Un Mondo in maschera per il Coronairus. Dove si producono più mascherine? A Wuhan dove tutto è iniziato…

16 marzo 2020

C’è un legame tra il Coronavirus e la globalizzazione dell’economia? Intanto i vari Napolitano, Prodi, Monti ed i soloni dell’economia che ci hanno portato a questo punto abbiano il rossore di evitare di perseverare nel sostenere l’Europa, l’euro e la globalizzazione dell’economia

di Antonino Privitera

Stiamo assistendo all’agonia di una selvaggia globalizzazione che è messa alle corde da una banale mascherina utile a difenderci da un misterioso virus, un virus scritto in maiuscolo e con un appellativo regale.

Non sto a elucubrare sul Coronavirus in quanto l’inflazione mediatica ha oramai saturato l’etere e non solo, desidero semplicemente e modestamente fare una riflessione in merito ai fallimenti del pensiero e delle pianificazioni che, da qualche decennio, hanno avuto estimatori e soprattutto profittatori ingordi ed irresponsabili che hanno imposto a tutta l’umanità la cosiddetta globalizzazione.

Ecco, adesso è il momento che i fautori dello sfruttamento più sfrenato, della mortificazione dei diritti dei lavoratori, del menefreghismo più scellerato verso l’ambiente ed il clima facciano il doveroso mea culpa e rivedano le scelte insensate, speculative ed opportuniste che hanno dettato.
Una maschera usa e getta del valore di pochi centesimi sta destabilizzando il Mondo, sta mettendo in difficoltà una intera umanità.

La tecnologia invincibile: scienziati che imbrigliano l’atomo, esploratori che progettano di mandare l’uomo su altri pianeti, la comunicazione che ha rimpicciolito la Terra e consente di parlare e vederci contestualmente mediante uno schermo di pochi grammi, gli elaboratori elettronici che in una frazione di secondo riescono a fare cose inimmaginabili, la robottizzazione dei procedimenti lavorativi che ha sostituito l’uomo nelle fabbriche, gli aerei sempre più grandi che solcano in lungo e in largo i nostri cieli per permetterci di fare colazione a New York e cena a Milano o Parigi.

Bene, tutto questo “creato” dall’uomo è messo in difficoltà da qualche grammo di materiale filtrante, tenuto attaccato al viso da un banale elastico per difenderci da un nemico che non si fa neanche vedere!

Non si hanno elementi (e forse mai se ne avranno) per dire che questo nemico ha per artefice l’uomo, ma si può sicuramente affermare che l’uomo è certamente complice per i danni che ha già causato e che continueranno ancora.

La tracotanza e l’ingordigia, a seguito dell’apparizione di questo flagello, dovrebbe avere i giorni contati perché, se per certi versi sono giustificate le censure e le improperie verso gli attuali governi per le titubanza e le decisioni timide e forse poco tempestive, lo smantellamento del potenziale produttivo ed industriale dei singoli Paesi non è di questi giorni.

Chi non ricorda gli strateghi, gli oracoli che prospettavano le privatizzazioni delle industrie di Stato come una apertura irrinunciabile e vantaggiosa, le svendite al migliore offerente delle attività più rappresentative, il trasferimento nei cosiddetti Paesi emergenti delle attività pur di ricavare sempre un lauto margine di guadagno pur abbassando il prezzo di vendita dei prodotti? Ecco questa è la globalizzazione.

Nelle scelte della produzione da delocalizzare non si sono trasferite solo i settori dell’industria pesante, ma e soprattutto quelli a basso costo e con un guadagno infinitesimale come le mascherine. In questa circostanza è evidente la fragilità di queste scelte, e paradossalmente si deve ammettere che il Mondo intero dipende dalla produzione di mascherine che, per ironia della sorte, ha il polo di quasi esclusiva produzione proprio dove è emerso il virus coronato: Wuhan.

Il ballo in maschera che il Mondo sta vivendo e ben rappresentato nel dramma che è in scena nel nostro povero Paese: il personale sanitario negli ospedali in grave difficoltà per carenza di questi ausili per loro indispensabili; le farmacie e le sanitarie sfornite già da settimane, qualche furbo delinquente che cerca di commerciare qualche esemplare a prezzo da borsa nera (addirittura in un presidio ospedaliero sono state messe in vendita nel distributore di bibite e merendine a dieci euro ciascuna…); c’è chi cerca di sopperire autocostruendosi improbabili mascherine di stoffa, carta da forno, bottiglie di plastica tappate da un batuffolo di cotone idrofilo.

Certo l’inventiva italiana fa scuola nel mondo, ma questo non è uno scherzo e nessuna fantasia o goliardia può fermare l’infezione.

In televisione il responsabile della Protezione Civile ha voluto rassicurare che era prevista la distribuzione di uno/due milioni di mascherine… come può essere rassicurante un annuncio simile? Uno/due milioni (?) di “mascherine usa e getta” in un Paese di 60 milioni di abitanti… e a chi sarebbero state distribuite?  Ovviamente nei presidi sanitari.

Che dire poi delle inverosimili rassicurazioni sul fatto che non sarebbe necessario proteggersi con le mascherine se non già positivi al virus , ma in televisione si vede che il personale della sicurezza pubblica e del servizio sanitario che risponde alle interviste indossando mascherine di ogni foggia e colore?…

Ma non sono soltanto le misere mascherine che mancano, necessitano anche dispositivi ben più importanti necessari per aiutare nella respirazione i ricoverati. E questa e una cosa ben più seria, perché pare che le omologazioni di queste macchine sono rilasciate solamente dalla Cina e dagli Usa: tuttavia l’ex primo ministro Renzi si è proposto nel suggerire la riconversione di opifici meccatronici per costruire respiratori con italica ingegnosità.

Come tanti altri “io spero che me la cavo”, ma è chiaro e lampante che necessitano nuove visioni della globalizzazione e dei rapporti internazionali. Non è possibile concepire che una nazione non abbia la potestà decisionale nei settori strategici, del credito e soprattutto sanitario.

In Italia la quasi totalità dei prodotti che compriamo portano il nome del distributore e raramente del produttore. In questa circostanza è emerso che non c’è nessuno che produce dadi per bulloni, gli utensili altrettanto, i componenti essenziali di molti marchi sono prodotti in Cina, gli abbigliamenti idem, moltissimi prodotti alimentari sono importati da ogni dove: ma almeno le siringhe, le medicine, le mascherine non possiamo produrle da noi?

Gli strateghi abbiano la compiacenza di defilarsi e di cercare di non darci altre lezioni: i vari Napolitano, Prodi, Monti ed i soloni dell’economia che ci hanno portato a questo punto abbiano il rossore di evitare di perseverare nel sostenere l’Europa, l’Euro e la globalizzazione.

Lo facciano in fretta, ora che le persone con le mascherine incontrandosi si schivano, le strade sono vuote, ma fortunatamente la pancia è ancora piena…

Foto tratta da Osservatorio Globalizzazione

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