Autonomia siciliana: monete parallele e una nuova economia

15 maggio 2020

Oggi è la festa dell’Autonomia siciliana. Noi celebriamo questa data lanciando alcune proposte concrete per rilanciare l’economia della nostra Isola. A partire dall’agricoltura che, nonostante il disinteresse della politica, rimane il settore strategico insieme con la sanità, il sistema creditizio locale (oggi quasi inesistente) e le possibili monete parallele 

di Antonio Piraino

Il dibattito sulla “fase 2” registra una intensa partecipazione di autorevoli esponenti siciliani a favore della ripartenza produttiva in nome di una diversità epidemiologica. Ho qualche dubbio, atteso che il virus continua a girare, e non sono convinto che la Regione abbia fatto in questi due mesi tutto ciò che era necessario per rafforzare l’organizzazione della medicina di base e degli ospedali. Ma di una cosa sono certo. “Coronavirus” sta facendo emergere la radicale diversità dei due “modelli” produttivi del Nord e del Sud (in particolare della Sicilia) e quindi delle prospettive future.

La verità inedita che nessuno ha il coraggio di disvelare, soprattutto certi ambienti “produttivi” del Nord e “finanziari” globali, è che il “virus” mette in discussione la logica intima del capitalismo finanziario che governa l’economia italiana: le concentrazioni.

Concentrazioni di uomini e donne nelle Città-Stato; concentrazione di “vecchi” in case di riposo; concentrazione delle produzioni agricole e degli allevamenti; concentrazione delle produzioni industriali; concentrazione dei sistemi distributivi.

Detto in altri termini, il “virus” è consustanziale ad un modello organizzativo, produttivistico, consumistico, sostanzialmente estraneo alla Sicilia, che ora viene messo radicalmente in crisi.

E’ questa la novità straordinaria che dobbiamo cogliere ed elaborare; una novità che reclama una nuova economia più diffusiva, più ecologica, più lenta, più semplice. Ma andiamo con ordine punto per punto.

1) La nuova economia presuppone la fine delle produzioni agricole e soprattutto degli allevamenti massivi, che sono alla base dell’industria agroalimentare del mondo compreso il Centro-Nord. Mentre occorrerà smantellare tale imponente apparato produttivo, andrà potenziato, ma non snaturato, il sistema agroalimentare della Regione, attraverso processi di verticalizzazione produttiva che vedano la “terra” al centro dei nuovi processi di produzione, integrata con gli allevamenti e la trasformazione in uno con le strutture ricettive di territorio e la fruizione “colta”, vissuta, dei beni culturali.

2) La nuova economia presuppone un passaggio veloce alle fonti rinnovabili mentre si dovrà progressivamente smantellare l’apparato petrolifero. E’ un punto cruciale. L’energia è il cuore dei sistemi produttivi. Per questo i modelli di produzione dell’energia, nell’era del petrolio concentrati naturalmente, hanno modellato i rapporti di produzione delle società nel loro complesso. Bisogna scongiurare che i complessi petroliferi, le grandi multinazionali, usando brutalmente la forza del denaro, si impadroniscano e dominino le fonti rinnovabili, che per loro natura sono diffusive, depredando e massacrando ancora e nuovamente i territori. Occorre lucidità. L’agroalimentare e il turismo possono costituire “2 punte” straordinarie dello sviluppo ma non bastano ci vuole almeno una terza punta. E questa, per la Sicilia, non può essere che l’energia. Ma ad una condizione: che si eviti una espropriazione come quella in atto, con inedite normative che ad esempio, privilegino i piccoli impianti integrati autorizzati in base ad indici di “edificabilità agraria”, come dovranno essere anche tutte le forme di allevamenti non più intensivi.

3) La nuova economia presuppone una nuova concezione della cura delle persone a fondamento di una visione integrata tra salute, istruzione, disabilità e terza età. Non sono più tollerabili i “viaggi della speranza” e la fuga massiva delle migliori intelligenze giovanili. Il sistema sanitario e il sistema della formazioni, in primis l’università, devono ritornare ad essere produttori di benessere e ricchezza, soprattutto dandosi una prospettiva euro-mediterranea.

4) La nuova economia presuppone una gestione pubblica dell’acqua ed una visione circolare del processo produttivo con l’ambizioso obiettivo di “zero rifiuti”.

5) La nuova economia presuppone un più organico inserimento nei flussi commerciali internazionali dei nostri Porti in uno con la valorizzazione delle nostre coste per le quali bisogna elaborare prima e realizzare con tenacia poi un piano straordinario di recupero fondato sulla bellezza e l’armonia.

Ma tutto ciò non sarà assolutamente sufficiente se non si perseguiranno altri 3 obiettivi strategici.

Primo obiettivo: un piano integrato della mobilità ferroviaria, autostradale e viaria minore: quanti ponti, quanti cavalcavia caduti!

Secondo obiettivo: una strategia di “riconquista” dei sistemi distributivi dei prodotti agroalimentari.

terzo obiettivo: un rilancio del sistema bancario regionale, invertendo lo scandaloso processo di assorbimento delle banche locali, che di fatto ha espropriato il sistema siciliano anche dalla gestione del proprio risparmio, con conseguenze devastanti sul finanziamento efficace dell’economia regionale. All’uopo va promossa la strenua difesa ed il potenziamento delle due ultime banche popolari radicate nel territorio e rimessa in discussione la scellerata riforma delle BCC, che ha surrettiziamente spostato i centri decisionali presenti nell’Isola a Roma e Trento.

In questa rinnovata prospettiva di un’economia regionale profondamente rinnovata ed intimamente coerente, con una logica di equa distribuzione della produzione e dei consumi nel rispetto dei sistemi ambientali si pone – in un momento di grandi difficoltà per la finanza pubblica nazionale – l’esigenza di ricercare vie nuove di finanziamento riconducibili a decisioni del “Sistema Sicilia”. In particolare due appaiono meritevoli di approfondimento:

a) il lancio di una moneta fiscale regionale nella falsariga di una proposta di legge depositata in Parlamento il 9 agosto 2019 dagli onorevoli Cabras e Trano del Movimento 5 Stelle, che potrebbe valere 2 miliardi di euro di “denaro fresco”;

b) il lancio di una moneta agroalimentare, gestita dal sistema distributivo locale per favorire l’orientamento della domanda verso le produzioni di prossimità e la crescita della base monetaria per almeno 1 miliardo di euro attraverso i depositi bancari connessi, gestiti da una banca locale da spendere in ben precisi piani strategici. strutturali.

In altri termini partendo da noi stessi dobbiamo trasformare la Sicilia in una piattaforma produttiva del Mediterraneo che sappia promuovere una nuova economia capace di resistere e sfidare il capitalismo finanziario globale.

Foto tratta da Previsioni Meteo Sicilia

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