Coronavirus: i dubbi sull’uso della mascherina all’aperto e una proposta su tasse e imposte alle imprese

18 maggio 2020

Mascherine all’aperto? In alcuni casi hanno senso, in altri casi, no. Dopo due mesi e mezzo di chiusura ci si aspettava qualcosa di forte: magari non l’anno fiscale bianco, ma una secca riduzione del carico fiscale sì. Ora arriva la riapertura di tante attività con un grande punto interrogativo. Non è assurdo far pagare adesso alle imprese le scadenze fiscali? La nostra proposta  

Sta facendo molto discutere, in Sicilia, la prescrizione della mascherina anche all’aperto. Lo prevede l’ordinanza del presidente della Regione siciliana, Nello Musumeci:

“Ferme le specifiche disposizioni sull’uso di dispositivi di protezione individuale e del distanziamento, è obbligatorio nei luoghi pubblici e aperti al pubblico l’utilizzo di mascherina o altro strumento di copertura di naso e bocca. Il dispositivo protettivo deve, comunque, essere sempre nella disponibilità del cittadino nella eventualità in cui ne sia necessario l’utilizzo”.

La prescrizione non è sbagliata: la mascherina chirurgica – ormai questo l’abbiamo appreso tutti – preserva ‘in uscita’: in parole più semplici, se quando siamo fuori la indossiamo tutti, ognuno di noi protegge gli altri e gli altri proteggono noi.

Questa prescrizione, però, stride un po’, in Sicilia, con la ‘filosofia’ della riapertura generalizzata di quasi tutte le attività.

Se riaprono quasi tutte le attività ci dovrebbe essere la certezza che il virus non sia più in giro: altrimenti l’apertura è un rischio.

Insomma: in Sicilia questo virus c’è o non c’è? Gli scienziati, su questo punto, dovrebbero essere chiari. Noi abbiamo capito che è ancora in circolo: quindi il rischio c’è. Da qui l’imposizione delle mascherine anche all’aperto.

E’ una prescrizione corretta? Che senso ha, ad esempio, andare al mare indossando la mascherina? E’ illogica, la richiesta di indossare la mascherina quando si va in spiaggia, anche nel caso in cui si accede ad uno stabilimento balneare: si arriva nel posto con ombrellone, sedie a sdraio e lettini con la mascherina per toglierla quando si prende il sole e si entra in acqua?

E nelle spiagge libere che succederà? Arriveranno i vigili urbani per verificare le distanze?

La nostra sensazione è che queste riaperture – volute da Roma e dalle Regioni – più che dettate da considerazioni scientifiche sulla presenza o meno di questo benedetto Coronavirus o COVID-19, siano dettate da esigenze economiche.

E’ inutile che ci giriamo intorno: rispetto ad altri Paesi cosiddetti industrializzati, le famiglie e le imprese italiane hanno ricevuto poco o nulla. Il caos è iniziato a Marzo e ancora oggi – e siamo al 18 Maggio – un sacco di soggetti debbono ricevere ancora la Cassa integrazione; e ci sono ancora ritardi per i ‘famigerati’ 600 euro.

La nostra sensazione è che queste riaperture siano state disposte a prescindere dal calcolo di una seconda ondata: una sorta di segnale alle imprese, soprattutto ai commercianti: abbiamo riaperto, vedete di pagare subito le tasse…

Peccato che molte attività commerciali dovranno lavorare a ranghi ridotti, perché dovranno mantenere il cosiddetto distanziamento sociale: in pratica, costi un po’ aumentati dovuti alla sanificazione e incassi dimezzati. Più, appunto, le perdite di due mesi e mezzo di blocco delle attività.

A questo punto – visto che quello che succederà nelle prossime settimane è un punto interrogativo – non sarebbe più corretto rinviare al 31 Dicembre tutte le scadenza fiscali e chiedere alle imprese il pagamento di tasse e imposte in ragione di quello che avranno incassato al 15 Dicembre?

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