‘Striscia la notizia’, la lingua inglese e la denigrazione dei siciliani/ MATTINALE 487

26 dicembre 2019

Una lettrice ci scrive commentando un servizio andato in scena ieri sera a ‘Striscia la notizia’. Un servizio nel quale Stefania Petix fa ironia su alcuni cittadini palermitani che non conoscono il significato di tre parole inglesi:  “mood”, “dress code” e “dressing”. Ma qual è il significato di un servizio del genere? Rendere ridicoli i palermitani? A Palermo siamo tutti grossolani?  

Egregio direttore,

ieri sera cercando su Canale 5 Paperissima sprint (pensavo che non avrebbero trasmesso Striscia la notizia, essendo Natale), sono finita a vedere il telegiornale satirico di Berlusconi che ormai, da anni, evito accuratamente. Stavo per cambiare canale, quando sono stata colpita positivamente da un servizio su un’associazione che assume disabili per favorirne l’inserimento nel mondo del lavoro. Mi sono detta: “Magari è migliorato, vediamo i prossimi servizi”.

Non l’avessi mai fatto! Così è arrivata Stefania Petix, che a me, da palermitana, non va molto a genio da quando, con un servizio su un folto gruppo di senza casa che avevano occupato due stabili che si trovano a due passi dal luogo in cui abito, ha provocato un patatrac. Le famiglie di senza casa sono state mandate via e oggi le palazzine sono vuote, con le entrate murate.

Posso capire che è giusto mandare via i senza casa se gli edifici vengono poi utilizzati. Ma che senso ha mettere in mezzo alla strada decine di famiglie di senza casa se poi gli immobili non vengono utilizzati? Sono i misteri della Palermo di oggi.

Ma sto divagando. Torniamo al servizio di ieri sera di Striscia la notizia. Dove la Petix intervista i palermitani della strada sul significato di alcune parole inglesi che, un Paese ormai fragile e provinciale come l’Italia, dovrebbero sostituire le parole della lingua italiana: una sorta di colonizzazione linguistica spacciata per “cultura”.

La Petix si è così cimentata con parole come “mood”, “dress code” e “dressing”.

La prima parola – “mood” – si può tradurre come “umore” o “condizione”.

La seconda – “dress code” – sta per “indicazioni per l’abbigliamento”, legata ad esempio ai vestiti richiesti per presentarsi ad una determinata occasione.

La terza – “dressing” – indica le salse di accompagnamento per le pietanze.

Nessuno degli intervistati conosceva il significato delle parole; d’altronde, non c’è bisogno di specificare che le persone che ha intervistato erano persone comuni, stranamente nessuno degli intervistati aveva conoscenze di queste locuzioni straniere ‘adottate’ dalla lingua italiana.

Chi scrive ha studiato l’inglese dagli anni della scuola. Svolgendo il lavoro di medico, ho continuato a studiare l’inglese perché nel mio lavoro la conoscenza di questa lingua mi è servita.

Ma non ho mai considerato la conoscenza dell’inglese – e, in generale, la scuola e lo studio – come mezzi per sentirmi superiore agli altri e, soprattutto, per deridere il prossimo.

Nessuna delle persone intervistate conosceva il significato di queste tre parole. E allora? Secondo Canale 5 bisogna a tutti i costi conoscere la lingua di un Paese che sta lasciando l’Unione europea?

Non c’è bisogno di aggiungere che, ad ogni risposta sbagliata, data nel più schietto accento palermitano (ci chiediamo: ma proprio tutti i palermitani intervistati hanno dato queste risposte?) la Petix andava giù con risate, con il sottofondo delle risate finte proprie di queste interviste.

Mi chiedo e chiedo: qual è il messaggio che ha voluto lanciare questo servizio di Striscia la notizia? Che a Palermo non conosciamo l’inglese? Che siamo degli ignoranti grossolani? Così facciamo ridere tutta l’Italia alle nostre spalle? E questo lo fa una palermitana?

Poi non capiamo come mai, nella mentalità del Nord Italia, non siamo rispettati. O perché ci rappresentano spesso come delle caricature o delle macchiette!

Insomma, a me questo servizio di Striscia la notizia è sembrato sbagliato. E, se proprio la debbo dire tutta, provando a ridicolizzare i mal capitati, ‘Striscia la notizia’ ha, in realtà, descritto in modo quasi perfetto se stessa: ogni altro commento ci sembra superfluo.

Per concludere, mi piacerebbe che le stesse domande venissero poste a quella folla di personaggi ‘altolocati’ che si vedono ad alcuni eventi mondani, come, ad esempio, alla Prima della Scala di Milano. Vediamo quanti di questi signori parlano l’inglese?

Lettera firmata

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