Non è che il potere finanziario e mediatico sta abbandonando Salvini?

5 aprile 2020

“Quando il sole della cultura è basso i nani hanno l’aspetto di giganti”, ci ricorda lo scrittore austriaco Karl Kraus. L’impressione è che lo stile comunicativo di Salvini sia entrato in crisi quando è stato costretto a misurarsi con i temi reali come l’emergenza sanitaria del Coronavirus

di Michele Eugenio Di Carlo

Il successo elettorale del leader della Lega, approdato ad oltre il 30% nei sondaggi dell’estate scorsa, si basa quasi essenzialmente su una modalità comunicativa “liquida” da campagna elettorale perenne. Una comunicazione di tipo propagandistico più adatta a pubblicizzare beni e servizi che a veicolare veri progetti in ambito politico-istituzionale e che ha trovato terreno fertile in un tempo storico decadente in cui la classe politica si presenta con leaders scarsamente dotati di competenze politiche scevre da atteggiamenti populistici. Una comunicazione che ha assunto aspetti davvero preoccupanti quando dal livello politico è passata a quello istituzionale, mantenendo intatto un linguaggio strumentale più adatto alla propaganda e distante dalla consolidata etica espressiva normalmente improntata all’informazione, alla guida e all’educazione dei cittadini e non al soddisfacimento di pulsioni e impulsi volti al disfacimento delle caratteristiche stesse che connotano gli alti principi democratici, civili, istituzionali, ancorché in crisi.

La comunicazione messa in atto dalla “Bestia” del leader della Lega, definita da esperti di marketing politico “liquida”, tesa in maniera spasmodica alla continua ricerca del consenso elettorale facendo leva più sugli istinti che sugli aspetti concettuali razionali, si è fortemente insinuata nell’ambito dei social, ma si è anche avvalsa di una potente rete di media nazionali che hanno agito tramite i normali canali di divulgazione televisiva e non, sicuramente al servizio di un mondo politico-finanziario poco edificante, che ne ha tratto giovamento anche in funzione antimeridionale.

Tra l’altro è una comunicazione possibile solo in assenza di veri competitor politici, che bisogna ammetterlo sono mancati sia a destra che a sinistra da almeno qualche decennio. Come non citare, a questo proposito, l’austriaco Karl Kraus, che da abile autore satirico critico nei riguardi della stampa, della politica e della cultura dei suoi tempi soleva dire:

“Quando il sole della cultura è basso i nani hanno l’aspetto di giganti”.

Una comunicazione che ha comunque mostrato i suoi limiti quando non ha saputo travalicare la fase politica passando a quella istituzionale, quando ai problemi spesso inventati di sana pianta bisognava sostituire quelli reali, come nell’attuale fase critica dovuta all’emergenza sanitaria del Coronavirus.

Infatti, dopo la crisi di governo dell’estate scorsa, è bastato che l’ultimo arrivato sulla scena politica, Giuseppe Conte, al di là del suo stesso partito di riferimento, si imponesse sul piano di una comunicazione ricondotta sui binari propriamente istituzionali di serietà e competenza per mettere in crisi il sistema comunicativo di Matteo Salvini.

A questo riguarda basta evidenziare i dati che mettono in rilievo il consenso degli italiani alle varie figure politiche: oggi Giuseppe Conte negli ultimi sondaggi Ipsos ha raggiunto la fiducia del 61% dei cittadini e Matteo Salvini è stato addirittura scavalcato a destra da Giorgia Meloni, a dimostrazione che quando ai falsi problemi si sostituiscono quelli reali è la corretta comunicazione istituzionale a prevalere nel gradimento dei cittadini.

Tra l’altro, le cadute comunicative di Salvini (Meloni e Renzi non scherzano affatto con le proposte alla “Cetto”) sono all’ordine del giorno, l’ultima – immediatamente rimbalzata dalla stampa e rilanciata come “bufala” – afferma, a proposito della crisi del Coronavirus, che in Svizzera vengono immediatamente accreditati 500 mila franchi ai soggetti richiedenti.

Il fatto stesso che, qualche giorno fa, sia stato Giuliano Ferrara dalle pagine del Foglio ad attaccare pesantemente Matteo Salvini, pone dei seri interrogativi. Giuliano Ferrara ha parlato di Salvini come di un “leader da quattro soldi”, in cerca di “facile popolarità” e “razzista”. Un attacco in piena regola con la penna intinta in un inchiostro avvelenato, che ha il significato preciso di indicare ad un mondo ben preciso che Salvini non è affatto un leader all’altezza di gestire complicate problematiche economiche e politiche, ma addirittura un pericolo per le istituzioni.

L’interrogativo è dirompente: il potere politico-finanziario-mediatico che in questi ultimi anni ha sostenuto la corsa elettoral-propagandistica di Salvini è ancora convinto che sia il leader giusto per gestire le complesse problematiche politiche e istituzionali?

Foto tratta da Il Tempo

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