Ma cosa ci stanno raccontando sul glifosato? Uno studio conferma la possibile cancerogenicità

28 febbraio 2020

Lo studio, pubblicato dalla rivista scientifica ‘Environmental Health’, è stato effettuato dal noto tossicologo Christopher Portier. I risultati dovevano restare tra gli addetti ai lavori. Ma una sentenza della magistratura europea ne ha consentito la pubblicazione. Un motivo in più per chiedere alle autorità – a cominciare dalla Regione siciliana – di rendere pubblici i risultati sulle analisi effettuate sul grano che arriva con le navi   

Ma cosa ci stanno raccontando sul glifosato? La verità è che in questa Unione europea degli affari, dove gli interessi economici vengono prima della salute, ci vorrebbero convincere a portare il cervello all’ammasso. Com’era prevedibile, puntuali come orologi svizzeri, sono arrivati i professionisti della catarsi antropo-fitoiatrica per raccontarci che no, il glifosato non fa male alla salute, che le dosi presenti negli alimenti sono minime e che possiamo stare tranquilli. Per fortuna che, ogni tanto, c’è qualcuno che ci riporta alla realtà.

Lo ha fatto la rivista scientifica Environmental Health, che ha pubblicato i risultati di uno studio che riesamina tredici analisi sulla possibile cancerogenicità del glifosato. Il lavoro è stato effettuato dal tossicologo Christopher Portier, ex direttore del National Toxicology Program americano, uno scienziato che oggi è docente presso l’università di Maastricht, nei Paesi Bassi.

La notizia noi la leggiamo sul giornale on line LIFEGATE.

Com’è noto, cinque anni fa l’Agenzia per la ricerca sul cancro (Iarc) che fa capo alle Nazioni Unite ha inserito il glifosato nella lista delle sostanze considerate “probabilmente cancerogene” per l’uomo.

Ma vediamo a quali risultati è giunto il tossicologo Christopher Portier.

“I risultati – leggiamo su LIFEGATE – indicano che il pesticida può provocare differenti tipi di insorgenze tumorali negli animali esposti. Commentando la notizia, il quotidiano francese Le Monde ha osservato: ‘La conclusione è particolarmente di rilevo soprattutto perché questi stessi test, che in gran parte son stati condotti dalle stesse industrie produttrici, sono stati utilizzati dalle autorità di controllo, in particolare europee e americane, per fornire i loro pareri. E queste hanno concluso, in modo diametralmente opposto, che il glifosato non sarebbe potenzialmente cancerogeno’”.

Nell’articolo si racconta che “i test effettuati dalle autorità di norma non possono essere consultati dalla comunità scientifica. Il loro esame è infatti riservato ad esperti di organismi pubblici. Tuttavia, nel 2017 alcuni parlamentari europei avevano ottenuto dal direttore generale dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) una copia dei dati, pur impegnandosi a non renderli pubblici. Avevano tuttavia condiviso le informazioni con Portier”.

Le notizie dovevano restare tra gli addetti ai lavori. Nel Marzo dello scorso anno è arrivato un pronunciamento della Corte di giustizia dell’Unione europea. Morale: Portier ha potuto sottoporre i propri studi alle riviste scientifiche.

Ecco le conclusioni alle quali è giunto lo scienziato:

“Sono stati individuati 37 casi di aumento dell’incidenza di tumori – leggiamo sempre su LIFEGATE -. In particolare cancri dei tessuti molli, della ghiandola surrenale, dei reni, del fegato e linfomi”.

“Se le autorità di controllo – ha commentato Portier – hanno proceduto ad un’analisi completa di tutte le prove disponibili provenienti dai tredici studi sulla cancerogenicità animale, come fatto in questo caso, è difficile comprendere come siano potute giungere a conclusioni diverse da quella che indica come il glifosato sia in grado di provocare tumori negli animali da laboratorio”.

Chiaro? Quando chiediamo al Governo regionale siciliano di rendere noti i risultati delle analisi sul glifosato eventualmente presente nel grano che arriva con le navi non lo facciamo per capriccio, ma perché vogliamo sapere se il glifosato è presente nel grano e in che quantità è presente.

Sotto questo profilo è illuminante un post di Cosimo Gioia, agricoltore, produttore di grano duro:

“Nel risultato delle analisi effettuate dalle autorità sulla nave controllata lo scorso Agosto a Pozzallo si dice che il glifosato è parti a 0/0, cioè assente. Invece significa che è entro i limiti e non che non è presente. Mi chiedo: ma io non ho diritto di sapere l’esatta quantità, anche se nei limiti, peraltro alti, consentiti? Posso decidere se consumare o meno i cibi che lo contengono? E invece 0/0: cioè decide l’Europa per me… basta che sia nei limiti. Secondo me, e mi appello a chi capisce di legge, bisognerebbe indicarlo anche se in minime quantità”.

Cosimo Gioia avanza un dubbio molto grave: sottolinea, in sostanza, che i controlli effettuati dagli uffici della Regione siciliana dicono che nel grano esaminato non c’è glifosato. E’ così o, come dice Gioia, il gifosato è presente nei limiti consentiti dai Regolamenti europei?

E’ questa la domanda alla quale i nostri amici della Regione siciliana debbono rispondere!

Ricordiamo ai nostri lettori che sia per il glifosato, sia per le micotossine DON l’Unione europea, negli anni passati, ha innalzato i limiti relativi alla presenza di questi due contaminanti. L’innalzamento di questi limiti consente la commercializzazione di prodotti agricoli, freschi e trasformati, che contengono glifosato e micotossine DON che, con i vecchi limiti, non avrebbero mai potuto arrivare sulle tavole di milioni di consumatori europei!

Foto tratta da Wikipedia

 

 

 

 

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