Quando oltre dieci anni fa c’era chi voleva cedere Lampedusa all’Africa…

3 agosto 2020

In effetti questo articolo – una sorta di lettera al direttore di Live Sicilia, scritta tra l’ironico e il paradossale – ha, in un certo senso, anticipato una realtà che, in questi giorni, va in scena a Lampedusa. Allora era solo un paradosso… 

Correva l’anno 2006. A Lampedusa c’erano già gli sbarchi di migranti. Non come oggi, questo no: ma c’erano. Allora, chi scrive, collaborava, ogni tanto, con Live Sicilia, allora diretto da Francesco Foresta. Con Francesco – venuto a mancare prematuramente – ci conoscevamo dalla seconda metà degli anni ’80 del secolo passato. Ci vedevamo spesso nel Palazzo Reale di Palermo, la sede del Parlamento siciliano. Lui scriveva di politica regionale per il Giornale di Sicilia, chi scrive per il quotidiano L’Ora.

Siamo sempre rimasti in rapporti cordiali. Francesco aveva iniziato la sua avventura con Live Sicilia. Un giorno ci incontrammo all’ora dell’aperitivo. Mi disse:

“Perché ogni tanto non scrivi quello che vuoi, una cosa così, senza impegno, quando ti va?”.

Così ogni tanto scrivevo quello che mi passava per la mente.

Un giorno gli inviai una lettera su Lampedusa che oggi voglio riprendere. Perché la riprendo? Perché, in effetti, anticipava uno scenario che l’isola delle Pelagie sta vivendo in questi giorni.

La mia tesi? Nel titolo fatto da Francesco (che nei titoli era praticamente insuperabile):

“Cediamo Lampedusa all’Africa”.

“Caro direttore (la rubrica, se non ricordo male, era una sorta di ‘letterA al direttore)

“Le scrivo questa lettera dopo aver appreso dell’ennesimo sbarco di clandestini a Lampedusa (pare che siano più di 400 disperati). Così mi è venuta un’idea che, se applicata alla lettera, potrebbe risolvere alla radice la questione. Lampedusa, è noto, rappresenta la parte di territorio più a Sud dell’Italia (e forse dell’Europa, se non ci sbattono fuori prima). Bene, per venire finalmente a capo di questa vicenda non resta che una via: regalare agli africani l’isola di Lampedusa. Lo so, lì per lì Lei, e forse anche i lettori, mi prenderanno per matto. Ma la proposta, se ci ragioniamo un po’ su, è molto meno strampalata di quanto non appaia a prima vista. Per un paio di ragioni che cercherò di seguito di spiegare”.

La proposta la illustravo così:

“La prima ragione è di ordine geologico (geologia storica, per essere precisi). Lampedusa, si sa, non è un’isola di origine vulcanica, ma di origine calcarea. Questo significa che centinaia di migliaia di anni fa (magari di milioni di anni, va) era legata al Continente. Per la precisione, faceva parte del Continente africano. Quando i ghiacci, bontà loro, decisero di sciogliersi, venne circondata dalle acque del mare e diventò un’isola. Che oggi è italiana. Ma che potrebbe benissimo ritornare alla patria d’origine: l’Africa. Certo, l’Italia perderebbe Lampedusa, le sue bellezze naturali (a cominciare dall’Isola dei Conigli e, forse, dagli ‘sbarchi’ della tartaruga carretta carretta) e i suoi disastri ambientali (l’80 per cento e forse più del territorio di quest’isola è desertificato, anche se tutti fanno finta di non accorgersene). A giudicare da come, nei fatti, vengono trattate le isole minori del nostro Paese, per i lampedusani l’eventuale cessione del proprio territorio all’Africa non dovrebbe essere una grave perdita. Se gli abitanti dell’isola dovessero proprio insistere per restare italiani (cosa di cui dubito, visto che, ad esempio, gli abitanti delle isole Eolie, quelli veri, si considerano eoliani e basta), l’Italia potrebbe sempre prendere in affitto Lampedusa. Il risparmio, per il nostro Paese, sarebbe enorme. Vuole mettere il costo di affitto di un’isola minore con le risorse che ogni anno l’Italia spende per mantenere il campo di concentramento (pardon, il centro di accoglienza) dell’isola e, soprattutto, il ponte aereo per trasportare gli extra comunitari da Lampedusa nel resto d’Italia e, in fondo, in Europa?”.

Sì, a Lampedusa c’è un aeroporto e, allora, i migranti venivano trasferiti in Sicilia in aereo: oggi si debbono accontentare del traghetto.

“Per non parlare di tutta l’organizzazione che sta a valle: assistenza, beneficenza e via continuando. Tutto regolarmente a carico del pubblico Erario. E, per carità, non parlo di chi fa la ‘cresta’ a queste attività di soccorso perché sono convinto (o quasi) che nessuno, nel nostro Paese, specula sugli extracomunitari (a parte le tantissime aziende che gli danno pochi spiccioli per farli lavorare quattordici ore al giorno, le famiglie che, con le stesse retribuzioni, li impiegano nei lavori di casa, i ristoratori che, sempre per gli stessi spiccioli, li trattano da sotto-sguatteri e altri cento casi di questo genere ancora). Pensi che sorpresa: arrivati a Lampedusa, i disperati scoprirebbero di essere ancora in Africa. Un dramma per loro e, soprattutto, per chi sfrutta la disperazione di questa gente. Una volta scoperto di essere finiti in un’isola africana, ai mancati emigrati africani non resterebbe che chiedere indietro i soldi ai malandrini che lucrano su questo traffico umano. Per queste bande, almeno nei primi due-tre anni, sarebbe un colpo tremendo. Perché in un attimo perderebbero, come chiamarlo?, il core business di questo affare: l’aeroporto di Lampedusa. Perché, diciamocelo chiaramente: è vero che Lampedusa è un’isola di alto mare, è vero che è vicina all’Africa, ma è altrettanto vero che, senza l’aeroporto – che, ovviamente in modo indiretto, gli dà una mano – i gestori di questo becero business (che potrebbero anche essere definiti mezzi mafiosi, se non tutti mafiosi), dovrebbero quanto meno aggiornare in meglio il parco navi: non più ‘carrette del mare’, ma imbarcazioni più grandi e più sicure. Perché un conto è arrivare a Lampedusa, un altro conto è arrivare in Sicilia”.

Pensate un po’: anche allora, come oggi, c’era chi guadagnava una barca di soldi per far arrivare i migranti prima a Lampedusa e, da quest’isola, nell’Isola più grande, cioè in Sicilia. Sedici anni dopo non è cambiato niente!

Il finale dell’articolo, se siete curiosi, andatelo a legge su Live Sicilia:

QUI L’ARTICOLO DI LIVE SICILIA 

Foto tratta da il sestante

 

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