Negli Stati Uniti e in Canada la legalizzazione della droga non ha eliminato il potere delle mafie

8 febbraio 2020

Sia nel Canada, sia negli Stati Uniti, i governi “spacciatori” si sono dimostrati poco efficienti e il pubblico dei consumatori ha preferito restare fedele ai tradizionali fornitori illegali. Offrono prezzi, qualità e servizi – compresa la consegna a domicilio – superiori a quelli proposti dalle organizzazioni di vendita regolamentate e pesantemente tassate. Chi vuole legalizzare la droga in Italia rifletta

di Nota Diplomatica

Canada e Stati Uniti si compongono di cinquanta Stati, tre territori e dieci province. L’uso della marijuana – per scopi medicinali oppure “ricreativi”- è stato liberalizzato in tutte queste giurisdizioni tranne nel remoto e poco popoloso Stato americano dell’Idaho. Lì la liberalizzazione non è ancora arrivata, forse perché gli abitanti non hanno mai tanto rispettato l’antico divieto in ogni caso.

Con l’unica eccezione della macchietta rossa – Idaho – sulla mappa qui accanto (foto tratta da Wikipedia), l’intero continente nordamericano s’è dato all’erba. Il suo consumo, possesso e commercio è pienamente legale in 11 Stati americani e nel Canada. In altri 33 Stati, dovrebbe essere assunta solo per scopi “medicinali”, ma in materia i medici tendono ad avere la ricetta facile. In altri Stati ancora è il possesso personale che è stato decriminalizzato.

Uno degli scopi della legalizzazione doveva essere lo smantellamento delle
organizzazioni criminali che hanno a lungo retto il traffico. Tra l’altro, i loro lauti guadagni avevano fatto gola ai legislatori che vedevano nella legalizzazione la possibilità di tassare la vendita dell’erba, un’importante opportunità fiscale.

Altri, dalle ambizioni più burocratiche, erano interessati a regolamentare un mercato “fuori controllo” attraverso l’imposizione di stringenti processi per il rilascio di licenze e certificazioni.

Molte di queste ambizioni sono state deluse. Sia nel Canada, sia negli Stati Uniti, i governi “spacciatori” si sono dimostrati poco efficienti e il pubblico dei consumatori ha preferito restare fedele ai tradizionali fornitori illegali.

Offrono prezzi, qualità e servizi – compresa la consegna a domicilio – superiori a quelli proposti dalle organizzazioni di vendita regolamentate e pesantemente tassate.

La California è stata una pioniera nella liberalizzazione della marijuana, ammettendone il commercio per “uso medicinale” già nel 1996. Ancora nel 2019 però le vendite legali nello Stato per $3 miliardi annui sono state nettamente superate da quelle illegali, $8,7 mld. Oltre alla pesante tassazione, le limitazioni all’orario d’apertura, alla tipologia dei locali che possono essere usati, le norme speciali per la sicurezza e quant’altro aumentano di molto i costi per le rivendite legali.

In Canada invece, dove lo Stato è direttamente coinvolto nel commercio -dall’inizio dell’anno scorso governi provinciali e territoriali operano dei servizi di vendita online – i consumatori criticano non solo la qualità del prodotto offerto, ma anche la quantità.

La marijuana legalmente prodotta dagli agricoltori muniti della licenza speciale per la coltivazione non riesce a soddisfare la domanda e limita fortemente l’espansione della rete di vendita “ufficiale”.

Al momento, le modeste quantità di marijuana medicinale coltivate in Italia sono prodotte dall’Esercito presso lo Stabilimento Chimico Farmaceutico Militare (SCFM) di Firenze. Nel 2017 però la produzione annua dell’erba “di Stato” italiana raggiungeva – secondo La Stampa – solo i cento kg ed era “impossibile da trovare” nelle farmacie. L’intenzione sarebbe di triplicare la produzione ai 300 kg annui. Anche qui si direbbe che governare e spacciare richiedono dei talenti diversi…

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