Crisi finanziaria dei Comuni siciliani: perché non lanciare i Buoni comunali per obiettivi precisi e verificabili?

19 febbraio 2020

Non è dalla Regione, dallo Stato o dall’Unione europea che arriveranno le risposte per i Comuni della nostra Isola. In questo articolo lanciamo una proposta di civismo lungimirante e solidale d’ispirazione sturziana: ovvero coinvolgere direttamente i cittadini nella gestione della comunità con la sottoscrizione di Buoni comunali biennali su obiettivi precisi e verificabili, legati all’interesse pubblico  

La chiamano “mancanza di liquidità”. Formula elegante per non dire, in lingua italiana, che mancano i soldi. Il problema, in Italia, è generale, ‘grazie’ alle ‘lungimiranti’ politiche economiche restrittive dell’Unione europea. Il problema è che, a farne le spese, sono i cittadini e le imprese.

In Sicilia la situazione è difficile.

Mancano i soldi nel Bilancio regionale (nessuno lo dice a chiare lettere, me nel Bilancio della Regione siciliana 2020 mancano circa 500 milioni di euro e la situazione è destinata a peggiorare perché si attende una secca riduzione del gettito IRPEF e IVA: non per la parte di queste imposte che lo Stato scippa alla Sicilia – fatto ormai assodato – ma perché si è ridotto il gettito complessivo).

Mancano i soldi alle Province (che forse andrebbero chiuse definitivamente).

Mancano i soldi ai Comuni.

Noi, oggi, vogliamo lanciare una proposta per i Comuni. Partendo da un presupposto: che i sindaci sono le figure più vicine ai cittadini, sia per un fatto oggettivo, sia perché, oggi, in Sicilia, la politica regionale e la politica nazionale hanno perso credibilità.

Se la proposta che ci accingiamo ad illustrare la dovessero lanciare i governanti regionali, i governanti nazionali, o i parlamentari regionali o nazionali i cittadini siciliani avrebbero tutti i motivi per non prenderla nemmeno in considerazione.

Diverso è il discorso per i sindaci ben voluti dai cittadini, che in Sicilia ci sono, soprattutto nei piccoli e medi Comuni.

Proviamo ad illustrare la nostra proposta partendo da un dato di fatto: la condizione disastrosa delle strade provinciali.

La competenza, su queste strade, è delle Province, che oggi, di fatto, non esistono perché prove di risorse finanziarie.

Delle strade provinciali della Sicilia, oggi, si occupa la regione con interventi saltuari con fondi reperiti qua e là.

Ecco la proposta. Consideriamo due piccoli Comuni collegati da una strada provinciale che cade a pezzi. I cittadini di questi Comuni, gli agricoltori e, in generale, gli imprenditori hanno tutto l’interesse ad avere una buona strada.

Come trovare le risorse finanziarie? Si potrebbero lanciare dei Buoni comunali biennali con interessi bassi. Non autovelox e ZTL, che fanno solo perdere credibilità agli amministratori comunali, ma piccoli investimenti da parte dei cittadini, i quali avrebbero l’opportunità di verificare, in tempi brevi, se l’investimento che hanno effettuato è servito alla città in cui vivono (e quindi anche a loro), o se si è trattato di un cattivo investimento che dopo due anni può dismettere.

I ricorso alla sottoscrizione di questi Buoni comunali dovrebbe essere finalizzata ad obiettivi precisi: la sistemazione delle strade provinciali – o anche comunali – potrebbe essere uno di questi obiettivi.

Nel caso delle strade provinciali i Comuni interessati a sistemarle dovrebbero chiedere la titolarità ad intervenire, togliendola alle Province che ormai sono solo vuoti a perdere.

E’ inutile che ci prendiamo in giro: le Province sono finite nel momento in cui hanno perso i fondi RC auto (in Sicilia erano 220 milioni di euro all’anno). Oggi le Province siciliane – e solo in alcuni casi – gestiscono solo grandi appalti: compito che potrebbe essere svolto da altri soggetti.

Ricordiamo che lo Statuto autonomistico siciliano prevede l’abolizione delle Province e la loro sostituzione con i Liberi Consorzi di Comuni: che non sono i Liberi Consorzi di Comuni istituiti, nella passata legislatura, da una grottesca e tragicomica legge regionale: gli attuali se Liberi Consorzi di Comuni e le tre Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina, infatti, non sono altro che le vecchie Province alle quali hanno solo cambiato il nome!

Con il ricorso ai Buoni comunali – che i Comuni dovrebbero lanciare per obiettivi precisi e riconoscibili dai cittadini – i cittadini siciliani potrebbero contribuire alla chiusura delle Province che ormai non servono a nulla (mega appalti a parte).

Ci rivolgiamo ai sindaci della Sicilia: è un’illusione pensare di continuare ad andare dietro alla Regione che eroga un Fondo per le Autonomie ridotto ormai al lumicino. Così com’è sbagliato pensare di aumentare all’infinito tasse e imposte. O – come succede a Palermo – mettere in ginocchio le attività commerciali con la ZTL.

I cittadini siciliani – cominciando magari dai Comuni piccoli e medi – possono diventare i protagonisti di una nuova stagione di autonomia municipale, magari in chiave sturziana: pensando, cioè, ai cittadini autonomamente responsabilizzati.

Ancora un messaggio ai sindaci siciliani: sapete benissimo che la scopertura dei tre dodicesimi del Bilancio comunale intanto è un debito: ed è inutile se tale somma deve essere restituita – come prevede la legge – nello stesso anno.

Così fatto, questo metodo, è una presa in giro verso i cittadini e verso le istituzioni comunali!

Molto più serio individuare alcuni obiettivi e coinvolgere i cittadini volontariamente con buoni biennali.

Abbiamo già detto della manutenzione delle strade, provinciali e cittadine; ma anche il pagamento alle imprese è importantissimo.

In una comunità pagare le imprese che hanno effettuato servizi per i Comuni significa mettere in circolo liquidità: significa risollevare l’economia cittadina: significa che le piccole imprese, invece di entrare in crisi e chiudere, danno lavoro: e dare lavoro significa evitare che i giovani emigrino.

Questo sistema potrebbe essere applicato anche ad alcuni servizi sociali, intervenendo se mancano i fondi, o incrementando i fondi disponibili.

Sulla base di pochi e chiari obiettivi di civismo intelligente e, perché no?, anche solidale, i cittadini potrebbero essere ben felici di investire una piccola parte dei propri risparmi a sostegno della propria città.

Anche perché – ribadiamo – con un investimento biennale avrebbero la possibilità di toccare con mano i risultati, o gli eventuali fallimenti.  E regolarsi di conseguenza.

 

 

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