L’articolo 31 dello Statuto siciliano? Si applica senza ‘coordinamenti’ e azzeccagarbugliate varie!

25 agosto 2020

Sono stati i politici siciliani di fine anni ’40, ’50 e ’60 a inventarsi, d’accordo con Roma, formule metagiuridiche per non applicare alcuni articoli dello Statuto. Non tutti i politici siciliani si ‘consegnarono’ a Roma svendendo l’Autonomia siciliana in cambio di benefici e prebende personali. Giuseppe Alessi a Giuseppe Montalbano, ad esempio, hanno sempre lottato per difendere l’Autonomia siciliana 

L’articolo 31 dello Statuto autonomistico siciliano, che assegna al presidente della Regione la responsabilità dell’ordine pubblico nella nostra Isola, è stato ottenuto – insieme con lo stesso Statuto – perché negli anni successivi al secondo dopoguerra i Siciliani erano pronti alla rivoluzione separatista.

La nascente Repubblica italiana cerco di opporsi? In tutti i modi! Luigi Einaudi stava diventando matto:

“Ma chi ha dato certi poteri alla Sicilia? Lo capite che possono persino battere moneta?”.

Ma Roma dovette ‘ingoiare’ lo Statuto con l’articolo 31, sennò tutto sarebbe andato a carte quarantotto!

L’Autonomia non è stata una ‘concessione’ dello Stato alla Sicilia: al contrario, sono stati i Siciliani che hanno ‘concesso’ – a nostro avviso sbagliando – allo Stato italiano di evitare la separazione della Sicilia dalla nascente Repubblica.

Lo Statuto autonomistico siciliano è del 1946. Quando l’1 Gennaio del 1948 entrò in vigore la Costituzione italiana, lo Statuto siciliano era già ‘dentro’ la Costituzione. Non c’era la Corte Costituzionale, che i padri costituenti non vollero, perché consideravano sbagliato creare una sovrastruttura rispetto al Parlamento.

Per dirimere le questioni tra Stato e Regione siciliana – che erano due Nazioni diverse legate da un ‘Accordo pattizio’ – c’era l’Alta Corte della Sicilia, della quale facevano parte, in egual numero, esponenti dello Stato ed esponenti della Sicilia.

Sono stati i politici della Sicilia – della DC, del PCI, del PSI e i monarchici e i fascisti – tradendo la Sicilia e lo stesso Statuto, a inventarsi una serie di formule metagiuridiche in stile Azzeccagarbugli per non applicare alcuni articoli dello Statuto.

Una dei pochissimi politici siciliani di quegli anni che voleva applicare integralmente lo Statuto era il democristiano Giuseppe Alessi. E siccome era un grandissimo giurista e non era un venduto a Roma, i democristiani non lo fecero governare.

Le formule che hanno inventato – il ‘coordinamento’ dello Statuto con la Costituzione e altre balordaggini ascare – sono servite, lo ribadiamo, a non applicare integralmente lo Statuto.

L’istituzione della Corte Costituzionale, nel 1957, è stato un blitz per controllare la politica italiana. E la Corte Costituzionale, appena insediata, fece, a propria volta, un blitz i danni della Sicilia, assorbendo le competenze dell’Alta Corte. E’ allora che finisce l’Autonomia siciliana: con l’assorbimento abusivo dell’Alta Corte da parte della Corte Costituzionale.

Chi ha letto e studiato i giornali di quegli anni conosce le battaglie contro questo sopruso condotte da due grandi politici siciliani: il citato Giuseppe Alessi – che era un principe del Foro, inattaccabile sul piano giuridico, perché ne sapeva più di tutti gli altri ‘costituzionalisti’ dell’epoca messi insieme – e Giuseppe Montalbano, comunista, anche lui giurista, docente alla facoltà di Giurisprudenza di Palermo.

Giuseppe Alessi, dopo il blitz, non solo diede le dimissioni da presidente del Parlamento siciliano, ma si racconta che voleva lasciare la DC per dare vita a una sorta di CSU siciliana. Si dice che la mediazione di Aldo Moro evitò rotture traumatiche.

Giuseppe Montalbano fece una battaglia dentro e fuori il PCI siciliano in difesa dell’Autonomia siciliana. Alla fine lascerà il Partito comunista e, negli ultimi anni della sua vita darà alle stampe un libro – Mafia Politica e Storia – dove ne racconta di cotte e di crude sulla politica siciliana, sugli ascari, sulla vicenda di Salvatore Giuliano, assestando ‘fendenti’ pesantissimi anche al suo ex partito.

Questa è la storia. Chi oggi dice che l’articolo 31 dello Statuto siciliano non si può applicare per questo o quel cavillo fa parte di quella eletta schiera di Azzeccagarbugli sempre pronti a negare l’evidenza.

Il presidente Musumeci nega la validità dell’articolo 31 dello Statuto? Se è così, si sbaglia.

Ah, dimenticavamo: semmai è la Costituzione italiana che si deve ‘coordinare’ con lo Statuto siciliano, visto che vede la luce quasi due anni prima della Costituzione italiana del 1948. Così, tanto per precisare.

Qui di seguito l’articolo 31 dello Statuto siciliano:

Art. 31

Al mantenimento dell’ordine pubblico provvede il Presidente della Regione a mezzo della polizia dello Stato, la quale nella Regione dipende disciplinarmente, per l’impiego e l’utilizzazione, dal Governo regionale. Il Presidente della Regione può chiedere l’impiego delle forze armate dello Stato.

Tuttavia il Governo dello Stato potrà assumere la direzione dei servizi di pubblica sicurezza, a richiesta del Governo regionale, congiuntamente al Presidente dell’Assemblea e, in casi eccezionali, di propria iniziativa, quando siano compromessi l’interesse generale dello Stato e la sua sicurezza.

Il Presidente ha anche diritto di proporre, con richiesta motivata al Governo centrale, la rimozione o il trasferimento fuori dell’Isola, dei funzionari di polizia.

Il Governo regionale può organizzare corpi speciali di polizia amministrativa per la tutela di particolari servizi ed interessi.

 

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