Ciò che succede al Cristianesimo capita prima o poi anche all’Islam

18 settembre 2020

Oggi l’autore della Nota Diplomatica si cimenta in un parallellismo tra cristianesimo e Islami, tra similitudini e differenze

di Nota Diplomatica

È un pensiero scomodo, ma per molti versi l’Islam è parente stretto del Cristianesimo. Come l’odio all’interno delle famiglie è spesso più feroce di quello verso gli esterni, le due parti si combattono – per l’appunto con ferocia – a partire dalle prime mosse diplomatiche di Maometto, che nel 628 spedì una lettera minatoria al titolare dell’Impero Romano d’Oriente, Eraclio di Bisanzio, invitandolo ad abbracciare la “vera” fede o a pagarne le conseguenze…

Pare la comunicazione di Maometto – all’epoca uno sconosciuto in un deserto lontano – fosse stata ricevuta con ilarità a Bisanzio, mentre quella all’Imperatore della Persia, Cosroe II, provocò un serio travaso di bile imperiale.

Ad ogni modo, da allora la marcia delle due grandi fedi procede per lo più in parallelo, per quanto con un certo sfasamento temporale. Per dire, ciò che succede al Cristianesimo capita prima o poi anche all’Islam.

È il caso dell’ateismo. Da tempo non è più un obbligo essenziale nei Paesi occidentali essere cristiani per far pienamente parte della società. Ci si può pure “dimettere”, smettendo di praticare la fede dominante.

In contrasto sono ancora 12 i Paesi islamici dove l’apostasia – il ripudio del proprio credo – è almeno in teoria punibile con la morte, e altri 13 quelli dov’è semplicemente illegale: punibile con pene che vanno dalla tortura e l’incarcerazione all’annullamento dei matrimoni e la perdita delle eredità oppure della custodia dei bambini.

Malgrado tutto ciò, l’Islam oggi in molti Paesi affronta una crescente ondata di ateismo. Secondo una ricerca dell’Arab Barometer condotta per conto della BBC in 10 Paesi islamici e nei territori palestinesi, tra il 2013 e il 2018-19 la percentuale della popolazione che si identifica come “senza religione” è cresciuta dall’8% al 13%. L’aumento è ancora più radicale tra quelli d’età minore di 30 anni, arrivando al 18%.

Solo lo Yemen ha visto un incremento della religiosità tradizionale.

In non pochi casi il risultato potrebbe dipendere più dall’accresciuta possibilità di ammettere l’apostasia senza troppi rischi che non da una fondamentale revisione del proprio rapporto con Allāh.

Per i conservatori islamici, quel che è (quasi) peggio è che il cambiamento è legato anche a un’evoluzione dei ruoli sociali. Dei Paesi studiati, solo uno -l’Algeria – rifiuta ancora a maggioranza l’idea di un capo di Stato femmina.

Ma se una donna può governare il Paese, in casa non deve regnare. Con la sola eccezione del Marocco, tutti i Paesi studiati ritengono ancora che in famiglia sia il marito a comandare.

Dal punto di vista intellettuale, la chiave di volta pare sia stata l’evoluzionismo. La teoria Darwiniana, e il tipo di pensiero razionalistico che l’ha generata, non può essere discinta dallo studio delle scienze e della
tecnologia ma, com’è stato nel mondo cristiano, fa terribilmente a pugni con la percezione che fu Dio/Allāh ad avere creato l’umanità a sua immagine.

 

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