Coronavirus: in Cina temono la seconda ondata e testano 11 milioni di persone. Cosa sanno in più di noi?

18 maggio 2020

La differenza tra Cina ed Europa salta agli occhi. A Wuhan stanno facendo i salti mortali per testare, in 10 giorni, 11 milioni di persone. Temono gli effetti di una seconda ondata di Coronavirus. Una paura che non riscontriamo in tanti Paesi europei e, soprattutto, che non riscontriamo in Italia. La cura dello scienziato francese Didier Raoult usata da tutti, ma della quale non parla nessuno…   

Corinavirus: Paese che vai, rimedi che trovi. Mentre in tanti Paesi europei, Italia in testa, si sta praticamente riaprendo tutto, in Cina, a Wuhan, epicentro dell’epidemia, hanno deciso di testare, in 10 giorni, 11 milioni di cittadini. Lì temono una nuova ondata pandemica e stanno provando a prevenirne gli effetti.

La campagna è stata chiamata “Dei 10 giorni”: si tratta, come già accennato, di controllare 11 milioni di persone, ovvero 750 test al giorno. Uno sforzo che richiede un grande impegno di energie e di risorse umane e tecniche.

“In passato – scrive scenarieconomici.it – si erano raggiunti dei picchi pari a 100 mila test quotidiani, ma 750 mila è tutto un altro livello. Naturalmente la propaganda si è fatta veramente pressante per convincere la gente a fare anche diverse ore al giorno di coda per il test, e quindi il Partito ha iniziato a dire che un ‘Test dell’acido nucleico è la tua responsabilità verso te stesso, la tua famiglia e l’intera società’”.

Insomma, per dirla in termini crudi, in Cina hanno una grande paura di una possibile, seconda ondata del virus: considerato che il Coronavirus è partito da lì – non si sa se naturalmente, o se ‘fuggito’ da un laboratorio – se si stanno impegnando in questo sforzo notevole debbono avere le loro buone ragioni. 

Da quanto si apprende, i cinesi non temono soltanto i casi importati, ma soprattutto i focolai non ancora scoperti. Da qui il test per tutti i cittadini.

Per i cinesi il COVID-19 è tutt’altro che un brutto ricordo: per loro è ancora una presenza con la quale debbono fare i conti, possibilmente provando ad anticiparne le mosse.

La domanda è: cosa sanno i cinesi più di noi europei? Non si tratta di un interrogativo di poco conto. Perché i cinesi non sono, in materia di possibili cure contro questa infezione, inferiori agli europei.

Certo, dietro le riaperture ci sono le spinte economiche. In Europa è stato deciso di rischiare. Forse perché – anche se nessuno ne parla – la cura per contrastare il Coronavirus messa a punto dallo scienziato francese Didier Raoult funziona.

Si tratta, è noto, dell’Idrossiclorochina (HCQ) abbinata all’Azitromicina.

Pensate che l’India, da due mesi a questa parte, sta producendo Idrossiclorochina per circa 50 Paesi del mondo! Una produzione impensabile fino a prima dell’esplosione del Coronavirus e delle sperimentazioni di Didier Raoult.

Il dubbio è che tutti, nel mondo, oggi, utilizzino a piene mani il farmaco sperimentato dallo scienziato francese, anche se nessun Paese ne parla per non dispiacere alle multinazionali farmaceutiche, indispettite dal rimedio trovato da Raoult.

Scrive il chimico Mario Pagliaro:

“Commercializzata da decenni, la HCQ non è solo un antimalarico, ma anche il farmaco per la patologia del lupus e dell’artrite reumatoide. Se funzionerà su vasta scala, a Settembre, Didier riceverà il Nobel per la medicina. La molecola #non è sottoposta ad alcuna protezione brevettuale, scaduta da decenni, e può essere prodotta come #generico da qualsiasi azienda chimica. Ad esempio, in alte rese (78%) con un processo continuo (‘a flusso’) messo a punto dal mio amico Frank Gupton in Virginia. In #Italia abbiamo almeno 3 aziende, inclusa ovviamente Angelini, in grado di produrla in pochi giorni. Da #calabresi, ci piace constatare come la Calabria sia stata la prima regione a partire in Italia con il trattamento Raoult”.

Giusto per illustrare come stanno le cose, la cura dello scienziato francese si può acquistare in farmacia per 6-7 euro (questo era il prezzo del Plaquenil – il farmaco a base di Idrossiclorochina – prima che Didier Raoult lo rendesse famoso).

Se la sola India, come già ricordato, sta producendo questo farmaco per oltre 50 Paesi del mondo, è chiaro che è molto utilizzato.

Nei casi più gravi, quando la malattia è ormai in uno stadio avanzato, c’è la cosiddetta “cura Ascierto”, ovvero il Tocilizumab, altro farmaco utilizzato contro l’artrite, farmaco sperimentato in Italia a Napoli dallo scienziato Paolo Ascierto.

E’ la presenza di questi farmaci che rende più tranquilli tanti Paesi europei? Non lo sappiamo. Anche perché l’assunzione di Idrossiclorochina e Azitromicina deve avvenire nelle prime fasi della patologia e richiede almeno dieci giorni di terapia e i successivi controlli che dovrebbero certificare la scomparsa del virus.

A conti fatti, se la malattia dovesse avere una larga diffusione non sarebbe proprio una cura di un paio di giorni: insomma, non sarebbe una cura compatibile con il sistema economico.

Ma le nostre, è chiaro, sono congetture. Resta la domanda: perché in Cina temono tanto la possibile seconda ondata di Coronavirus – che viene data quasi per certa – mentre in Europa questa paura non sembra esserci?

Foto tratta dal Corriere di Arezzo 

 

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