Il Coronavirus e la fretta di ‘ripartire’: il raffronto con la Spagnola e l’odierna lezione a chi l’ha snobbato…

14 aprile 2020

La fretta, per definizione, non è mai una buona consigliera. E lo è ancora meno in una pandemia provocata da un virus di cui non si conosce tutto. Il ricordo della Spagnola che tornò a mietere milioni di morti con la terza ondata che nessuno si aspettava! Ricordiamoci inoltre che il Coronavirus, in questi mesi, ha colpito in modo tremendo chi l’ha snobbato

La chiamano la fase 2. O forse no, forse è l’avvio verso la fase 2. O, forse, è il tentativo di convivere con il virus. Oggi si parte con la riapertura delle librerie e con i negozi di abbigliamento per bambini. Fremono anche metallurgia, auto, moda.

Tutto razionale? Forse le librerie le potevano evitare: che senso ha, in piena pandemia, mentre le persone si continuano ad ammalare, aprire al pubblico luoghi chiusi dove potrebbero formarsi assembramenti e dove i libri vengono sfogliati da centinaia di persone? Mistero.

Librerie a parte – sull’apertura delle quali non possiamo non manifestare i nostri dubbi – non ci resta che aspettare. E magari fare qualche paragone con il passato. Per esempio, con la pandemia del 1918-1920, la famigerata febbre Spagnola.

La memoria racconta che la prima ondata della Spagnola fu terribile. Nessuno se l’aspettava. I morti furono tanti (oggi si ritiene che il numero dei morti a causa della Spagnola si attesti intorno a 50 milioni, su un numero di abitanti che, tra il 1918 e il 1920, si attestava intorno a 2 miliardi di persone).

Perché ricordiamo, oggi, la Spagnola e perché la raffrontiamo al momento attuale? Per alcune similitudini.

Allora, dopo la prima ondata, c’erano – come ci sono oggi – quelli che sostenevano che sarebbe sparita e c’erano altri che sostenevano che ci sarebbe stata una seconda ondata.

In un primo momento sembrò che avessero ragione i primi: una seconda ondata di Spagnola si materializzò, ma fu molto leggera, in molti casi non si avvertì. Questa seconda ondata di influenza leggera diede forza all’idea che tutto era finito. E poiché – come sta avvenendo oggi – era tanta la voglia di ripartire, in tanti tornarono nel giro di poco tempo alla normalità.

Riaprirono le attività commerciali, riaprirono i porti di tanti Paesi del mondo che, durante la prima ondata di febbre spagnola, erano stati chiusi. Insomma, tutto stava tornano verso la normalità. Ma…

Ma, improvvisamente, arrivò la terza ondata di Spagnola: e fu una seconda, tremenda strage. Anche quei Paesi che, all’esplodere della prima ondata, si erano in parte tutelati chiudendo i porti e interropendo i collegamenti con il resto del mondo, vennero travolti in pieno dalla terza ondata.

Questa, in estrema sintesi, è la storia della febbre Spagnola. C’entra qualcosa con il Covid-19? Sicuramente no.

In comune, però, c’è la fretta: la fretta di tornare alla normalità, dimenticando quello che l’attuale pandemia ha insegnato in questi tre-quattro mesi: e cioè che la aree più colpite da questo virus sono state quelle che hanno snobbato il Coronavirus: la Lombardia che non si doveva fermare, la Spagna delle partite di calcio, gli Stati Uniti d’America.

P.s.

Non dimentichiamo che in Cina e in Corea chi si è ammalato di Covid-19 è tornato ad ammalarsi… 

Foto tratta da Wikipedia

 

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