Serve un progetto di rinascita per l’Italia, serve un progetto di rinascita del Sud

9 agosto 2020

L’Italia sta affondando. Lentamente, ma sta affondando. E’ stato un gravissimo errore aver affidato il Paese a personaggi senza storia, per lo più dilettati, e agli affaristi senza scrupoli. Serve una svolta. Che parta dal rilancio del Sud, sacrificato dagli egoismi di un Nord che, negli ultimi anni, ha espresso una classe dirigente mediocre 

di Alessio Lattuca

Sorge spontanea una domanda: come sia possibile che una classe dirigente (di area) progressista – in presenza di un pericolo imminente di una destra securitaria, retrograda, fascioleghista, in agguato – si comporti come i protagonisti della politica dei primi anni del secolo scorso, definiti dagli storiografi: “sonnambuli”. Una classe dirigente pavida, indecisa, irresponsabile, che (nonostante l’evidenza del pericolo) non ha capito, ha reso possibile o non ha impedito lo scoppio della prima guerra mondiale e delle conseguenze, i guasti e i drammi (fascismo, nazismo, franchismo) dei quali, loro malgrado, si sono resi responsabili.

La storia non si ripete ma si ripropone in modo diverso e racconta dell’animo umano, dei suoi egoismi, delle sue pulsioni, dell’avidità… E’ ovvio che non si tratta di guerra ma di un cambio di paradigma. Tutti dichiarano di essere pronti al voto, ma gli ineffabili protagonisti della politica non si chiedono se tale scelta sia utile e se sia un bene per il Paese.

Non si tiene nella dovuta considerazione che si tratta di un Paese preda della crisi più profonda conosciuta, con una larghissima classe di “esclusi”. Nella quale le disuguaglianze hanno aggredito anche il cosiddetto ceto medio. Un Paese che avrebbe bisogno della costruzione di una collettiva visione di azioni, in grado di fare emergere una vera classe dirigente ma, invece, resta impaurito, attonito. Nel quale il populismo assedia il cittadino, minacciato, umiliato, marginalizzato reso insicuro, fagocitato da parole d’ordine: paura degli immigrati, paura delle disuguaglianze, paura del diverso, paura della disoccupazione, paura per il futuro.

E, come rilevato dal Censis, prende corpo l’offerta seduttiva dell’uomo forte che risolve i problemi senza intermediazioni, senza lacci e lacciuoli. Ma è evidente che proposte che hanno a che fare con le democrature e le illiberalità (ormai di casa in taluni paesi dell’area Visegrad) siano un vulnus per la democrazia, per le libertà.

Mentre il ceto politico litiga su tutto (con un dibattito furioso, identitario carico di un pericoloso approccio muscolare) il Paese – dentro una crisi sistemica – sta saltando e pretende una risposta adeguata alla gravità della situazione.

Accadono davvero cose turche in un Paese in piena emergenza, che ha perso nel decennio 10 punti di PIL, che registra un notevole calo della produzione industriale e un gravissimo deficit di produttività (un abisso del 25% di produttività tra Italia e Germania), che non possiede un “piano industriale” meno che mai agricolo, che è in stagnazione e prossimo alla recessione e in evidente irrilevanza che lo conduce al declino, alla morte civile.

Un Paese nel quale non si intravede nessun argine alla deriva: uno stallo che alimenta il bisogno dell’uomo forte, corre il rischio che sia alimentata una vera crisi della democrazia rappresentativa.

D’altro canto il Paese è prigioniero di un ceto politico, prevalentemente, composto da dilettanti che – nel solco di quanto è accaduto negli ultimi 25 anni – continuano a creare guasti irreparabili. Un ceto politico privo di competenze, che si copre di invettive, eccitato da opposte fazioni che urlano ingiurie incomprensibili. Un ceto politico le cui espressioni e manifestazioni risultano insopportabili.

Ma lo sono di più le cornici predisposte da certi politici, dentro le quali si anima lo sconcioso dibattito. Un ceto particolarmente presuntuoso e talvolta arrogante che sta precipitando il Paese nel caos (data l’assurda situazione in cui si è cacciato senza un vera maggioranza e senza opposizione), con l’economia inchiodata, con alcune opere già in programma ma bloccate da desuete ideologie o peggio da stupidità.

Un ceto politico capace, tuttavia, di una pretestuosa equivoca abilità contro il Sud. Che ha la pretesa di portare avanti una politica di natura cinica, che crea le condizioni per avvantaggiare una parte del Paese, a discapito di un’altra (vedi Autonomia differenziata), che contrappone all’atavica, irrisolta questione meridionale, una nuova questione settentrionale.

Detti soggetti incarnano lo spirito di questo tempo che registra una perdita di senso: l’idea che qualcuno possa salvarsi da solo. Evidentemente l’equazione non può funzionare!

Il punto rilevante è l’incertezza e diventa imbarazzante che il Governo non affronti l’emergenza che si registra nel Mezzogiorno e si doti di un vero “piano e di una cabina di regia” che, con disciplina, possa “finalmente” mettere in piedi un metodo credibile, che funzioni.

E’ evidente che: mancata programmazione, totale assenza di una politica a favore dei territori a ritardo di sviluppo,il nodo infrastrutturale, l’emigrazione di cervelli e di braccia, la desertificazione, lo spopolamento, il dissesto idrogeologico, abbiano allontanato i cittadini elettori dai partiti tradizionali a favore del movimentismo, anch’esso senza risposte.

Un segnale per affrontare il tema della disaffezione e per riconsiderare i rapporti con un vasto territorio di oltre 20 milioni di abitanti (tanti sono gli abitanti del Sud Italia, Sicilia compresa) potrebbe essere:

– la costruzione collettiva di una nuova “Vision” orientata alla promozione di una significativa politica di giustizia sociale in grado di recuperare le disuguaglianze e i guasti che le politiche neo capitaliste hanno causato, in particolare nei territori più fragili;  tale proposito, risulta urgente mettere al centro le politiche del Lavoro e un credibile piano occupazionale con incentivi agli investimenti: per rendere attraente un territorio nel quale sono note le difficoltà infrastrutturali, sociali e politiche, a partire dall’abbattimento costo del lavoro e dalla fiscalizzazione oneri sociali per i nuovi assunti, aiuti per il reinvestimento degli utili d’impresa, abbattimento del cuneo fiscale per le nuove imprese che assumono;

– un rinnovato impegno per rafforzare il ruolo di Scuola e Università con nuove risorse ed investimenti, politiche mirate all’ecosostenibilità degli edifici e a rimpinguare il fondo destinato alle borse di studio per il Sud;

– il rilancio di una grande opera già finanziata dall’UE qual è la chiusura del corridoio Berlino-Palermo (dentro il Libro bianco di Delors) e in conseguenza, dell’alta velocità e delle infrastrutture collaterali (per non lasciare totalmente isolato il Mezzogiorno dopo l’insensata scelta di deviare il corridoio da Napoli verso Bari) una struttura che può svolgere la funzione di Trait d’union per le politiche euro mediterranee, per cui è stata pensata e progettata (vedi Libro bianco di Delors);

– il completamento dell’autostrada Siracusa-Gela-Mazara del Vallo, indispensabile per dotare la Sicilia di una struttura autostradale progettata da tantissimi anni e già parzialmente realizzata;

– l’armonizzazione delle politiche dei trasporti e dell’intermodalità via mare, ferro, gomma, con la valorizzazione dei porti commerciali e turistici a partire da: Gioia Tauro ad Augusta, a Termini Imerese, etc;

– un significativo nuovo contratto di servizio con FFS che preveda, prioritariamente, una consistente percentuale di investimenti al Sud rispetto, intanto, ai 3 mld annui di fondi pubblici che riceve dallo Stato per garantire il servizio nel Paese: con il tempestivo raddoppio delle linee ferrate (con lo scopo di creare una rete metropolitana a raso) che consentano di viaggiare (anche ai turisti non con l’alta velocità, come succede nella parte più evoluta del Paese) almeno con la media velocità; piuttosto che assistere inermi alla programmazione della espansione, sui mercati esteri (per rispondere alle sfide della liberalizzazione dell’alta velocità del mercato globale: vedi UK, Spagna, Irlanda, etc) di FFSS – Ente pubblico che si comporta come una società privata, tendente al profitto, piuttosto che osservare il ruolo di public servant e che non riesce a non considerare adeguatamente le sfide, i doveri e i problemi del mercato nazionale e, in particolare, del Sud;

– interventi mirati per realizzare la continuità territoriale con le isole prevista dall’UE;

– un vero contratto di servizio con Alitalia, compagnia pubblica che preveda un tariffario agevolato per le isole, per consentire pari opportunità per la mobilità; in grado, anche, di risarcire milioni di cittadini che hanno contribuito prima con il pagamento delle tasse e poi con il pagamento di un insopportabile surplus di costi (circa 10 mld di euro) generata dall’inefficienza e dagli sprechi (derivanti da mala gestione) da parte di tanti AD e commissari, i quali sono andati, con buone uscite miliardarie, senza aver dato conto della loro irresponsabilità;

– una politica “Ambientale” di prevenzione del dissesto idrogeologico e per la transizione ecologica delle imprese diretta ad attrarre gli investitori nazionali e internazionali interessati a insediarsi al Sud ma in grado, anche, di attivare politiche di risanamento e riconversione urgenti per dare respiro a un Mezzogiorno che è stato vittima, inconsapevole, di una dissennata azione dello Stato (vedi Partecipazioni statali) e di tanti politici e boiardi preda di una “malintesa” idea di sviluppo: chimica, idrocarburi, siderurgia (vedi Bagnoli, Taranto, Gela, Priolo, Siracusa,Porto Empedocle, Milazzo,etc), che ha causato gravissimi danni al territorio e alle persone (guasti ambientali, inquinamento, contaminazione, malattie, malformazioni) i cui costi proibitivi, necessari per il risanamento, recupero e per l’eventuale riconversione, gravano oggi sui conti pubblici, ma sono indispensabili.

A tale proposito occorre citare il caso ILVA: lo Stato ha il dovere ma anche l’interesse ad assumere il proprio ruolo di proprietario: per ristabilire le regole ed aprire lo “spazio temporale” che serve ad evitare dannose surroghe da parte della Magistratura, per trovare le “soluzioni” e individuare mirate politiche dirette a rafforzare la competitività degli impianti, da coniugare con le dovute politiche di sicurezza ambientale.

In definitiva, una politica sensata e moderna, diretta a contrastare i falsi idoli, eretti dalla crescita economica esponenziale e senza controlli e dalla prevalenza di un’etica privata che sconfina nell’egoismo, ci aiuta a rivelare la necessità di una via allo sviluppo, rifondata sull’etica della responsabilità.

Una politica complessa e ambiziosa, condotta da una maggioranza in grado di offrire un orizzonte e di individuare il cemento necessario per esprimere un progetto di Paese e rilanciare l’azione di Governo (che diventa percorribile se condotta da quella che una volta si chiamava borghesia illuminata) estensibile a chiunque abbia ancora il senso di tenere insieme diritti e doveri, non disprezzare il prossimo, non offendere l’ambiente e che sia in grado di raccogliere un sistema di valori (vedi Sardine e non solo) che protesta contro: sovranismi, nazionalismi, dazi,muri, violenza verbale (che si fanno beffa della scienza e della prudenza) e tradurli in “politica”.

Foto tratta da Gli Stati Generali

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