Chi pagherà in Italia il costo del Coronavirus? I cittadini con aumenti dei prezzi!

23 maggio 2020

Com’era prevedibile, la riapertura delle attività commerciali registra un aumento indiscriminato dei prezzi. Le denunce del Codacons e dell’Unione nazionale consumatori. I ‘numeri’ forniti da Il Sole 24 Ore. Il mancato aiuto del Governo ai commercianti. Credito d’imposta e aumenti?    

Quindi, alla fine, la crisi economica causata dall’emergenza Coronavirus la pagheranno i cittadini-consumatori con un in discriminato aumento dei prezzi? Stando a quello che scrive Il Sole 24 Ore – giornale economico – sembrerebbe proprio di sì! E anche secondo il Codacons (Coordinamento delle associazioni per la difesa dell’ambiente e dei diritti degli utenti e dei consumatori), che denuncia aumenti medi del 25% per taglio capelli o messa in piega. A questi aumenti si aggiunge la “tassa Covid” che viene scaricata sui cittadini.

Ovviamente, sui cittadini che decideranno di pagare di più al bar, dal parrucchieri e via continuando. Perché gli stessi cittadini hanno tra le mani un’arma formidabile: il potere dire sì o no a un prodotto o a un servizio. Esempio: invece che due o tre caffè al giorno, un solo caffè, invece di recarsi dal parrucchiere una volta ogni settimana ci si va una volta ogni quindici giorni e via continuando.

Questa è la migliore arma che hanno a disposizione i cittadini-consumatori: il Governo non aiuta i commercianti e i commercianti si rivalgono sui cittadini aumentando i prezzi? Se si ridurranno i consumi il Governo sarà costretto ad intervenire.

Non ci sono dubbi che i commercianti si debbano sobbarcare le spese per la sanificazione: ma deve essere il Governo ad aiutarli, non certo i cittadini pagando di più prodotti e servizi!

“Un surplus da due a quattro euro – leggiamo su Il Sole 24 Ore – con tanto di voce a parte sullo scontrino (per le spese di sanificazione e messa in sicurezza del locale)… Sempre al Codacons arrivano segnalazioni di estetisti che impongono, per l’emergenza Covid, «kit obbligatori da indossare con costo extra di 10 euro a carico del cliente»”.

A denunciare la presenza della “tassa Covid” è anche l’Unione nazionale consumatori:

“Si tratta di una sorta di tassa di sanificazione applicata da parrucchieri, estetisti e alcuni dentisti – spiega il presidente Massimiliano Dona – una prassi scorretta che si sottrae forse anche da un punto di vista fiscale alla somma dovuta al consumatore”.

Insomma, la riapertura sta coincidendo con la ‘tosatura’ dei cittadini. Leggiamo sempre su Il Sole 24 Ore:

“Stiamo ricevendo decine di segnalazioni sugli incrementi dei listini dei parrucchieri, spiega ancora il Codacons, che in base ai costi medi nelle grandi città, ha calcolato come il prezzo di un taglio passi da una media di 20 a 25 euro (+25%), ma con punte di incremento che arrivano al +66%. Sembrano rientrati invece gli aumenti segnalati inizialmente del prezzo del caffè al bar, con casi di espresso a 2 euro a Milano e di 1 euro e 50 a Roma”.

Per carità, le regole per i parrucchieri sono rigide:

“Possono lavorare – scrive Il Sole 24 Ore – solo su prenotazione e devono assicurare un metro di separazione sia tra le singole postazioni di lavoro, sia tra i clienti. Per operatore e cliente c’è l’obbligo di indossare la mascherina. Per gli estetisti/e si aggiunge l’obbligo di visiera protettiva e mascherina FFP2 senza valvola. Obbligatoria l’igienizzazione delle postazioni di lavoro dopo ogni cliente. Va assicurata le regolare pulizia e disinfezione dei servizi igienici”.

Tutto giusto: ma perché a pagare debbono essere sempre i cittadini? Lo “chiede l’Europa” che fino ad ora, a parte le chiacchiere, sul fronte dell’emergenza Coronavirus ha abbandonato l’Italia?

Il quotidiano economico ricorda che “il Decreto Rilancio riconosce, tra l’altro, ai soggetti «esercenti attività d’impresa, arte o professione» un credito d’imposta in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 (fino a un massimo di 60.000 euro per ciascun beneficiario) per le attività di sanificazione degli ambienti nei quali è esercitata l’attività lavorativa e degli strumenti utilizzati. Tra le spese consentite: l’acquisto di dispositivi di protezione individuale, come mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione; di prodotti detergenti e disinfettanti; di termometri e termoscanner, di dispostivi per garantire la distanza di sicurezza interpersonale, come barriere e pannelli protettivi, comprese le eventuali spese di installazione. Previsto anche un credito d’imposta, sempre in misura pari al 60 per cento delle spese sostenute nel 2020 (per un massimo di 80.000 euro) per gli interventi, anche edilizi, di adeguamento degli ambienti di lavoro alle prescrizioni di messa in sicurezza. E un credito d’imposta nella misura del 60 per cento «dell’ammontare mensile del canone di locazione» per gli esercenti con ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro”.

Insomma: c’è il credito d’imposta e ci sono anche gli aumenti?

QUI L’ARTICOLO DE IL SOLE 24 ORE

Foto tratta da TrapamiSi.it

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