Il Coronavirus e i rapporti economici Cina-Italia: Figuccia interroga il Ministro della Salute Speranza

3 febbraio 2020

In ballo c’è un giro di affari di 44 miliardi di euro. Su un tema così delicato e così complesso non bastano le rassicurazioni di rito. Il Governo nazionale – e in particolare il Ministro della Salute, Roberto Speranza, secondo il parlamentare siciliano Vincenzo Figuccia, deve informare bene i cittadini italiani sul comportamento da tenere rispetto all’uso e al consumo di prodotti di ogni tipo che arrivano dalla Cina

Che effetti avrà il Coronavirus nei rapporti economici tra Italia e Cina? Di mezzo c’è un volume di circa 44 miliardi di euro. Ma su questo tema – dice il parlamentare regionale Vincenzo Figuccia – il Governo nazionale di Giuseppe Conte e, in particolare, il Ministro della Salute, Roberto Speranza, fino ad oggi si sono limitati a generiche parole di circostanza.

“Senza voler fare terrorismo psicologico – sottolinea Vincenzo Figuccia – voglio rimarcare come il Ministero della Salute continui ad essere interlocutorio rispetto allo stato epidemiologico del Coronavirus e dei potenziali rischi. Ammiro tantissimo, con grande orgoglio, il lavoro della ricercatrice siciliana Concetta Castilletti che, con il suo team, ha isolato il virus. Ma da parte del Ministro Speranza va fatta chiarezza sui comportamenti che i nostri concittadini debbano tenere soprattutto con riferimento al consumo di cibi nei ristoranti cinesi che insistono nelle nostre città, sui piccoli e grandi centri di vendita di prodotti made in China e sull’importazione e-commerce di prodotti dal Paese che, per via della pandemia, sta mettendo in forte preoccupazione il mondo”.

“Mentre il capo del Governo Conte resta un po’ nel pallone – prosegue Figuccia – il suo Ministro della Salute si mostra totalmente inadeguato rispetto al ruolo di garante del diritto alla salute degli italiani. C’è bisogno di certezze e non di mere rassicurazioni che ‘tutto andrà bene’. Le China Town italiane sono città nelle città con le quali la nostra gente ha stabilmente costruito rapporti commerciali, di utenza massiccia e quotidiana. Nondimeno vale la preoccupazione del Centro studi di Unimpresa in ordine alle importazioni di macchinari, alimentari e abbigliamento per un giro di affari tra l’Italia e la Cina che va oltre 44 miliardi di euro l’anno”.

“È necessario – precisa il parlamentare regionale – che le autorità e le istituzioni, sia italiane che estere, si occupino di questa complessa situazione con prudenza e con la massima attenzione, sapendo che l’emergenza sanitaria può avere effetti collaterali per le principali economie mondiali. In particolare, le micro, piccole e medie imprese italiane, sia direttamente sia come indotto, traggono profitti importanti dal business con la Cina e ciò non va sottovalutato”.

“Pertanto, nell’interesse di tutti, cinesi compresi – conclude Figuccia – va indicato, con un vademecum didascalico, il comportamento al quale attenersi rispetto alle attività di uso e consumo di prodotti di ogni tipo che arrivano dalla Cina”.

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