Con ritardo la Sicilia inizia a istituire le ZES. Ma attenzione: l’ultima parola è sempre della Ue/ MATTINALE 545

16 giugno 2020

Ieri sera l’avvio delle procedure per l’istituzione di due grandi Zone Economiche Speciali (ZES) in Sicilia è stato contrabbandato come istituzione delle ZES già avvenuta. In realtà, la procedura è appena iniziata. Lo Stato italiano e la Regione siciliana contano poco o nulla, perché l’ultima parola spetta all’Unione europea. Con molta probabilità, lo smantellamento delle Sovrintendenze della Sicilia rientra in questo progetto 

Il Governo nazionale ogni tanto si ricorda che esiste la Sicilia. Di solito, la memoria gli ‘torna’ quando c’è da scippare qualcosa alla nostra Isola. Questa volta – forse perché il Ministro per il Mezzogiorno è siciliano, Giuseppe Provenzano (PD) – sembra che, addirittura!, avrebbe fatto qualcosa per la Sicilia: l’istituzione di due mega ZES, sigla che sta per Zone Economiche Speciali. In realtà, le cose sono un po’ diverse. E, come illustreremo, Stato e Regione siciliana, in questa iniziativa, contano fino a un certo punto.

Cominciamo con il roboante comunicato stampa di Palazzo d’Orleans, sede del Governo siciliani, che annuncia in pompa magna l’istituzione di due grandi ZES: una nella Sicilia orientale e una nella parte occidentale della nostra Isola.

“Esprimo soddisfazione per l’attesa firma a Roma del decreto che istituisce le due ZES in Sicilia – gongola il presidentye della Regione siciliana, Nello Musumeci -. È l’epilogo di un laborioso lavoro portato avanti negli ultimi due anni dal mio governo, attraverso gli assessorati per le Attività produttive e per l’Economia, in collaborazione con le Autorità portuali e le organizzazioni di categoria. Si passa adesso alla fase operativa che dovrà rendere concreta questa straordinaria opportunità per le imprese che ricadono nel territorio delimitato. Nei prossimi giorni presenteremo un disegno di legge per concedere il credito d’imposta aggiuntivo a chi verrà a investire nelle nostre due ZES. Con il ministro Provenzano definiremo presto il crono-programma affinché si possa passare dalla pianificazione alla attività di sostegno”.

Un provvedimento che si sarebbe potuto realizzare in pochi mesi ha richiesto due anni. La telenovelas sulle ZES siciliane va avanti non dal 2018, come si legge nel le auto-celebrazioni dell’attuale Governo regionale da un bel po’ di anni. Il primo a parlare di ZES, in Sicilia, è stato il professore Massimo Costa, che nella vita fa l’economista, ed è un noto sicilianista. Quando il professore Costa parlava delle ZES i politici siciliani non sapevano nemmeno cosa fossero e, al massimo, si occupavano di creare e stabilizzare precari in cambio di voti.

“Sono due – leggiamo sempre nel comunicato – le Zone Economiche Speciali individuate dalla Regione e approvate dal Ministero per il Sud: quella della Sicilia occidentale che ha avuto assegnato il 35 per cento della superficie Zes e quella della Sicilia orientale a cui è stato assegnato il 65 per cento”.

“L’approvazione delle Zone Economiche Speciali siciliane – sottolinea l’assessore alle Attività produttive, Mimmo Turano – rappresenta certamente un momento di svolta per l’economia e il mondo produttivo siciliano. Con le Zes abbiamo uno strumento in più per superare l’attuale momento di crisi determinato dalla pandemia da Coronavirus, ma anche i ritardi nello sviluppo che questa terra ha accumulato con anni di approssimazione e assenza di strategie”.

“Nella ZES della Sicilia occidentale – prosegue il comunicato – ricadono le zone di Aragona-Favara, Calatafimi, Caltanissetta, Caltavuturo, Campofelice di Rocella, Carini con l’area Rimed, Cinisi, Custonaci, Gibellina, il porto di Licata, Marsala, l’aeroporto di Birgi, Mazara del Vallo, Misilmeri, il porto e il retroporto di Palermo (a cui si aggiungono le aree di Brancaccio, Partanna-Mondello e dell’Arenella), Palma di Montechiaro, Partinico, Porto Empedocle (con il porto e il retro-porto), Ravanusa, Salemi, Serradifalco, Termini Imerese (con il suo agglomerato industriale e il porto), Trapani (con il porto, il retro-porto, l’agglomerato industriale e l’area logistica)”.

“Per la ZES Sicilia orientale – leggiamo sempre nel comunicato -sono state inserite le aree di Acireale, Augusta, Avola, Belpasso, Caltagirone, Carlentini, Catania (con il porto e il retro-porto), l’aeroporto di Comiso, Enna Dittaino, Floridia, Francofonte, Gela (compresa l’area di riconversione), Melilli, Messina (con il porto cittadino e quello di Larderia), Milazzo (con porto, retroporto e agglomerato industriale), Militello Val di Catania, Mineo, Niscemi, Pachino, Palazzolo Acreide, Paternò, il porto e il retroporto di Pozzallo, Priolo Gargallo, Ragusa, Rosolini, Scordia, Siracusa con la zona industriale, quella di Santa Teresa e della strada statale 124, Solarino, Tremestieri, Troina, Villafranca Tirrena, Vittoria e Vizzini”.

“I benefici economici delle ZES – conclude il comunicato – sono previsti dal decreto legge Mezzogiorno n. 91/2017 e vedono notevoli incentivi fiscali più credito d’imposta per gli investimenti fino a 50 milioni di euro e un consistente regime di semplificazioni che saranno stabilite da appositi protocolli e convenzioni e che comunque prevedono anche l’accelerazione dei tempi procedimentali per garantire l’accesso agli interventi di urbanizzazione primaria (gas, energia elettrica, strade, idrico) alle imprese insediate nelle aree interessate”.

Alla fine il Ministero del Sud e il Governo regionale non illustrano cos’è una ZES e, soprattutto, non ci dicono che la Sicilia arriva a questo appuntamento con un ritardo di almeno cinque anni.

Per la cronaca, le ZES sono aree geografiche dotate di legislazione economica differente dalla legislazione dei Paesi a cui fanno capo. Le ZES, di solito, vengono istituite per attrarre investimenti stranieri. Nella gestione di questa aree con agevolazioni fiscali bisogna stare molto attenti a non distruggere l’ambiente.

Se non fosse ancora chiaro, è anche per questo che in Assemblea regionale siciliana è stato presentato il disegno di legge per smantellare le Sovrintendenze e, in generale, per eliminare i controlli sulle attività economiche nelle aree vincolate. Ad un osservatore attento non sfugge il fatto che le due ZES siciliane sono molto ampie e inglobano zone archeologiche e, in generale, di pregio. In questi casi, avere le mani libere agevola gli investitori internazionali, che non arrivano per fare beneficenza, ma per fare affari.

Ne sa qualcosa la Cina comunista-capitalista, che è stato uno dei primi Paesi a sperimentare le ZES provocando un inquinamento ambientale spaventoso. ZES sono presenti da anni in India, in Russia, in Kazakistan, in Corea del Nord, nelle Filippine.

Tra il 2016 e il 2018, ai tempi del Governo Renzi, Roma era troppo impegnata a scippare soldi alla Regione siciliana per istituire le ZES. Già nel 2016 la Sicilia era in grande ritardo, perché nell’Eurozona operavano circa 70 ZES o comunque aree con notevoli agevolazioni fiscali. In Polonia, ad esempio, se ne contavano già 14. Altre ZES erano presenti in Bulgaria, a Cipro, nella Repubblica Ceca, in Danimarca, in Estonia, in Finlandia, in Francia, in Germania, in Grecia, in Irlanda, in Lituania, in Lettonia. E, ancora, a Malta, in Olanda, in Portogallo, in Romania, in Slovenia, in Spagna e in Gran Bretagna.

La Sicilia, come potete notare, arriva in grande ritardo.

Dovrà essere la Regione a definire il perimetro di azione della ZES e gestire i rapporti con gli operatori economici interessati.

Chi investe in una ZES deve impegnarsi a mantenere le attività per un certo numero di anni. E dovrà effettuare le assunzioni tra i residenti dell’area ZES o nei Comuni vicini.

La gestione della ZES dovrà essere affidata a una società pubblica o mista (pubblico e privato). Tale società dovrà individuare le possibili attività che dovranno essere esercitate nella ZES, le procedure per l’insediamento delle nuove imprese, i requisiti richiesti. La società si occuperà anche di concessione o vendita delle aree ZES.

A tale società spetta anche l’onere di realizzare le infrastrutture e le attività di promozione verso gli investitori esteri. E, naturalmente, la supervisione.

La verifica di tutta l’operazione ZES dovrà essere affidata ad un ente ‘terzo’.

Le ZES, di fatto, sono aiuti di Stato camuffati da considerazioni più o meno ‘filosofiche’. Infatti quasi tutti i Paesi della Ue che hanno istituito le ZES, fino ad oggi, hanno chiesto deroghe all’articolo 107 del Tfue (Trattato sul funzionamento dell’unione europea). 

In tutti i Paesi del mondo dove ricadono le ZES a decidere sono gli Stati. Nell’Eurozona decidono i burocrati della Ue e gli Stati non contano nulla. Il resto sono solo chiacchiere.

Foto tratta da Enna TV – Tele Nissa

 

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