Sentenza storica: agli agricoltori è consentito di abbattere i cinghiali

31 luglio 2020

Lo ha stabilito, di fatto, una sentenza della Corte Costituzionale pronunciata su una vicenda delle Marche. Pronunciamento che potrà essere esteso in tutte le Regioni italiane, compresa la Sicilia 

Stamattina abbiamo pubblicato un articolo nel quale il presidente di Confagricoltura Sicilia, Ettore Pottino, propone di aprire la caccia tutto l’anno al cinghiale per ridurre la popolazione di questi animali che stanno provocando danni a tante aziende agricole. Lo stesso Pottino ha postato sulla propria pagina Facebook un articolo nel quale, sempre a proposito dei cinghiali, in effetti, si dà notizia di una sentenza storica che arriva dalle Marche, dove agli agricoltori viene data la possibilità di abbattere i cinghiali.

Si tratta di un articolo pubblicato su La Nuova Riviera, dove si dà notizia di una sentenza della Corte Costituzionale.

“Storica sentenza della Corte Costituzionale – scrive La Nuova Riviera – che boccia il ricorso del Tar delle Marche contro la legge regionale che autorizza gli agricoltori muniti di licenza di caccia a partecipare all’abbattimento dei cinghiali all’interno delle proprie aziende. Contro il provvedimento avevano fatto ricorso al Tribunale amministrativo regionale alcune associazioni ambientaliste, lamentando che, tra le altre cose, l’estensione ai proprietari dei fondi della possibilità di prendere parte all’attività di selezione prevista dall’articolo 25 fosse di fatto incostituzionale. Una tesi che la Suprema Corte ha ora respinto, aprendo di fatto la possibilità per tutte le Regioni di seguire l’esempio delle Marche. Un’opportunità importante per porre un freno a un fenomeno, quello della proliferazione degli animali selvatici, che sta devastando le campagne italiane”.

“La popolazione dei cinghiali – prosegue l’articolo – è più che raddoppiata negli ultimi dieci anni, salendo a due milioni di capi. Ma se si considera la sola dorsale appenninica, la concentrazione media sale a un animale ogni cinque abitanti. Il risultato è che nelle campagne si registrano ogni anno danni stimati in almeno 200 milioni alle colture ma a preoccupare sono anche i rischi per la salute provocati dalla diffusione di malattie e soprattutto gli incidenti stradali in grande aumento. I cinghiali sempre più spesso si spingono fin dentro i cortili e sugli usci delle case, scorrazzando per le vie dei paesi o sui campi, nelle stalle e nelle aziende agricole. Una situazione che costringe ormai le aziende a lasciare i terreni incolti, stravolgendo l’assetto produttivo delle zone”.

“Ma la proliferazione senza freni dei selvatici sta mettendo anche a rischio l’equilibrio ambientale di vasti ecosistemi territoriali. Studi ed esperienze relative all’elevata densità dei cinghiali in aree di elevato pregio naturalistico hanno mostrato notevoli criticità in particolare per quanto riguarda il rapporto tra crescita della popolazione dei selvatici e vegetazione forestale”.

In effetti, anche in Sicilia ci sono aree – per esempio sulle Madonie – dove i cinghiali provocano danni all’agricoltura e creano enormi problemi nei centri abitati (in questi luoghi ci sono anche problemi con i daini).

Lo stesso discorso vale per i Nebrodi e per altri aree della Sicilia. 

Non siamo tifosi di caccia e cacciatori. Ma di fronte a una politica italiana e siciliana che non sa affrontare i risolvere i problemi, è anche logico che a decidere cosa fare sia la Giustizia.

QUI L’ARTICOLO DE LA NUOVA RIVIERA

 

 

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