Addio a don Baldassare Meli, il sacerdote che nella Palermo di fine anni ’90 scoperchiò il pentolone della pedofilia

27 giugno 2020

Noi a fine anni ’90 c’eravamo. E siamo stati testimoni non soltanto di un periodo buio, ma anche di una chiesa cittadina battagliera, che difendeva gli immigrati nel Centro di Santa Chiara e i bambini del quartiere dell’Albergheria. Abbiamo incontrato qualche anno fa don Meli a Palermo e, in quell’occasione, abbiamo rievocato quegli anni terribili. Qui trovate un’illuminante testimonianza

Stamattina è venuto a mancare don Baldassare Meli, parroco della chiesa di Santa Lucia a Castelvetrano. Il sacerdote è spirato alle prima luci dell’alba.

Don Meli è un sacerdote di grandi doti umane. Era molto conosciuto e molto amato a Castelvetrano e dintorni. Ma negli anni ’90 del secolo passato era molto conosciuto e molto amato anche a Palermo. Noi ricordiamo l’impegno di don Meli, nel capoluogo della Sicilia, in difesa dei più deboli: in particolare, in difesa dei minori che, nella seconda metà degli anni ’90, erano preda di una banda di pedofili.

Don Meli l’abbiamo incontrato qualche anno fa a Palermo, in occasione dei quarant’anni del Centro dedicato a Peppino Impastato, il giovane di di Cinisi ammazzato dai mafiosi nel maggio del 1978.

Chi scrive ha partecipato a quel convegno (qui trovate l’articolo che abbiamo scritto per Time Sicilia).

In quell’occasione abbiamo pubblicato – sempre su Time Sicilia – uno scritto di don Meli dove il sacerdote racconta i fatti di Palermo legati alla pedofilia. Ne proponiamo una parte che dà la misura dell’impegno di questo sacerdote in una città che, come potete leggere, in quegli anni era un po’ agro-dolce: c’era chi cercava la verità sulla pedofilia a Palermo, ma c’era anche chi accusava i sacerdoti che cercavano di fare luce su questa storia oscura, rimasta in parte tale.

Per la cronaca, don Meli è stato il direttore del Centro di Santa Chiara a partire dal 1998.

“La mia permanenza a Santa Chiara – ricorda don Meli – ha avuto una svolta radicale nel Marzo dello stesso anno. Il mio confratello, don Roberto Dominici, che spendeva la sua vita per i bambini e i ragazzi dell’Oratorio dei quali si prendeva amorosa cura sette giorni alla settimana nella organizzazione di una miriade di attività, si rese conto che qualcosa non quadrava. Si accorse che alcuni di loro erano particolarmente nervosi. Inoltre notò che alcuni si scambiavano pesanti epiteti. Poi vide che, diversamente dal passato, alcuni di loro con una certa facilità maneggiavano soldi”.

“Incominciò a preoccuparsene seriamente. Vista la grande familiarità che intercorreva con loro incominciò a chiedere spiegazioni di questi atteggiamenti. Dalle risposte di alcuni capì che altri, tanti altri bambini stavano vivendo seri problemi. Man mano che parlava con i singoli gli si presentava un quadro sconvolgente. L’Oratorio quotidianamente era frequentato da circa 80 bambini e ragazzi dai 4 ai 14 anni. In questo clima di piena confidenza e fiducia ascoltò racconti terribili. Tanti di loro erano vittime di abusi. I bambini avevano estremo bisogno di raccontare ciò che subivano e citavano anche i luoghi dove venivano portati per essere oggetto di indicibili torture. Dinanzi a questo mare di melma non potevamo rimanere inerti. Ci siamo confrontati con l’allora Parroco di San Nicolò all’Albergheria, il Gesuita Padre Angelo La Rosa. Abbiamo deciso di recarci insieme a parlarne con la Dirigente del vicino Commissariato di Polizia. Siamo stati accolti quasi come dei visionari. Ma man mano che don Dominici proseguiva nel racconto di ciò che aveva sentito dai bambini, dalla iniziale incredulità la Dirigente passava al coinvolgimento e all’interessamento”.

“Logicamente – prosegue lo scritto di don Meli – ne ha parlato con i suoi superiori e così sono passati alla programmazione di attente e delicate indagini cercando di coinvolgere i bambini. Dei giovani poliziotti si sono presentati all’Oratorio spacciandosi per semplici volontari. Ben presto i bambini hanno capito con chi avevano a che fare, ma era troppo urgente il bisogno di essere liberati da quel genere di schiavitù e quindi hanno incominciato a collaborare splendidamente con l’avvertenza di non far capire nulla ai familiari. Dopo circa tre mesi di indagini l’azione fulminea della Questura. Approfittando del fatto che per il 28 Giugno avevamo programmato con i bambini la prima gita a mare, presupponendo che essi si sarebbero alzati presto, alle ore 6,30 del mattino 52 bambini sono stati prelevati da casa e portati in tre posti diversi per essere interrogati dalle equipes di specialisti (magistrato, assistente sociale, psicologo e poliziotto). Si gridò allo scandalo quasi che si fosse creato un trauma ai bambini. Ma il desiderio di uscire dal tunnel, l’accoglienza riservata loro (giochi, colazione, gelati ecc.) in essi non creò alcun trauma. (Qualcuno di loro più volte è andato in commissariato per andare a trovare gli amici poliziotti!) Così i bambini ebbero modo di esporre serenamente i loro racconti. Risultato: alla sera 9 persone furono arrestate. Altre due qualche giorno dopo”.

“Piovvero critiche feroci – leggiamo sempre nello scritto di don Meli – sulla modalità dell’intervento della Questura e soprattutto sull’operato di don Roberto Dominici. Anche alcuni operatori del Centro San Saverio non hanno condiviso il nostro operato. Ancora oggi mi domando: come mai né Questura, né Assistenti Sociali del Comune, né operatori del Centro San Saverio si erano accorti di nulla? Senza l’operato di don Dominici sarebbe venuto a galla il tremendo fenomeno? Nel processo iniziato nel Maggio del 1997 dei 52 bambini ascoltati ben 38 furono considerati vittime di abusi. I giudici hanno ritenuto che ci fosse una vera organizzazione a delinquere (c’era chi adescava i bambini, chi li conduceva in determinati luoghi, chi abusava, chi filmava o fotografava, chi vendeva le cassette, in casa o al mercato di Ballarò…). E i familiari erano del tutto ignari? Perché si sono schierati dalla parte di coloro che sono stati ritenuti autori di queste nefandezze e si sono messi contro di noi accusandoci di essere noi responsabili di tutto? Vi cito un fatto. Gli organizzatori della festa di quartiere a Settembre hanno dedicato una coppa (quasi fosse un martire della fissazione dei preti di Santa Chiara!) ad uno degli arrestati che al processo di primo grado sarebbe stato condannato a 19 anni! (Sembra addirittura che qualcuno ci abbia querelato, tanto che la Questura ha dovuto fare indagini su di me e su don Dominici!)”.

“Altra domanda alla quale non abbiamo mai ottenuto risposta alla seguente domanda leggiamo sempre nello scritto di don Meli -: coloro che sono stati arrestati e poi condannati hanno agito di loro iniziativa o alle loro spalle c’era una regia occulta (su cui non si sono volute fare indagini)? Mentre era in corso il processo contro gli undici arrestati noi facevamo pressione perché si continuasse a stare all’erta, perché notavamo che alcuni bambini continuavano a mostrare un certo disagio. Probabilmente per il grande desiderio di salvaguardare i bambini ci siamo mossi un po’ troppo per cui siamo stati accusati di intralciare le nuove indagini che si effettuando. Non ottenendo risposte alle nostre sollecitazioni, don Dominici alla fine del 1999 si è fatto carico dell’onere di preparare un corposo dossier. Lo abbiamo fatto pervenire a Sindaco, Prefetto, Questore, Presidente della Regione, Ministro per le problematiche Sociali, Presidente della Repubblica, e per conoscenza al Cardinale De Giorgi. Risultato: silenzio profondo!”.

“Il giorno 8 Maggio del 2000 i Magistrati, con la presenza di Polizia, Psicologi e Assistenti Sociali – leggiamo sempre nello scritto di don Meli – hanno voluto ascoltare 20 bambini. La stessa sera, stranamente, si è diffusa la notizia che nei giorni successivi sarebbero stati ascoltati altri 60 bambini. Naturalmente ormai le bocche erano ben cucite. Tanto che i bambini sono stati ascoltati due o tre volte; qualcuno è stato sottoposto anche a visita medica. Dopo oltre un mese da quando i bambini erano stati ascoltati ecco un secondo clamoroso intervento della Questura. Il 15 Giugno vennero arrestate 7 persone (a loro volta condannate nei tre gradi del processo). Anche questa volta si sono verificate, a diverso livello, forti contestazioni nei confronti della Questura e, soprattutto, contro i due Salesiani… ‘sbirri’. I rapporti dei Salesiani con le famiglie del quartiere sono diventati più complessi. Alcuni bambini continuarono a frequentare l’Oratorio, ma le loro mamme se ne stavano all’ingresso. Dovevano controllare: avremmo avuto l’ardire di parlare ancora con i loro figli?”.

“Nel Settembre del 2002 – leggiamo sempre nello scritto di don Meli – don Dominici venne trasferito e fu sostituito da un giovane confratello che probabilmente aveva ricevuto il mandato di invertire la rotta e così arrivare alla riappacificazione tra Santa Chiara e le famiglie del quartiere. Ma per fare ciò probabilmente era necessario far perdere autorevolezza al Direttore pro tempore, per il quale, intanto, era maturato il tempo del trasferimento ad altra sede.  Così, nell’estate del 2003, per tanti ragazzi, che avevo visto crescere e per i quali avevamo speso tante energie, io sono diventato il cornuto della situazione e dovevo andarmene umiliato. Al di là della mia personale sofferenza (che ho accettato e sublimato) mi ha turbato il fatto che a Santa Chiara non si dovesse più parlare del problema delle violenze sui bambini. Ci si doveva limitare a fare attività di prevenzione tramite le azioni di promozione sociale aiutando i bambini culturalmente (con il doposcuola) socialmente (con attività ludiche e sportive) e religiosamente; quasi che noi, in passato, le avessimo trascurate!”.

Amare le conclusioni di don Meli con quattro domande:

“Ciò che avveniva fuori dalle mura di Santa Chiara doveva interessare relativamente i confratelli della casa salesiana. Anche se, a mio giudizio, avrebbero dovuto interessarsi, visto che dopo la mia partenza (perché con me presente non fu possibile!) la Parrocchia di San Nicolò all’Albergheria è stata affidata ai Salesiani di Santa Chiara. Al di là ancora della scelta strategica dei miei confratelli (che non tocca a me giudicare e che voglio rispettare), a distanza di 14 anni, mi pongo dei quesiti:
1. Il fenomeno delle violenze sui minori è stato definitivamente debellato?
2. Coloro che in quegli anni sono stati giudicati vittime di abusi sono stati adeguatamente seguiti e ‘curati’ per evitare che da vittime si trasformino in carnefici?
3. Come mai le famiglie si sono rifiutate di costituirsi parte civile nei processi?
4. Esiste un osservatorio cittadino che possa costantemente
monitorare il territorio?”.

QUI L’ARTICOLO DI DON MELI PER ESTESO

Foto tratta da Campobello News

 

 

 

 

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