Ex sportellisti: perché in Sicilia non si applicano per loro i criteri utilizzati in Toscana e in Molise?

31 gennaio 2020

In queste due Regioni è stato dato il giusto riconoscimento a chi ha maturato esperienza.  Non si tratta di diritti acquisiti: si tratta semplicemente di buon senso e di giustizia. Regioni che hanno creato un corretto precedente, che hanno inteso dare il giusto riconoscimento a chi per anni ha prestato il proprio servizio nelle politiche del lavoro

di Adriana Vitale

Da anni gli ex sportellisti liberi hanno lottato in tutte le forme possibili e immaginabili, sempre con civiltà e rispetto, senza mai risparmiarsi, ottenendo visibilità e norme purtroppo puntualmente disattese.

La politica diceva che mancavano gli strumenti economici, adesso ci sono, dunque sarebbe intellettualmente disonesto far perdere ai lavoratori l’unica possibilità rimasta di porre rimedio ad un torto ricevuto, di porre fine ad una disperazione vissuta e sperimentata sulla pelle di decine di centinaia di famiglie che, da un giorno all’altro e in un’età dove tutto si complica, si sono ritrovati poveri, umiliati e mortificati dal bisogno.

Lavoratori che chiedono semplicemente, alla luce del potenziamento dei Centri per l’impiego, previsto da norme nazionali, il riconoscimento dell’esperienza nelle politiche attive del lavoro, avendo in media quindici anni di servizio effettivo a seguito di riqualificazione con risorse pubbliche.

È risaputo che nella pubblica amministrazione si entra per concorso, anche se solo in pochi in Sicilia possono vantare di essere entrati dalla porta principale, come è risaputo che la politica ha giustamente avuto e ha un occhio di riquadro nei confronti dei precari.

E i lavoratori degli Sportelli multifunzionali cosa sono? Neppure precari, almeno avrebbero avuto la possibilità di portare un tozzo di pane a casa. Lavoratori macellati, illusi, traditi, calpestati e ignorati. Qual è la differenza che possa giustificare una palese e ingiustificata disuguaglianza?

“Essere stati buttati in mezzo alla strada in malo modo, con metodi incivili è disarmante”, per usare le identiche parole pronunciate dal presidente della Regione, Nello Musumeci, durante la campagna elettorale. Purtroppo, si registra sulla loro pelle che l’inciviltà disarmante perdura senza che nessuno ponga rimedio, pur essendoci tutte le condizioni e gli strumenti per farlo, da quelli normativi a quelli economici.

La domanda è: perché in altre regioni si sta operando con giudizio e in Sicilia, non solo il solito ritardo, ma nessuna certezza che possa consentire a chi è del mestiere di riprendersi il proprio lavoro e porre fine ad una ingiustizia che dura da troppo tempo?

Non chiedono privilegi, chiedono semplicemente il giusto e la normalità di vivere una vita dignitosa, maldestramente rubata.

Chiedono che venga riconosciuta l’esperienza per l’accesso al concorso come prerequisito per il potenziamento dei Centri per l’impiego, oltre i titoli e le competenze acquisite.

Tale richiesta risiede nella stessa logica adottata anche dall’Amministrazione della Regione siciliana che, relazionando col Governo centrale, ha esposto la necessità di prediligere, nelle more delle prossime assunzioni, personale già ampiamente formato dall’esperienza sul campo.

Tale richiesta risiede nella logica di due Regioni, Toscana e Molise, che hanno inteso dare il giusto riconoscimento a chi ha maturato esperienza.  Non si tratta di diritti acquisiti per usucapione: si tratta semplicemente di buon senso e di giustizia. Regioni che hanno creato un corretto precedente, che hanno inteso dare il giusto riconoscimento a chi per anni ha prestato il proprio servizio.

Perché non usare lo stesso criterio e ottenere il potenziamento dei Centri per l’impiego con personale qualificato, porre fine ad un’ingiustizia sociale e, soprattutto, offrire all’utenza servizi qualitativamente efficaci?

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