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La Sicilia davanti a due invasioni: i migranti e il Coronavirus che arriva da fuori

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In questa riflessione il professore Massimo Costa affronta due temi cruciali: i migranti che arrivano da Libia e Tunisia e il virus che arriva in Sicilia da fuori. Provare a dare risposte a questi temi mentre nella nostra Isola si accendono le prime proteste e mentre si scopre che alla Sicilia poteva essere evitata la chiusura da Coronavirus non è semplice. Ma è bene provarci 

di Massimo Costa

In questi giorni cominciano a nascere in Sicilia manifestazioni spontanee contro il disastro nella gestione dei migranti. Che succede realmente?
Non è un rigurgito di egoismo di poveri contro i più poveri come qualcuno, sempre meno, si ostina a pensare. C’è il manifesto timore, piuttosto, che uno Stato italiano allo sbando faccia pagare alla Sicilia il prezzo più alto di questa tragedia. E già si sentono le dichiarazioni di alcuni presidenti di Regione, specie del Nord, che dicono apertamente che l’emigrazione FINISCE in Sicilia. Nessuno pensi di fare redistribuzioni, secondo loro.

La Sicilia, Regione-colonia, già defraudata ogni anno di miliardi di euro di spettanze; la Sicilia, che lo Stato non ha protetto in alcun modo dalla devastazione economica del lockdown; ora questa stessa Sicilia dovrebbe addirittura farsi carico di qualcosa come il 90% del carico umano ed economico di questa tratta di esseri umani. E come potrebbe mai farlo senza cadere nel caos?

DOVE SONO ITALIA E UE? – La fuga dell’Italia e dell’Europa dalle loro responsabilità però ha un merito. Ha dimostrato ai Siciliani la loro totale inutilità. Ha cementato tra loro coloro che su questo tema hanno le opinioni più diverse. Tutti si stanno rendendo conto che la Sicilia è sola, non rappresentata da nessuno stato. Sola ad affrontare problemi infinitamente più grandi di essa.

Per questa ragione, intanto, chiunque organizzi le manifestazioni di protesta, e anche con i distinguo che vogliamo sulle intenzioni di questo o quello, fa bene. Io devo dire che protestare è giusto, manifestare è giusto. Non si può continuare così. Io sono con i manifestanti anche se non sono fisicamente con loro. Nessuno tenti di etichettarle come manifestazioni “xenofobe”. Sarebbe inaccettabile. La xenofobia non è nel nostro DNA. È solo un grido di legittima difesa.

IL SINDACO PIDDINO DI LAMPEDUSA – Le “navi-quarantena”, ad esempio, sono una soluzione? Lasciamo perdere.
Dobbiamo capire che quando un sindaco piddino di Lampedusa dice che così non può andare avanti, quando lui stesso viene dalla solita retorica della “Porta d’Europa”, dell’accoglienza senza fine, beh, allora c’è qualcosa che si è rotto nella narrazione ufficiale.

E non poteva che essere così. Lo dicevamo in tempi non sospetti. E’ una questione di numeri. Tu puoi essere accogliente quanto vuoi, puoi avere un cuore grande grande, ma a un certo punto le risorse finiscono, pure quelle per te….

E la diffusione del Covid? Io non sono stato mai un allarmista e continuo a non esserlo. Però, però, devo dire che lo Stato italiano sta facendo di tutto per tentare di fare attecchire un virus che di Sicilia proprio non vuole saperne.

Ce la prendiamo con chi non usa le mascherine quando è perfettamente inutile, come nei locali pubblici in cui non c’è quasi nessuno o che siano ben aerati, ovvero con le vere o presunte “movide”. Ma i numeri dicono altro, ben altro. I numeri dicono che la Sicilia a metà luglio era Covid Free. Non protetta da Conte, che ha fatto rientrare dalle zone rosse i contagiati nel momento peggiore. Poi sottoposta a chiusura totale insieme a Bergamo, quando a Bergamo erano contagiati il 25% della popolazione e qua lo 0,3%.

Poi sindaci e presidente della Regione mortificati quando avrebbero voluto e potuto attuare un controllo degli ingressi (non sia mai! l’Italia è una e indivisibile). Infine travolta dai migranti, da cui viene sistematicamente la maggior parte dei nuovi contagi, per fortuna al solito quasi tutti asintomatici. Non sono preoccupato, sono ancora solo 4 persone in terapia intensiva con una capienza massima di circa 1.000. Nessun allarmismo è consentito. Ma una piccola spia, un piccolo allarme, ora è quanto meno lecito. E c’è da giurarci che se, malauguratamente, il virus dovesse avere una seconda ondata solo in Sicilia dovuta alle migrazioni (anzi una prima vera ondata), questa volta saremo SOLO NOI chiusi in quarantena e “finalmente” isolati dall’Italia…

Proviamo a pensare a una soluzione, che non sia la trasformazione dell’Isola in un intero gigantesco Hotspot…

La mia mente, per un attimo, va alla soluzione ottima. Se avessimo uno STATO DI SICILIA cosa dovremmo fare? Libia e Tunisia sono i nostri Paesi confinanti a sud, a sud di una striscia di mare che deve essere divisa tra noi e loro in zone d’interesse in base alla distanza dalla costa. Sono Paesi confinanti. Quel che accade là fa parte dell’INTERESSE PUBBLICO NAZIONALE SICILIANO. Non contiamo Malta. Malta non può gestire questo flusso, è una città-stato. I suoi confini meridionali con la Libia è come se fossero i nostri. Noi abbiamo dei doveri di protezione della sicurezza del piccolo Stato mediterraneo in cambio di alleanza ed amicizia.
E che fare a quei confini?

Dire chiaramente a chi comanda in Tripolitania che la Sicilia non tollera immigrazioni illegali mascherate da naufragi. Io sono per l’accoglienza e per non rendere inutilmente difficili le migrazioni e le naturalizzazioni. Ci sono sempre state ed è giusto anche accogliere una quota di “migranti economici”. Ma… cum grano salis.

QUESTIONE LIBICA: ALLEARCI CON HAFTAR – Questa è semplicemente un’invasione e va trattata come tale, anteponendo a tutto la nostra sicurezza nazionale e gli equilibri etnici che, alla lunga, ne risultano alterati in modo irreversibile. Se è necessario guardia costiera e marina militare devono riportare con la forza in Tripolitania gli irregolari, che – ricordiamolo – sono andati là di propria volontà. Accogliamo solo i minori (quelli veramente minori e in maniera inconfutabile), se piccoli con le mamme, i malati. Per i profughi politici possiamo istituire un ufficio a Tripoli che valuti le singole domande. Nessuno deve capire che forzando la mano, e magari rischiando anche la vita, poi ottiene carta bianca per fare quello che vuole.

Se in realtà scopriamo che la Tripolitania è diventata provincia turca, che di proposito ci destabilizza per un proprio disegno neo-ottomano, allora dobbiamo allearci con Haftar. Fare patti chiari con lui, sostenerlo militarmente ed economicamente. Gli interessi nazionali sono una cosa seria. Lo so che siamo disabituati… ma abituiamoci perché “la propria manu è chidda c’arraspa”.

E la Tunisia? Oggi circa la metà vengono da una vicina Tunisia affamata.
La risposta nel breve è semplice. In Tunisia non c’è guerra ed è uno Stato di diritto: quindi rimpatrio immediato, punto e basta.

Ma questa è una risposta solo di breve periodo, per mantenere lo Stato di diritto. Noi NON abbiamo interesse ad una Tunisia affamata. L’Italia con l’Albania, dal 1990, ha adottato una strategia intelligente, quasi adottandola. Oggi, con gli investimenti italiani, l’Albania è un Paese che ha ritrovato un suo ruolo e dal quale non abbiamo alcun problema.

ADOTTARE LA TUNISIA – Noi, come SICILIANI, abbiamo il diritto e il dovere di – in un certo senso – ADOTTARE LA TUNISIA. Dobbiamo lanciare, con le nostre piccole o grandi forze, uno straordinario programma di cooperazione, economica, culturale, tecnologica, manageriale, finanziaria, in modo che, pur nella più opportuna divisione del lavoro, le due economie confinanti trovino il modo di aiutarsi a vicenda e di integrarsi.

I Tunisini, in larga parte, devono trovare in Tunisia di che vivere, come i Siciliani in Sicilia. Non dobbiamo vederli come “nemici”, ma come “vicini di casa”. Noi possiamo e dobbiamo diffondere l’italiano in Tunisia (che è anche lingua dei Siciliani), ammodernare le loro colture, favorire l’insediamento economico…

Anche sulla pesca dobbiamo trovare una soluzione. Non solo le acque territoriali, ma tutta la piattaforma continentale prospiciente la Sicilia è nostra zona di sfruttamento esclusivo. Definiamo l’area di competenza tunisina e “coltiviamo” insieme quest’area (ma la maggior parte della superficie marittima è nostra, basti guardare la carta geografica), impedendo, anche con le armi, che altri natanti facciano altro in questa zona se non transitare.

Ma purtroppo non siamo uno Stato. E allora? E allora queste cose, tutte queste cose, le deve fare – bene o male – l’Italia. Dobbiamo chiedere, pretendere, urlare, che in questo scacchiere l’Italia faccia quello che farebbe la Sicilia se fosse uno stato a sé.

TRASFERIRE ALLA REGIONE LA GUARDIA COSTIERA – Pretenda il Presidente della Regione di essere convocato come Ministro in tutte le questioni che riguardano i confini sud della Repubblica Italiana.
Pretenda, ai sensi dell’art. 31 dello Statuto, ed esattamente come è stato trasferito il Corpo Forestale, il trasferimento alla Regione della Guardia Costiera, trasferimento dal Ministero della Marina Mercantile alla Regione siciliana, all’assessorato ritenuto più competente.

Con la Guardia Costiera la Sicilia avrebbe già una sua “flotta”, che potrebbe controllare i confini meridionali. Senza dimenticare che, sempre in forza dell’art. 31 dello Statuto, il Presidente può anche dare ordini alla Marina Militare italiana quando sono in gioco interessi vitali della Sicilia.

Una cosa è certa. Ci sono milioni di Siciliani che vogliono una risposta, una risposta ferma. E noi non possiamo lasciare inevasa questa domanda.

Sopra, foto tratta da La Stampa: a Porto Empedocle la stanchezza dei cittadini stressati dai continui arrivi di migranti

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