto che, verso la metà dell’Ottocento, nella capitale del Regno delle Due Sicilie, la comunità svizzera era la più numerosa fra quelle straniere presenti a Napoli”.

Gli svizzeri a Napoli e in altri centri del Regno delle Due Sicilie erano graditi sia perché erano bravi imprenditori, sia perché provenivano da un Paese – la Svizzera – che non aveva mire espansionistiche.

Leggiamo sempre su pamelagrazia:

“I principali fattori che determinarono il successo dell’industria tessile degli Svizzeri in Campania furono :

– l’incondizionato appoggio del governo borbonico;

– il sostegno del sistema bancario svizzero ,che aiutava quelle imprese anche con l’emissione di azioni in patria;

– l’abbondanza di manodopera locale addestrata da parte di istruttori appositamente fatti venire dalla Svizzera;

– la forte richiesta del vasto mercato interno del Regno delle due Sicilie;

– la grande possibilità di esportazione verso i paesi del bacino del Mediterraneo.

Cotonifici, filature, pasta, cioccolata, architettura, banche…”.

“Alcune imprese arrivarono a impiegare 1300 operai (Giovanni Giacomo Egg – di Ellikon, Zurigo) che, per primo, aveva creato un impianto completo di filatura e di tessitura a Piedimonte d’Alife, in Provincia di Caserta;

i cotonifici Giovan Giacomo Meyer o meglio la Meyer &Zollinger a Scafati, fondati nel 1825, che arrivarono ad occupare quasi 1200 operai).

L’altra componente significativa della comunità elvetica, almeno fino al 1861, è rappresentata dai reggimenti svizzeri al servizio dei Borbone, che vanno a costituire le milizie scelte dei sovrani del Regno, a loro fedeli fino alla fine”.

E’ importante anche sottolineare la fedeltà degli svizzeri che si erano stabilità nel Sud Italia, che rimasero sempre vicini al Regno delle Due Sicilie, nella buona e nella cattiva sorte.

Nel 1848 gli imprenditori e i banchieri svizzeri di Napoli non appoggiarono la rivolta contro Ferdinando di Borbone: anzi.

Il pensiero degli Svizzeri rimasti fedeli alla causa borbonica è riassunta dal bernese Johann zum Stein, in Neapel – Sizilien1846/1850 Erlebnisse eines bernischen Reisläufers, pubblicato postumo nel 1907:

“I capi di questo partito cosiddetto liberale, che con gran chiasso si erano fatti largo, non intendevano per niente promuovere il bene del popolo; l’unico loro scopo era quello di impossessarsi del governo per potere poi sbafare loro alle greppie delle entrate statali… Questi cosiddetti campioni della libertà del popolo sapevano però che le truppe di stanza erano fedelmente devote al re; perché proprio nessun reggimento si lasciava indurre a fare causa comune con questa banda di avventurieri… Essi esigevano perciò l’istituzione di una guardia nazionale per poterla opporre a tempo opportuno all’armata devota al re, ed il sovrano e i suoi ministri furono tanto imprudenti da darne l’autorizzazione… Se il re si fosse lasciato influenzare meno dall’alto clero e dai nobili al governo e si fosse mostrato più autonomo, e se avesse scelto come consiglieri degli uomini con le idee più popolari, gli avvenimenti si sarebbero potuti risolvere a favore della monarchia, pacificamente…”.

Johann zum Stein – leggiamo sempre su pamelagrazia – si compiace di riportare fatti poco noti. Nel suo diario, tra l’altro si legge:

“Re Ferdinando (intende Ferdinando II di Borbone che regno dal 1831 al 1859), vilipeso e aspramente calunniato col nome di ‘Re Bomba’ dai radicali di ogni paese, dai francesi, dagli inglesi… era invece benvoluto da tutta l’armata… In ogni concentrazione di truppe più importante, dove egli stesso teneva il comando supremo, c’era ordine; non una tendenza a confusione, quale succedeva più di una volta quando un qualsiasi generale teneva il comando. Talvolta capitava che il re ordinasse un alt alle truppe in marcia per farle riposare in aperta campagna, allora, sceso dal suo cavallo, imprestava da un soldato uno zaino per sedersi sopra e riposare anche lui… Al colonnello de Steiger, che fu educato assieme al re nell’istituto del Fellenberg a Hofwil [presso Berna]”, e che a Napoli faceva parte del suo stato maggiore, Ferdinando II dava del ‘tu’, “secondo la loro abitudine degli anni giovanili trascorsi a Berna” .

“Oggi – conclude l’articolo – la colonia svizzera presente a Napoli è costituita soprattutto da discendenti delle famiglie che divennero ‘meridionali’. Molti hanno studiato in Svizzera e come i loro antenati, i giovani sono perfettamente inseriti nella realtà napoletana. Svolgono lavori di impiegati statali, bancari, liberi professionisti. E le donne bionde non sono più identificate come le svizzere”.

Foto tratta da Vesuvio Live

 

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